Adattata per il pubblico in lingua curda è stata tacciata di propaganda terroristica
di Laura Sestini
Non è la prima volta che le opere teatrali di Dario Fo sono censurate in Turchia, tantoché per il drammaturgo italiano, premio Nobel 1997 per la Letteratura, ogni volta era un vanto di cui andava orgoglioso.
Si titola Bêrû (Senza volto, t.d.g.) ed è l’adattamento della pièce Clacson, trombette e pernacchi del 1981, opera teatrale che sarebbe dovuta andare in scena il 13 ottobre in uno dei teatri statali di Istanbul, in lingua curda, per celebrare l’anniversario della morte del grande autore italiano – scomparso il 13 ottobre 2016.
A poche ore dalla rappresentazione – entrata nella lista nera insieme a opere di Shakespeare, Čechov e Brecht – il vice-governatore del quartiere di Gaziosmanpaşa, Ali Yerlikaya, ne ha vietato la salita sul palco con la motivazione che avrebbe potuto disturbare l’ordine pubblico.
In realtà l’opera drammaturgica – che narra di un atto terroristico e del rapimento di Gianni Agnelli il quale, rimanendo sfregiato, finisce per assomigliare all’operaio che lo ha salvato – è stata messa in scena nei teatri statali in lingua turca numerose volte, finanche in città come Diyarbakir, İzmir, Adana, Ankara e Batman.
L’Istanbul City Theatre – luogo dove era destinata la performance – è un teatro storico gestito dalla municipalità di Istanbul, amministrata dal sindaco eletto il 31 marzo 2019 – Ekrem İmamoğlu – colui che aveva visto vanificata l’elezione dall’Alta Commissione Elettorale a cui si era appellato per brogli il Presidente Erdoğan; la tornata elettorale fu ripetuta il 23 giugno, con la vittoria per la seconda volta del candidato della coalizione CHP – il Partito Popolare Repubblicano.
Lo spettacolo di Dario Fo sarebbe stato il primo mai rappresentato in lingua curda nella metropoli turca.
Il sindaco İmamoğlu giustificava la sua scelta semplicemente sulla base della valutazione delle numerose lingue che attraversano Istanbul, dove i Curdi risultano essere circa 5 milioni. Lo stesso ha commentato la decisione del governatorato come ingiustificata e infondata, dal momento che la pièce teatrale non era nuova al pubblico anatolico, in quanto messa in scena fin dal 2017, e sottolineando che la stessa è un’opera teatrale di Dario Fo – un importante drammaturgo italiano di fama mondiale.
Non da meno il fatto che i teatri statali turchi sono a lungo rimasti chiusi a causa della pandemia e ciò sembrava un buon motivo per riprendere ufficialmente il discorso culturale in città. Allo stesso tempo il vice Governatore ha replicato che lo spettacolo è stato vietato “non perché fosse in lingua curda, ma perché ci sarebbe stata propaganda terroristica legata al PKK, il Partito dei lavoratori curdi fondato da Abdullah Öcalan“.
Indignazione anche da parte di HDP, il partito pro-curdo, che con un comunicato condanna la decisione, quale espressione di “una mentalità fascista” – la mentalità di Stato di coloro che governano il Paese.
İmamoğlu aggiunge che la decisione del divieto è davvero senza senso, e la motivazione veramente ostile – aspettandosi che l’istanza sia portata in tribunale – considerando la gravità dell’imputazione per propaganda terroristica.
“Purtroppo la mentalità statale può agire legittimamente lasciandomi molto turbato quando vedo cose del genere”, riconosce İmamoğlu. “La commedia di Dario Fo Bêrû, del gruppo teatrale Culturale della Mesopotamia, Teatra Jiyana Nû (Teatro Vita nuova, t.d.g.), avrebbe dovuto essere rappresentata sul palco del teatro cittadino nel quartiere di Gaziosmanpaşa. I teatri della città metropolitana di Istanbul (IMM) hanno un potenziale di 16 milioni di spettatori, per questo avevamo incluso nel programma di ottobre anche uno spettacolo in curdo: abbiamo l’obbligo di creare uno spazio per ogni sentimento, ogni tipo di comunicazione interculturale di questa città e, in questo senso, non ci allontaneremo dalle nostre promesse”.
In copertina: Il quartiere di Gaziosmanpaşa a Istanbul.