L’attacco alla democrazia americana
di Ettore Vittorini
Se l’attacco al Campidoglio di Washington fosse avvenuto in una delle repubbliche latinoamericane, i media ne avrebbero dato una importanza più o meno rilevante a seconda del prestigio di quella nazione colpita. E si sarebbe anche ventilata la presenza dello ‘zampino’ degli Stati Uniti che hanno sempre considerato il subcontinente centro-sudamericano come il loro ‘giardino di casa’, secondo la dottrina del presidente Monroe.
Invece questa volta a essere violata, nel giorno dell’Epifania, è stata la più importante istituzione del ‘padrone del giardino (o ex padrone?)’, la sede del Senato e della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti. Le colpe dell’assalto ricadono sulla incosciente e patologica ostinatezza del presidente Trump che ha scatenato la piazza dei suoi sostenitori repubblicani contro i ‘nemici’ del partito democratico, ‘colpevoli’ di aver vinto le elezioni.
Migliaia di supporter trumpiani hanno travolto le barriere che circondavano il Congresso e il fragile cordone della polizia, facendo irruzione nell’edificio in cui i parlamentari stavano ratificando l’elezione di Biden alla presidenza. Entrando nelle aule del Parlamento, i rivoltosi hanno messo a soqquadro tutto ciò che trovavano e costretto i parlamentari a mettersi in salvo. Soltanto l’arrivo della guardia nazionale ha posto fine alla violenza di quella folla scatenata. Il bilancio è stato di quattro morti tra i manifestanti, di un poliziotto e di una cinquantina di feriti e altrettanti arrestati.
Un’ora prima dell’assalto il Presidente uscente aveva pronunciato un arrabbiato discorso in cui indicava alla folla con nome e cognome i ‘corrotti’ che ‘avevano rubato le elezioni’. Poco dopo la conclusione di questo tragico episodio, il neo presidente Biden è intervenuto alla televisione con un discorso che si può riassumere con queste parole: ‘La nostra democrazia è sotto assedio, mai visto in passato un assalto come questo contro i rappresentanti del popolo. È un attacco allo stato di diritto’.
Il giorno dopo il Congresso ha ratificato l’elezione di Biden alla presidenza. Oltretutto il nuovo Presidente esce rafforzato dalla ulteriore vittoria in Georgia che ha portato altri due senatori al suo partito. Pertanto i democratici ottengono la maggioranza anche al Senato.
I disordini di Washington hanno turbato profondamente il mondo politico e i media di ogni nazione dell’Occidente, soprattutto gli alleati degli Stati Uniti, Paese considerato il ‘faro delle libertà’. L’Iran esulta e auspica il ritorno al trattato bloccato da Trump; la Cina e la Russia vedono nella rivolta un indebolimento dell’avversario e la fragilità del regime democratico rispetto al loro autoritarismo.
All’interno della nazione profondamente colpita, il mondo politico resta sconcertato di fronte all’assalto che pone tanti interrogativi sugli aggressori e il loro ‘mandante’. Trump, ancora più isolato all’interno del suo stesso partito, dovrebbe lasciare la Casa Bianca tra dieci giorni. Ma i democratici temono che in questo periodo potrebbe far peggiorare il clima di tensione con altri colpi di testa. Nancy Pelosi, presidente della Camera dei rappresentanti, chiede l’applicazione del 25esimo emendamento della Costituzione che sancisce la rimozione di un presidente in caso di incapacità fisica o psichica. Una parte dei repubblicani preme perché Trump si dimetta immediatamente e venga rimpiazzato per i pochi giorni che restano dal vice Mike Pence.
Intanto le supposizioni sulla rivolta si moltiplicano: alcuni giornali avanzano le ipotesi più estreme. Le deboli misure di sicurezza intorno al Campidoglio potrebbero essere state volute per permettere ai rivoltosi di entrare nell’edificio e creare il caos. Sarebbe stato il mezzo per imporre lo stato d’assedio e fare intervenire le forze armate. Sarebbe uno scenario da America Latina, ma improbabile.
Le preoccupazioni più attendibili riguardano il populismo impuro consolidato dai quattro anni della presidenza uscente. Di populismi gli americani ne hanno avuti tanti: da quello progressista che negli anni Trenta appoggiò la politica di Roosevelt a quello moderato degli operai e agricoltori scontenti, che ha appoggiato Reagan e Bush figlio. Infine quello dei movimenti di estrema destra diviso tra razzisti, neonazisti, l’organizzazione eversiva QAnon e vari gruppi di sbandati che cercavano un leader trovandolo in Trump. Sarebbero loro che avrebbero assaltato il Campidoglio. Tra questi personaggi ripresi tra le aule, c’erano vari ‘energumeni’ amanti delle armi, biker barbuti e addirittura uno abbigliato con corna e pelle di bisonte. Il suo nome è Jack Angeli, di origine italiana. Biden dovrà anche occuparsi di tutti questi oppositori, che siano moderati o estremisti , nell’impegno di riappacificare la nazione.
Il populismo di Trump ha avuto molto seguito tra la destra italiana, considerata un ‘laboratorio del populismo internazionale’. Il capo della Lega, Salvini, che ha indossato per lungo tempo la mascherina con il logo elettorale pro Trump, ha poi dovuto rinnegare di punto in bianco il suo idolo; la Meloni ha usato parole molto più diplomatiche.
In Toscana Susanna Ceccardi, ex candidata della Lega alle elezioni regionali, ha dichiarato: “I morti a Washington sono tutti sostenitori di Trump (non era ancora nota la morte del poliziotto, n.d.g.). Se fossero stati di sinistra sarebbero stati considerati dei martiri”. L’ultima ‘perla’ della leader regionale votata dal 40% dei toscani.
Tornando agli Usa come ‘faro della democrazia’, il termine, seppur pieno di retorica, ha significato realmente un punto di riferimento per l’Occidente soprattutto quando gli americani sbarcarono in Europa durante la Seconda guerra mondiale e contribuirono alla sua liberazione. In seguito, con la nascita del blocco comunista pro sovietico, il vecchio continente è rimasto sotto l’influenza americana attraverso la Nato e l’ingerenza nei governi alleati.
Storicamente gli Stati Uniti hanno avuto la prima Costituzione moderna, emanata nel marzo del 1789, quattro mesi prima dello scoppio della Rivoluzione francese. Leggi molto giuste e ancora attuali che però avevano un difetto: non tenevano conto della schiavitù che privava della libertà tre milioni di neri africani sfruttati nelle piantagioni del Sud sino alla fine della Guerra civile del 1865. Al termine del conflitto divennero liberi cittadini, ma solo a parole, perché alla schiavitù subentrò la segregazione razziale durata sino alla fine degli anni Sessanta del ‘900.
Sabato, 9 gennaio 2021
In copertina: Washington DC. Foto di David Mark da Pixabay.