La nuova figura ‘non amministrativa’ che accompagna il minore nella tutela dei suoi diritti e l’inserimento nella società
di Laura Sestini
Nel 2017, con la Legge Zampa (l. 47/2017), in Italia sono stati fatti dei passi importanti in avanti in materia di tutela dei minori stranieri non accompagnati. Grazie alla nuova Legge è nata ufficialmente la figura del tutore volontario, ovvero una persona istruita a seguire e assistere il minorenne fino alla maggiore età, nella salvaguardia dei suoi diritti, la supervisione delle corrette procedure e per facilitare la sua integrazione sul territorio, nel rispetto del di lui superiore interesse.
L’Italia è senz’altro tra i Paesi che riceve in prima accoglienza il maggior numero di minori stranieri non accompagnati in Europa, e al censimento del 2017 gli stessi risultavano 18 mila, mentre in totale, tra il 2014 e il 2017, in Europa sono arrivati 219.575 minori non accompagnati, regolarmente censiti – mentre il numero, al di fuori del sistema di asilo, rimane sconosciuto.
La figura del tutore volontario è un modello istituzionale voluto dalla UE per una migliore tutela dei minori arrivati da soli nel continente europeo, ma che non tutti i Paesi comunitari hanno ancora adottato, ognuno con uno schema diverso nell’assistenza sociale e sanitaria, nonché per la formazione linguistica e di inserimento al lavoro nella transizione dei ragazzi dalla minore alla maggiore età, spesso anche – come è evidente sotto gli occhi di tutti – in maniera particolarmente restrittiva.
Al fine di dare una visione generale su come la funzione del tutore volontario si svolge, si evolve e si adatta alla pratica sul campo (considerando anche le difficoltà che la pandemia si è portata con sé), abbiamo posto alcune domande a tutti gli attori della rete di accoglienza dei minori non accompagnati.
Dalla Garante nazionale dell’infanzia e dell’adolescenza – autorità impegnata nei diritti dei minori – agli enti di accoglienza, il tribunale dei minori, i tutori e le associazioni che sono sorte per creare legami e buone pratiche a tutela dei minori a loro affidati. Tutti insieme per dare un volto più umano a chi cerca solidarietà e un rifugio sicuro – semplicemente una vita ‘normale’.
La Garante nazionale dell’infanzia e dell’adolescenza
La dottoressa Carla Garlatti, relativamente al ruolo di Autorità Garante dell’infanzia e dell’adolescenza, è fresca di nomina – avvenuta a dicembre 2020 – ma ha una grande esperienza pregressa in giurisprudenza minorile grazie alla sua carriera quale Presidente del Tribunale per i minorenni di Trieste e altre funzioni nel medesimo ambito. Queste le nostre domande, a cui ha gentilmente dato il proprio contributo:
Il tutore volontario è una figura della società civile entrata da poco nella rete per la tutela dei minori stranieri non accompagnati. Qual è la sua visione in proposito?
Carla Garlatti: «Il tutore volontario rappresenta una novità importante perché si tratta di una figura chiamata a essere un punto di riferimento per il minorenne straniero che arriva solo nel nostro Paese. Un punto di riferimento non solo dal punto di vista amministrativo e giuridico, ma direi umano. Nonostante possano esserci difficoltà all’inizio, dovute principalmente alle barriere linguistiche e culturali, il ruolo del tutore volontario è davvero prezioso e merita di essere adeguatamente valorizzato».
Quali sono apparsi, finora, ovvero nella fase di rodaggio di questo nuovo ruolo, i maggiori ‘inghippi’ burocratici che ostacolano il percorso sociale minore/tutore?
C.G.: «La Legge 47 del 2017 – che ha introdotto la figura del tutore volontario – prevede che privati cittadini adeguatamente formati possano assumere la tutela di un minore non accompagnato o di più minori ‘nel numero massimo di tre, salvo che sussistano specifiche e rilevanti ragioni’. Tuttavia in molte regioni il numero dei tutori volontari è largamente insufficiente e questo ha come conseguenza che ogni tutore ha ben più di tre ragazzi di cui prendersi cura e non riesce a occuparsene come vorrebbe e come la stessa legge 47 richiederebbe. In queste regioni risulta, quindi, particolarmente necessaria e urgente un’attività di sensibilizzazione che permetta di formare un numero di tutori adeguato alle necessità concrete. Altro aspetto di criticità è quello relativo ai rapporti con la comunità di accoglienza del minore: spesso il suo ruolo non è compreso e il tutore viene visto come un intruso. Complicato può essere anche il rapporto con i servizi sociali, che non sempre mettono il tutore a conoscenza delle ragioni che sono alla base di una scelta fatta nell’interesse del minore. Più in generale, possiamo dire che sarebbe auspicabile un maggiore coordinamento tra tutti i soggetti coinvolti.Un’altra questione che mi preme sottolineare è quella relativa alla mancata attuazione del decreto attuativo della Legge di Bilancio 2020 che prevede il rimborso a favore delle aziende di un importo fino al 50% dei costi sostenuti per permessi di lavoro retribuiti, accordati come clausola di maggior beneficio ai tutori volontari di minori stranieri non accompagnati (fino a 60 ore per tutore, per adempimenti connessi con l’ufficio della tutela volontaria) e il rimborso a favore dei tutori volontari delle spese sostenute per adempimenti connessi con l’ufficio della tutela volontaria».
Quali invece i punti a favore che l’istituzione del Garante ha rilevato nel rapporto diretto minore/tutore?
C.G.: «È importante porre l’attenzione sul fondamentale valore sociale della figura del tutore. Quando infatti il tutore, superando le difficoltà iniziali, riesce a costruire un buon rapporto con un ragazzo che è arrivato da solo nel nostro Paese, quel ragazzo trova un sostegno importante per il suo percorso di inserimento nel contesto sociale che lo ospita. Attraverso i tutori volontari tanti minorenni che provengono da situazioni complesse e dolorose di povertà, guerra o faide familiari, hanno finalmente la possibilità di guardare al futuro con fiducia».
Il Presidente del Tribunale per i Minorenni
Il Dottor Luciano Trovato è l’attuale Presidente del Tribunale per i Minorenni di Firenze: in magistratura da molti anni, ha svolto gran parte della professione nell’ambito della giustizia minorile. Il ruolo dei Presidenti di Tribunale per i Minorenni è quello di abbinare il minore a uno dei tutori volontari già iscritto al registro. L’abbinamento ha, ovviamente, dei criteri che sono adottati in ordine di importanza, ovvero la prossimità con il minore, le sue necessità specifiche – ‘special needs’ di salute o psicologici – e, ma più raramente, il problema della lingua. Finché gli arrivi erano dall’Albania e dal Kossovo non era difficile, attualmente gli arrivi maggiori sono dall’Egitto, dal Pakistan e dal Bangladesh e diventa difficile persino trovare un mediatore culturale.
Come è cambiata in senso legale la tutela del minore non accompagnato, rispetto al passato, con la nuova figura del tutore volontario?
Luciano Trovato: «Il tutore volontario è una figura completamente nuova, seppur individuata sul modello del tutore espresso nel codice civile. Gli aspiranti tutori volontari fanno riferimento ai garanti regionali per l’infanzia e l’adolescenza per quanto riguarda la selezione e la formazione; i tutori nominati afferiscono a elenchi che sono gestiti dai tribunali per i minorenni per gli abbinamenti con i ragazzi stranieri. I tutori regolamentati dal Codice Civile sono competenza dell’ufficio del Giudice Tutelare presso i tribunali ordinari.Comune alle due figure, peraltro, è l’essenza dell’incarico: la ‘cura’ del minore (interesse, sostegno, accompagnamento) e la rappresentanza legale.I minori stranieri non accompagnati come soggetti fragili necessari di supporto giuridico sono effettivamente individuati in modo esplicito a far data dalla L. 47/2017, che è appunto la legge istitutiva del tutore volontario; la normativa antecedente non se ne occupava in maniera così dettagliata».
Per il Tribunale, il lavoro è aumentato con l’inserimento del tutore volontario oppure risulta facilitato?
L.T.: «L’istituzione di un registro apposito e la gestione dell’elenco dei tutori volontari farebbero presumere un incremento del lavoro; nella pratica, i tutori sono un ottimo punto di riferimento e di raccordo rispetto alle altre figure che ruotano intorno a un MSNA – servizi sociali, strutture di accoglienza, eccetera».
Aumentano i minori stranieri in Italia: parallelamente aumentano proporzionalmente anche casi di criminalità minorile, o è solo propaganda politica?
L.T.: «Va premesso che, nell’ultimo anno, a causa della pandemia gli arrivi nel territorio di competenza di questo tribunale per i minorenni si sono letteralmente dimezzati, e sono cambiati drasticamente i Paesi di provenienza. I reati commessi dai minori, come si rileva dalle statistiche, sono variati di poco: è parzialmente variata, casomai, la tipologia dei reati, manifestandosi fatti di reato che sono ben difficilmente attribuibili a minori stranieri non ancora radicati nell’ambiente sociale (come, ad esempio, il cyberbullismo)».
Il Giudice Onorario
Il giudice onorario è una figura affine al magistrato che si occupa di decidere le controversie che coinvolgono i minori, ma che svolge il ruolo per un tempo determinato e ha il compito di fare istruttoria – ossia, attraverso udienze, verifica il percorso del minore non accompagnato: se si trova bene nella comunità dove vive, oppure se è meritevole del sostegno dopo la maggiore età, o ancora il completamento dei percorsi educativi. In pratica, è la figura giuridica che ha il polso della vita del minore sul territorio. Alcuni giudici onorari del Tribunale per i Minorenni di Firenze hanno contribuito a darci delle informazioni, rispondendo alle nostre domande.
Tra i compiti del giudice onorario vi è la verifica delle comunità ospitanti i minori: quali sono le maggiori criticità in questo senso? Vengono alla memoria alcune proteste del passato, riguardo a strutture gestite da cooperative o associazioni, per la scarsa qualità del cibo che veniva distribuito ai migranti. Quanta verità e quanta enfatizzazione?
Alessandro Geloso: «Il controllo delle comunità è compito della Procura presso il Tribunale per i minorenni, che con cadenza controlla tutti i tipi di comunità per minori, non solo MSNA. Sicuramente una parte importante del colloquio con il minore è incentrata sulle sue condizioni comunitarie e nello specifico su come si trova e quali esigenze non vengono soddisfatte. Inizialmente, nel 2016-2017, avevamo il problema che le strutture SPRAR, essendo gestite dal Ministero (dell’Interno, n.d.g.), che avevano tempi più lunghi per il rifornimento, ad esempio dei vestiti o dei detersivi. I ragazzi si lamentavano di non avere vestiti adeguati o di aver finito il sapone per il bucato. Spesso la loro lunga permanenza esasperava le loro condizioni.Con le comunità, nel tempo, abbiamo lavorato e loro hanno capito le esigenze dell’utenza speciale che trattavano e si sono adattate o altre volte hanno trovato formule più adeguate alla loro permanenza sul territorio. Per questo dopo un periodo iniziale di grandi assembramenti di minori in comunità, alle volte anche con maggiorenni, la regione Toscana ha favorito la creazione di gruppi in appartamento per l’autonomia, dove questi problemi sono stati superati con molta facilità».
Tommaso Bicocchi: «Il controllo, inteso come ispezioni nella comunità, spetta alla Procura presso il TM. Il GO in udienza acquisisce informazioni sul percorso di integrazione del ragazzo e quindi indirettamente anche sulla sua situazione presso la comunità ospitante. Ovviamente ogni situazione è diversa e non si può generalizzare ma sicuramente una delle criticità spesso rilevate è la difficoltà nella costruzione di progetti di integrazione socio-lavorativa che possano essere un percorso di indipendenza del minore. Non sono a conoscenza di strutture in cui veniva distribuito cibo di scarsa qualità».
Sofia Ciuffoletti: «Il controllo sulle strutture ospitanti è di competenza precipua della procura minorile. Credo, però, sia una delle dimensioni su cui costruire una rete di riferimento che possa costituire un monitoraggio costante. Figura essenziale in questo senso è il/la tutore/trice volontario che costituisce un primo essenziale baluardo di tutela per i diritti del/la minore, che conosce le strutture perché le visita, parla con i referenti e con gli operatori e ha possibilità di riferire sempre al Tribunale e ai Servizi. In sede di udienza, un/a giudice minorile, deve poi sempre convocare il/la responsabile e l’operatore/operatrice o educatore/educatrice di riferimento del/la minore per avere contatto diretto con questi e deve ascoltare il minore su ogni aspetto, anche attinente alla vita all’interno delle strutture, alle condizioni delle stesse e al rapporto con gli operatori. D’altronde, spesso, i/le minori sono inseriti in gruppi-appartamento per l’autonomia. In questi casi, fanno la spesa e si preparano i pasti (come giudice onorario, faccio sempre la domanda sulla qualità dei cibi)».
In linea generale come giudica le strutture/gli enti ospitanti dal punto di vista etico?
Alessandro Geloso: «Abbiamo un Territorio e uno Stato che garantiscono la permanenza di un minore sul territorio italiano in piena sicurezza e con percorsi per la sua autonomia, e questo funziona davvero. E funziona perché abbiamo creato una rete di persone intorno al minore che lo sostengono. A oggi la percezione dei percorsi effettuati è molto positiva in Toscana da parte dei minori stessi.Inoltre, adesso non stiamo parlando più di una accoglienza emergenziale, ma di percorsi strutturati per aiutare i minori nella loro crescita personale e il loro inserimento attivo nella nostra società. Dietro a questi percorsi ci sono le persone che seguono e guidano questi ragazzi nel loro percorso quotidianamente e le relazioni che si creano con loro sono molto forti anche emotivamente. Queste persone possono essere un professore, un educatore, un responsabile di struttura, un tutore».
Tommaso Bicocchi: «Non mi sento nella posizione di valutare le strutture dal punto di vista etico. Quello che mi sento di dire è che, nella mia esperienza personale, ho trovato nella maggioranza dei casi associazioni molto impegnate per l’integrazione dei MSNA ospiti».
Sofia Ciuffoletti: «Lavorando con le strutture dell’area fiorentina, devo dire che sono rimasta colpita favorevolmente da molte di esse. Dall’impegno profuso e dalla conoscenza e attenzione alle dimensioni attive ed emotive di minori stranieri/e non accompagnati/e, che necessitano non solo di una cura e soddisfacimento di bisogni materiali primari, ma anche di attenzione e ascolto alla loro dimensione ‘non accompagnata’, al fatto che le famiglie sono lontane, alla responsabilità che sentono sulle proprie spalle, in qualità di bread-winner transnazionali. Il tutto aggravato dal timore per la pandemia in corso che acuisce la sofferenza del distacco totale dalla famiglia. In questo, le strutture mi sono apparse molto consapevoli dell’importanza del mantenimento dei rapporti e dei riflessi psicologici di queste situazioni».
Per quanto riguarda la possibilità di proseguire il percorso di accoglienza dopo la maggiore età, fino ai 21 anni, quali sono gli aspetti negativi più rilevanti riscontrati che indirizzano il giudice al rifiuto?
Alessandro Geloso: «È innegabile che se il minore non è in condizione di essere autonomo nella società, venga considerato il prolungamento degli interventi fino e non oltre il 21esimo anno di età, tuttavia dipende anche dal progetto di vita che il minore vuole portare avanti. Siamo passati da una un’accoglienza emergenziale in cui l’importante era saper parlare l’italiano, a interventi mirati alla professione, all’assunzione o al rilascio di un titolo professionale. È ovvio che l’impegno richiesto ai ragazzi è stato maggiore: adesso devono studiare, lavorare negli stage, impegnarsi nel volontariato, mentre prima attendevamo più che altro la loro maggiore età, raggiunta la quale andavano via dalla comunità. Gli aspetti negativi a oggi come ieri non esistono, perché viene valutata la situazione del minore e disposto l’intervento maggiormente tutelante per lui. Ricordo un caso paradossale in cui un ragazzo aveva commesso un reato penale. Abbiamo dato il prosieguo durante il quale il minore ha fatto un’ottima MAP (messa alla prova) diventando anche cuoco e, quindi, il suo percorso, non solo gli ha permesso di avere un lavoro, ma anche la fedina penale pulita. Abbiamo ottenuto non solo un cittadino attento, ma anche un onesto lavoratore, questo è l’investimento che facciamo su questi ragazzi».
Tommaso Bicocchi: «Perché il Tribunale per i Minorenni conceda il prosieguo ci deve essere un programma educativo o di integrazione in attuazione e, in questo senso, un rifiuto ci può essere se manca completamente un programma oppure se risulta che il minore non vi aderisca».
Sofia Ciuffoletti: «Spesso non si tratta di un ‘rifiuto’, ma di una mancata richiesta da parte del tutore/trice o del/la minore stesso/a che attende il compimento dei 18 anni per ‘proseguire in autonomia’. Anche in questi casi occorre, però, fare molta attenzione e discutere, in sede di udienza, con il/la minore per capire il livello di consapevolezza delle possibilità esistenti sul territorio, soprattutto della coscienza del passaggio essenziale della conversione del permesso per minore età in altro che permetta il prosieguo della regolarità della presenza sul territorio, al fine di non disperdere l’impegno e le risorse impiegate. Un rigetto della richiesta di prosieguo effettivamente formulata può discendere, invece, dalla mancata volontà di impegnarsi nel percorso dichiarata e dimostrata dal/la minore. Il punto, per ogni vicenda di tutela, sta nel percorso tendenziale di inclusione sociale che inizia al momento dell’ingresso sul territorio del/la minore con l’apertura del fascicolo con la nomina del tutore, la presa in carico da parte del Servizio sociale competente e l’inserimento in un progetto di attività formative, educative e culturali. Questo progetto non si completa necessariamente al compimento dei 18 anni e questo per motivi legati all’età del/la minore al momento dell’ingresso sul territorio, alle possibilità effettivamente offerte, alla durata dei percorsi formativi e di autonomia. Se così intendiamo la tutela, ossia come un percorso di sostegno verso l’inclusione e l’autonomia (per esempio con l’inserimento in un progetto di studi che permetta la conversione del permesso in un permesso per studio e l’autonomia economica attraverso l’inserimento nel mondo del lavoro), allora dobbiamo pensare che il prosieguo è il necessario completamento di tale percorso e non un mero beneficio o privilegio concesso per meriti particolari. Un percorso di inclusione completo, infatti, è necessario per il/la minore, per radicare il proprio futuro, ma è anche la migliore garanzia per la società in cui siamo tutti/e a convivere».
Le strutture/enti accoglienti che gestiscono le attività dei minori non accompagnati
Abbiamo preso contatti, per quanto concerne la gestione dei minori e neomaggiorenni – ovvero a proposito di strutture abitative, gli enti formatori di lingua italiana, la formazione professionale al passaggio della maggiore età, e la parte amministrativo-burocratica con tutta la rete che ruota intorno al minore – con l’ente a noi più vicino, Oxfam, un’organizzazione no-profit che, nell’area toscana di riferimento di Cecina (in provincia di Livorno), ha sostituito il ruolo che in passato deteneva l’Arci. A questo proposito abbiamo interpellato il Responsabile dell’ufficio programmi domestici, Alessandro Bechini, e alcuni operatori con differenti ruoli.
Sul sito di Oxfam si trova scritto: “L’intervento umanitario di Oxfam in Italia è basato su un approccio di protezione a sostegno dei diritti dei migranti, garantendo anche assistenza concreta in risposta a bisogni immediati”. Il lavoro di Oxfam sulla gestione diretta dei migranti e, in particolare con i minori non accompagnati, inizia con la figura del tutore volontario oppure esisteva già prima?
Alessandro Bechini: «Il lavoro di Oxfam con i migranti e in special modo con i rifugiati inizia molto tempo fa. Oxfam (Oxford Committee against famine and relief) è stata fondata nel 1942 per portare aiuti alimentari ai cittadini greci, allo stremo sotto l’occupazione delle Forze dell’Asse. Da allora in tutte le grandi carestie, guerre, eventi naturali che hanno purtroppo prodotto milioni di rifugiati, Oxfam è sempre stata presente in tutte le aree del mondo coinvolte.Negli ultimi anni il tema delle persone in fuga che dall’Africa, dal Medio Oriente o dall’Asia, raggiungono le coste europee ha investito in maniera consistente anche l’Italia e ovviamente non ci siamo tirati indietro. Abbiamo iniziato dando protezione e accoglienza ai richiedenti asilo nei Centri di Accoglienza Straordinaria, abbiamo garantito i diritti di quei migranti che venivano lasciati ingiustamente fuori dal sistema di accoglienza, e infine siamo entrati nella gestione dei centri di accoglienza del Sistema SPRAR e poi SIPROIMI, con progetti di accoglienza che riguardano uomini, donne e minori stranieri non accompagnati. Su questi beneficiari si inserisce il ruolo fondamentale dei tutori volontari che sono un supporto straordinario per noi».
Considerate che il tutore volontario sia una figura che agevoli la vostra attività? Oppure può risultare una delle molte intermediazioni burocratiche?
Alessandro Bechini: «Se lo reputassimo un semplice intermediario burocratico, ne faremmo a meno, la burocrazia che abbiamo ci basta! Tutt’altro, i tutori volontari hanno un ruolo fondamentale perché sviluppano un rapporto con i minori che gli operatori non possono sviluppare. Il tutore oltre a essere un garante per il minore è anche una figura di riferimento che lo aiuta nel suo percorso di inserimento nella comunità che lo accoglie. Noi siamo convinti che la chiave per l’integrazione sia la progressiva autonomia dei ragazzi, il loro sentirsi parte di quella comunità. Avere un punto di riferimento come i tutori volontari non fa che rendere più rapido e più consistente questo percorso. Poi è chiaro che non tutti hanno un profilo idoneo per fare i tutori, serve grande equilibrio, oltre che generosità, ci vuole una capacità di entrare in empatia con i ragazzi, porsi nel modo corretto. Noi siamo convinti che quella del tutore sia una figura chiave e che vada rafforzata anche nel processo di formazione».
Dal vostro punto di vista, pensate che i minori che avete in carico siano soddisfatti di avere un tutore? Prima di istituire questa figura, ciò di cui avevano bisogno, dal punto di vista burocratico/legale, veniva comunque svolto da altri attori della rete di protezione?
A. B.: «Per i feedback che riceviamo la risposta è sì. Prima il tutore era una figura assolutamente burocratica, individuata per legge. La dimensione relazionale era messa totalmente in secondo piano. Il tutore volontario nasce proprio con l’intento opposto, privilegiare l’aspetto relazionale a quello burocratico. Per i ragazzi è un supporto fondamentale. Approfitto di questo spazio per invitare tutti a provare a diventare tutore volontario. Penso che sia un’esperienza importante anche per quanti hanno deciso di impegnarsi in questo ruolo, non solo per i minori».
Gli operatori di Oxfam
Abbiamo quindi posto le domande anche al gruppo di operatori di Oxfam – composto da Beatrice Ulivieri, Mattia Davini, Yacouba Sawadogo, Fallou Faye, Silvia Rusignuolo e Maria Tessieri – che ci hanno raccontato in maniera corale la loro esperienza.
Quale opinione avete maturato della nuova figura del tutore volontario? Quali secondo voi i punti critici e quali quelli di forza?
Operatori: «L’opinione è molto positiva. Data la volontarietà della figura del tutore, ci si trova di fronte a persone motivate, disponibili e desiderose di supportare il minore nel suo percorso di integrazione. La figura del tutore diventa così un vero e proprio punto di riferimento e non un mero rappresentante giuridico. Inoltre, il tutore volontario vive sul territorio e rappresenta un ponte tra la comunità e il ragazzo. D’altro canto non va sottaciuta una criticità, ossia che i tutori non possono usufruire di permessi lavorativi appositi. Purtroppo, spesso gli adempimenti burocratici richiedono molto tempo e hanno orari definiti».
Che tipo di rapporto intessono i minori con gli operatori, considerando che nel ruolo specifico rientra il controllo delle regole di convivenza negli appartamenti o gli orari di rientro, oppure la frequenza delle sessioni di lingua italiana. Più guardiani o più amici?
Operatori: «Né guardiani né amici. Tra operatori e ospiti del progetto si crea solitamente una relazione di fiducia e stima, gli operatori sono visti come punto di riferimento e come figure educative. L’educatore svolge anche un ruolo di controllo all’interno di un percorso che vuole dare al minore le basi per una futura autonomia e un inserimento sociale. Compito dell’educatore è far sì che i minori comprendano le motivazioni delle restrizioni e degli obblighi che sono loro imposti».
Quanto entra in contatto l’operatore con il tutore volontario? Cosa aggiungereste e togliereste a questo nuovo ruolo, ancora tutto da ‘inventare’?
Operatori: «Il rapporto di rete è fondamentale per la buona riuscita del progetto educativo del minore. Tra educatori e tutore volontario vi è una costante collaborazione e un confronto su temi quali l’istruzione, la formazione, la ricerca attiva del lavoro e l’integrazione».
Chiudiamo qua la prima parte delle interviste – per quanto riguarda la parte più formale del sistema di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati. Nonostante il lavoro più strettamente burocratico, nelle parole degli intervistati abbiamo sentito empatia e calore umano. Proprio ciò di cui hanno estremo bisogno i minorenni che arrivano da soli in un Paese a loro straniero sotto tutti i punti di vista.
Nella seconda parte daremo voce alle Associazioni dei tutori volontari, ad alcuni singoli tutori e, finalmente, agli stessi minori, perché tutti ci raccontino la loro intensa esperienza di umana solidarietà, donata o ricevuta.
Nota: in questa prima parte del reportage abbiamo trattato soprattutto il lato burocratico del tutore volontario di MSNA e degli Enti giuridici che tutelano i diritti del minore. Il prossimo 20 marzo pubblicheremo una seconda parte più colloquiale, dove sarà data voce ai minori e ai tutori, con esperienze dirette da ambo i punti di vista.
https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/promoting-our-european-way-life/new-pact-migration-and-asylum_ithttps://s3.savethechildren.it/public/files/uploads/pubblicazioni/protection-beyond-reach.pdf
Sabato, 13 marzo 2021 – N °7/2021
In copertina: Minori stranieri non accompagnati – Foto di ©Laura Sestini (tutti i diritti riservati).