The Global City – il libro
di Verena Leonardini
Tra diario di viaggio, studio antropologico e analisi teatrale, The Global City restituisce l’avventura umana del duo artistico Instabili Vaganti durante gli ultimi sette anni di lavoro e tour internazionali, fino al debutto dell’omonimo spettacolo.
The Global City è prima di tutto un’opera teatrale, che vede la luce nell’ottobre 2019 al Teatro Nazionale di Genova, e ne rivive le tappe del percorso personale e teatrale degli autori.
Ma da oggi è anche un libro, in cui l’autrice Simona Maria Frigerio, giornalista e documentarista, assieme ai fondatori della Compagnia Anna Dora Dorno e Nicola Pianzola, ricompone il viaggio che li ha portati all’elaborazione dello stesso spettacolo. Un viaggio a cavallo di quattro continenti che ha scandito e alimentato la continua evoluzione artistica della Compagnia, tanto nella produzione quanto nella formazione teatrale – quest’ultima cuore pulsante di Instabili Vaganti. Una sezione iconografica arricchische il testo anche sul piano sensoriale.
La prefazione del filosofo Enrico Piergiacomi introduce alcune delle istanze principali che il testo prende in esame, le stesse che hanno alimentato la ricerca di Instabili Vaganti e che adesso, attraverso il testo, si confrontano con la pagina bianca.
Il potere conservativo della memoria, che per Dorno e Pianzola si fonde con quello dinamico del viaggio; l’indagine della megalopoli, famelico emblema del nostro tempo, con le sue lancinanti contraddizioni; ma soprattutto la genesi di una città che faccia sentire a casa ognuno di noi – uno spazio non fisico, assieme reale e virtuale – che è utopica fusione di visioni, ricordi, desideri, suggestioni. E che faccia immaginare agli spettatori ‘i luoghi realmente esistenti che non hanno mai visto, o magari solo sognato, e che se fusi insieme possono dare vita alla città globale’.
Prima parte – Come presto leggeremo, gli imprevisti non mancano mai nella vita teatrale di Anna Dora Dorno e Nicola Pianzola. E non mancano certo oggi, a 24 ore dal debutto di The Global City al Teatro Nazionale di Genova, Sala Mercato di Sampierdarena. La generale, infatti, si interrompe.
Lo spettacolo è stato in incubazione per 7 anni ed è finalmente pronto per essere dato in pasto al pubblico. L’autrice – con uno sguardo indagatore che manterrà lungo il corso del libro, ci delinea il contesto architettonico e storico dello spazio in cui ci troviamo, mentre il racconto in prima persona ci permette di immaginarci là – con la Compagnia – nel luogo fisico in cui si trova, con la memoria storica che quello spazio porta con sé.
Ci troviamo adesso a pochi minuti al debutto. Un problema tecnico, stavolta riguardante la distribuzione del pubblico in sala, concorre a creare quell’unicità di cui è fatta ogni performance teatrale. Alcune lamentele si sollevano, una signora con gli occhiali non si dà pace perché è stata spostata in seconda fila. Vuole un posto in prima fila o tornare per un altro spettacolo. “Tanto uno vale l’altro”.
Un’ora dopo l’inizio dello spettacolo, sarà la stessa signora a chiedere all’autrice: “Perché si viaggia? Se si vedono anche cose brutte, perché non restarsene seduti a casa propria a guardare la tv?” Forse, alla fine dello spettacolo, sapra’ darsi una risposta.
The Global City è un testo prezioso, che permette di fare ordine e rielaborare l’incredibile vastità di esperienze – e memorie, per loro natura confuse, magmatiche e distorte – accumulate in viaggio.
Anna Dora parlerà dello straniamento generato dal viaggio e dall’abitare sempre nuove metropoli – “Diverse tra loro eppure simili nella propria forza omologante“. E parlerà del desiderio di fare chiarezza e dare senso al vissuto.
Di particolare interesse è la minuziosità con cui molte scelte teatrali – che è possibile apprezzare nelle produzioni degli Instabili – siano ricondotte, nel testo, a specifici episodi, personaggi o sollecitazioni, a riprova di quanto le circostanze in cui la Compagnia si trova a lavorare siano capaci di scolpire la forma teatrale del loro lavoro, non soltanto nei termini di performance site-specific ma anche di vera e propria elaborazione di una sempre nuova metodologia artistica.
Gli esempi che il testo enumera sono moltissimi. Uno tra tutti, il debutto internazionale di The Global City in Uruguay nell’agosto 2019.
Il teatro che li ospita a Montevideo, El Florencio, è situato in un quartiere periferico, peraltro tra quelli a più alto tasso di criminalità dell’intero Paese (rientrando dalle prove, Anna e Nicola notano spesso l’antidroga irrompere nelle abitazioni con fucili e giubbotti antiproiettile).
Tra i materiali indispensabili alla messinscena c’è la rete metallica su cui proiettare i video, che nessun ferramenta di Montevideo pare fornire. Di necessità virtù, Anna e Nicola decidono di retroproiettare le immagini e di optare per una tenda di tulle. Scelta felice che risulterà efficace scenicamente. Ancora, parecchie azioni coreografate, che prendono forma a Montevideo e verrano poi riproposte nelle successive rappresentazioni, non rispondono tanto a istanze estetiche quanto alla mera necessità di scaldarsi, dato che un’ulteriore sfida posta da El Florencio è il freddo.
A Salto, seconda tappa uruguayana, la compagnia dovrà cambiare programma e adattare lo spettacolo alla Sala El Andén, un ex deposito ferroviario ‘piastrellato a terra, umido e con problemi di sicurezza causati dagli allagamenti recenti’. Ancora una volta, Instabili Vaganti suppliscono alla mancanza con l’inventiva: faranno a meno del fondale che divide la scena e lavoreranno in stretta prossimità con il pubblico. Ne deriva una delle repliche più belle, e l’intimità con gli spettatori sarà poi ricercata in modo sistematico dal duo artistico. Tutte modifiche e innovazioni, queste, che verranno tenute e riproposte in spettacoli successivi fino a diventare talvolta vere e proprie cifre stilistiche di Instabili Vaganti.
Perché il lettore possa apprezzare il rapporto simbiotico tra viaggio, memoria e scelte artistiche, ogni luogo adibito alla performance o workshop viene dapprima presentato dall’autrice attraverso la lente della memoria storica. Il testo si sofferma poi sulle tradizioni locali, sugli aspetti architettonici e socio-culturali nonché sugli attuali equilibri politico-economici che delinano il contesto.
Piazza delle Tre Culture a Città del Messico ha assistito nel 1968 al massacro di Tlatelolco, in cui l’esercito messicano apriva il fuoco su circa diecimila studenti riuniti per una manifestazione anti-governativa. A Tampico, dove si sente gridare ‘Aquí tenemos un desaparecido en cada habitación!’ il clima è teso e, all’interno del Boeing 727 dove il workshop site-specific sta per iniziare, irrompe la polizia – tanto che Nicola si troverà con una canna di fucile appoggiata su una spalla mentre è intento a presentare il progetto.
Lontane dalle tensioni politico-sociali, realtà come Paulihac o Satriano di Lucania, con la loro forte natura rurale e rituale, pongono una questione diversa: “Ma esiste davvero un punto comune tra le metropoli, sulle quali dovrebbe ormai concentrarsi il lavoro della Compagnia, e questo paesino perso tra le colline?”. ‘Ogni luogo, con le sue unicita’, viene accolto nella narrazione di Simona Maria Frigerio come elemento fondamentale non solo del viaggio ma anche dell’attività artistica della Compagnia. E il ruolo che lo spazio teatrale acquista in ogni replica – se di replica si puo’ parlare per una compagnia come Instabili Vaganti – è paragonabile a quello di un vero e proprio personaggio, il quale non può che delineare fortemente l’azione drammatica. È questo un ulteriore elemento di interesse che il testo fa emergere, fornendo una chiave di lettura fondamentale per comprendere le poetiche di Instabili Vaganti.
Seconda parte – La seconda parte è dedicata ad ‘Aneddoti e leggende metropolitane dalla Città Globale’: nuove storie nate dall’immaginazione dell’autrice sulle suggestioni dello spettacolo. Storie nate da quel magma indissociabile di ‘citazioni fuori contesto, canzonette e motivi musicali, personaggi improbabili, odori e sapori stordenti, aneddoti sentiti di sfuggita e immaginari vissuti per interposta persona’ che il viaggio teatrale ha regalato. Stracci della memoria, appunto, che mischiano vissuto a verosimile. Stratificazioni imaginative capaci di generare quel ‘folklore post-moderno’ raccontato dall’autrice.
Terza parte – La terza parte di The Global City ci riporta, come svegliandoci da un sogno che è durato una notte intera, dove tutto è cominciato. L’autrice, in prima persona, si ritrova accanto alla donna con gli occhiali, la stessa che si era infuriata per non essersi potuta sedere in prima fila. “Le è piaciuto lo spettacolo? – chiede a un’altra – che risponde di sì. “Anche a me” – dice lei. L’incantesimo del teatro pare abbia funzionato.
Con le parole dell’autrice : “Partecipare in carne e ossa a un rito laico e collettivo, antico quanto la civiltà occidentale e, riconoscendosi nei versi o nei gesti, nei canti o nei movimenti, nelle storie o nei miti, ritrovare un frammento di autenticità che ci renda più umani”.
The Global City – di Simona Maria Frigerio e Instabili Vaganti
Edizioni Cue Press
Direzione Mattia Visani
Immagine di copertina Luana Filippi
Realizzazione interactive eBook
Coordinamento e realizzazione editoriale: Marcello Veronesi
Progettazione esecutiva e sviluppo piattaforma: Chialab, Bologna
Realizzato con il sostegno del MIBACT e di SIAE, nell’ambito del programma Per Chi Crea e con il contributo di Regione Emilia-Romagna
La copertina del libro, immagine di Luana Filippi.