Lo Stato e i cittadini di fronte alla pandemia
di Ettore Vittorini
Sabato 5 dicembre Rai Tre ha mandato in onda il film-documentario dal titolo Edizione straordinaria, realizzato da Walter Veltroni. Si tratta di una raccolta antologica di brevissimi telegiornali del passato che, preparati in pochi minuti, interrompevano le normali trasmissioni, per annunciare fatti importanti e spesso drammatici, accaduti improvvisamente.
I flash partono dalla ripresa del 1954 (la Tv italiana era nata a gennaio) di Papa Pio XII che parla dalla finestra del suo studio ai fedeli raccolti in piazza San Pietro. Col suo atteggiamento ascetico e distaccato si rivolge alla folla con parole strettamente legate alla fede. Proseguendo negli anni si arriva alla tragedia di Kindu (1960) dove, nel Congo appena indipendente, sono trucidati da milizie locali 13 aviatori italiani atterrati in un piccolo aeroporto per scaricare cibo e medicinali per la popolazione.
E si va avanti anno per anno fino ai nostri giorni: il 1963, con la morte di Papa Giovanni XXIII, l’assassinio di John Kennedy, la tragedia della diga del Vajont che si portò via 3.000 persone. Il terremoto del Belice del ‘67, quello dell’Irpinia nell’80 e si finisce col crollo del ponte Morandi, passando per attentati, stragi, uccisioni di magistrati, rapimenti, azioni da ‘macelleria messicana’ nella repressione poliziesca delle manifestazioni di Genova voluta dal governo Berlusconi. Insomma quasi settant’anni di storia d’Italia in pillole, narrata attraverso lo schermo televisivo con immagini senza un commento – se non quello delle parole di circostanza dei giornalisti che comunicavano in quelle occasioni.
Lo spettacolo, seppur scarno e quasi telegrafico, è stato utile per rinfrescare la memoria di coloro, adesso non più giovani, che hanno vissuto quei momenti da cronisti o da spettatori. Spero che ai meno anziani e ai giovani abbia stimolato la curiosità e la voglia di documentarsi, cosa che adesso si può fare con facilità. Potrebbero rendersi conto di cos’erano il mondo e l’Italia di ieri e confrontarli con l’attualità di oggi.
Conoscere il passato serve a prepararsi per il futuro. Altrimenti si resta avvolti da un presente pieno di ignoranza, sommersi da fatti e paroloni incomprensibili, accettati passivamente.
Per colmare questa lacuna non è necessario leggere libri di storia – anche se non farebbe male – ma stimolare la curiosità del sapere. La si può ottenere anche attraverso i racconti dei padri e delle madri, dei nonni, dei conoscenti più anziani. E poi rifletterci sopra, fare dei paragoni per ampliare le nozioni che ci vengono trasmesse. In questo modo il nostro pensiero diventa più critico e riesce a stabilire dei confronti. Questo vale per ogni classe sociale e soprattutto per i giovani, accomunati tutti paritariamente nelle scelte politiche e nelle libere elezioni.
Rispetto al recente passato l’opinione pubblica di oggi è molto meno pronta a mostrare interesse verso il mondo che la circonda perché si sono ridotte le capacità che potrebbero aiutarla a pensare in modo razionale e costruttivo. Un tempo, nell’Italia già democratica, a parte la scuola ancora legata alla fascista Riforma Gentile, esistevano circoli culturali, sezioni dei partiti, le parrocchie delle chiese, dove si poteva discutere, apprendere e ricevere le basi per affrontare le esperienze del futuro. Esisteva anche una classe operaia combattiva non solo nelle manifestazioni sindacali, ma anche nei dibattiti extralavorativi.
Infine il rapporto tra padri e figli: in molte famiglie dominava il patriarcato, ma a parte gli eccessi del pater familiae, i figli erano educati secondo le regole del buon senso, del rispetto per il prossimo. Importante era la spinta allo studio che veniva impressa ai giovani in nome di un salto di qualità nella scala sociale. C’erano padri operai che facevano sacrifici per mantenere i figli all’università; famiglie poco abbienti che acquistavano a rate le dispense che portavano nelle case le varie nozioni del sapere.
Era un’altra Italia avviata verso il cambiamento grazie a quel boom economico che ha portato il benessere ma non l’evoluzione delle masse, spinte invece verso il consumismo esasperato. Sino a un certo punto il popolo ha saputo affrontare con saggezza l’ondata di terrore che ha sommerso il Paese con le stragi, i tentativi di colpo di Stato, il terrorismo e tanti altri tentativi di distruggere la democrazia. E questo fino a quando i partiti hanno saputo fare politica, seppur in modo incostante.
Oggi la politica ha rotto gli argini della consuetudine tipica di tutte le democrazie occidentali. I partiti politici sono diventati indistinguibili: il centro è scomparso, la destra liberale è stata sostituita da movimenti inaffidabili, cialtroni, che si nutrono di frasi fatte e slogan inutili. E poi è nato, unico tra le altre nazioni, il partito del waffa. Come si può pensare di governare il Paese con slogan di questo tipo contando solo sullo scontento delle masse?
Dalla parte opposta c’è una sinistra che arranca tra i contrasti interni ed è ben lontana da quelle posizioni ideologiche e progressiste che molti anni fa le permettevano di ricevere vantaggiosi risultati elettorali. La sinistra ha abbandonato il popolo e le sue aspettative, e ne è stata ricambiata. È esemplare la frase detta da Nanni Moretti in un suo film e rivolta a D’Alema, allora primo ministro: “Dicci qualcosa di sinistra!”.
E infatti la sinistra senza la partecipazione della maggioranza popolare resta un partito d’élite distaccato dalle tante realtà che caratterizzano una nazione. Questo è accaduto anche in altri Paesi europei dove le socialdemocrazie sono in crisi. In Francia il crollo dei socialisti ha avuto come risultato la pericolosa avanzata dell’estrema destra della Le Pen, frenata dal partito centrista di Macron. Adesso noi siamo governati da un governo che in Parlamento poggia su una maggioranza numerica sufficiente, ma traballante, che non corrisponde alla reale scelta degli elettori che, secondo i sondaggi e i risultati delle elezioni regionali, propendono per i partiti di destra.
Da questa situazione il governo e le varie istituzioni si trovano nelle condizioni di non affrontare con fermezza i gravi problemi legati al Covid-19. Tra l’altro non si è provveduto a limitare il diffondersi previsto della seconda ondata della pandemia. Contrariamente alla prima, lo Stato ha delegato le responsabilità alle istituzioni locali e alla popolazione. Le prime hanno proceduto in maniera disordinata e spesso hanno ignorato, come la Lombardia, le misure necessarie di prevenzione. Questa Regione ha dato grande prova di incapacità anche con interventi che attualmente sono al vaglio della magistratura.
In estate tutto il Paese è stato lasciato libero di muoversi con scarsi vincoli. Vacanzieri che rientravano dall’estero non hanno subìto controlli agli aeroporti, ai porti e alle stazioni ferroviarie. Pertanto i portatori del virus rientrando in famiglia hanno contagiato parenti e conoscenti. E poi la pericolosa apertura delle discoteche, la mancanza di controlli sui mezzi pubblici necessari per il trasporto dei lavoratori e, a settembre, degli studenti. In quest’ultimo caso è possibile che a nessuno dei responsabili sia venuto in mente di contingentare le entrate a scuola e di diluire gli orari tra la mattina e il pomeriggio?
E poi la vergogna delle Rsa: durante la seconda ondata, il Covid-19 ha colpito ospiti e assistenti con la stessa intensità della prima ondata. Si è ripetuto lo stesso fenomeno. È stata incoscienza da parte delle istituzioni? Distrazione o menefreghismo? Colpa del Governo o delle Regioni cui è affidato il controllo delle residenze per gli anziani? C’è stato uno scaricabarile delle responsabilità. Ma è certo che molte Regioni non hanno fatto uso, nell’intervallo tra le due fasi della pandemia, dei finanziamenti stanziati per le strutture ospedaliere.
Insomma dopo maggio si è verificata una situazione da ‘iberi tutti’. Le istituzioni hanno lavorato male e i cittadini non hanno dimostrato l’attenzione, il buonsenso e l’autocontrollo che li avevano distinti nella prima fase del morbo.
Gli atteggiamenti del popolo si ripetono nella storia. Manzoni nei Promessi sposi e nella Storia della colonna infame li descrive ampiamente.
Sabato, 26 dicembre 2020
In copertina: Il Cenacolo di Leonardo da Vinci. Foto di janeb13 da Pixabay.