venerdì, Novembre 22, 2024

Ambiente, Economia, Italia, Lifestyle, Società

La via delle spezie

Dagli abili Fenici al liberismo delle merci

di Laura Sestini

La prima volta che, su suggerimento di un’amica di Palermo – probabilmente più avvezza al movimento marittimo del porto della sua città, di me – ho messo gli occhi sulla mappa online delle rotte dei natanti che solcano il mare intorno alla penisola italiana, sono rimasta meravigliata dalle innumerevoli ‘freccine’ multicolori che, da profana, immaginai classificassero le navi presenti nel Mediterraneo in quel momento secondo la categoria e indicandone la direzione. Sul minuscolo schermo del telefono cellulare parevano tutte addossate l’una all’altra a dimostrazione dell’intenso traffico di alcune aree.

Per mia curiosità stavo cercando una nave in particolare, ovvero quella che mi stava conducendo verso la meta: il porto di Livorno. Fui entusiasta come una bambina quando la localizzai sulla mappa marittima: avevo ‘scovato’ la sua posizione geografica, e ne sorrisi felice.

Amo molto viaggiare in nave perché è un modo di spostarsi che fa assaporare pienamente il tempo – che passa più lentamente della vita di tutti i giorni. Ricordo ancora – in molti suoi dettagli – il mio primo lungo viaggio via mare, da Rijeka (la vecchia Fiume), in quella che allora era la Jugoslavia comunista del Presidente Tito, fino a Igoumenitsa, in Grecia. Ero da poco maggiorenne e con un’amica coetanea – Silvia – dopo il conseguimento del diploma di maturità, decidemmo, con molta preoccupazione dei nostri genitori, di ‘avventurarci’ in una lunga vacanza alternativa. La mèta era un’isoletta del Mar Egeo, ma iniziammo col dirigerci verso Monaco di Baviera per andare a trovare degli amici tedeschi conosciuti l’estate precedente a Firenze.

Turiste con tenda e sacco a pelo – come allora era frequente veder viaggiare i nostri coetanei – decidemmo infine di raggiungere Fiume per salire su una nave, su cui viaggiammo oltre due giorni, compresi gli scali, lungo le meravigliose coste e isole croate del Mar Adriatico, e giù verso sud, superando l’Albania, fino a Igoumenitsa, la prima città-porto sulla terraferma greca. Durante il tragitto fummo anche così fortunate da poter visitare – tappa non prevista nel nostro programma – la parte antica di Dubrovnik, durante una delle soste di quello che ci parve allora un enorme traghetto. Fu una bellissima esperienza, a cui, da adulta, ho cercato di aggiungerne altre, poiché sentirmi circondata dal mare mi instilla energia, a differenza di tante persone che ho conosciuto, a cui cotanta quiete imprime – al contrario – uggia e piattezza, oppure che soffrono il mal di mare. A riprova di quanto affermato, spesso trascorro le vacanze sulle isole, italiane o straniere che siano.

Dai ricordi al presente

La dimensione del trasporto marittimo contemporaneo è balzata repentinamente alla cronaca a fine marzo 2021, allorché una gigantesca portacontainer taiwanese battente bandiera panamense si è andata a incagliare nel Canale di Suez, generando una coda di oltre 200 natanti in attesa di raggiungere il Mar Mediterraneo.

La Ever Given – questo il nome del mercantile, tra i più grandi al mondo – a causa della mole ha perso la direzione, rendendo il timone non più governabile per l’inimmaginabile peso del carico. Con il sopraggiungere simultaneo di una tempesta di sabbia sospinta da forti venti, il cargo si è posizionato di traverso in uno dei punti più stretti del Canale – va tenuto presente che la Ever Given è lunga 400 metri e larga 59, mentre il Canale di Suez è largo tra i 205 e i 225 metri, con pescaggio massimo di 20 metri circa. La strana coincidenza di concause ha provocato l’incagliamento della prua del mercantile nel fondale sabbioso, poco dopo aver varcato l’entrata nel Canale – dal Golfo di Suez – sulla sponda della Penisola del Sinai – bloccando totalmente il traffico.

Per riuscire a disincagliare la gigantesca Ever Given traboccante di container dal suo parziale arenamento sono stati necessari quasi sette giorni, periodo che ha messo a soqquadro tutti i percorsi dall’Oriente verso l’Europa, oltre a causare perdite economiche per alcune decine di miliardi di dollari. Molte tra le navi in attesa lungo il Golfo di Suez, non avendo certezze sui tempi di rimozione della Ever Given, hanno preferito circumnavigare il Capo di Buona Speranza, in Sud Africa, rotta abituale fino al 1869 per raggiungere il Vecchio Continente – anno di inaugurazione del Canale di Suez (celebrato con la messa in scena dell’Aida che, però, per un primo diniego di Verdi e in seguito la guerra franco-prussiana che bloccava l’arrivo degli abiti di scena, non poté essere eseguita al Teatro dell’Opera del Cairo prima del 24 dicembre 1871). L’incidente della portacontainer rimarrà sicuramente tra i maggiori e i più curiosi eventi storici degli annali marittimi.

La via del mare è una forma di trasporto e di viaggio molto antica, e i primi grandi viaggi di cui si hanno notizie storicamente accertate sono attribuibili ai Fenici, popolazione autoctona dell’area estesa tra il Libano odierno, Palestina e parte di Israele – la cosiddetta Fenicia, appunto, abitata dal XXII secolo a.C. circa fino a quando non si arrese ad Alessandro Magno nel 335-330 a.C..

Sebbene i più recenti scavi e studi archeologici eseguiti sulle isole di Creta e Naxos – in Grecia – abbiano di fatto riportato alla luce piccoli utensili taglienti ricavati dal quarzo quali strumenti che si ipotizzano essere stati utilizzati per fabbricare rudimentali natanti, rimane certo che i Fenici siano stati – nel nostro emisfero – i primi abili navigatori e avanzati ingegneri nautici del Mediterraneo, inventori delle potenti navi triremi. Se la tesi archeologica sarà confermata si riporterebbe indietro la lancetta della narrazione storica della navigazione – quale mezzo di trasporto e viaggio – molto indietro nel tempo, a 130.000 anni fa. Prima, quindi, dell’Homo Sapiens e addirittura nel periodo neolitico, mettendo anche in discussione la capacità cognitiva dei soggetti pre-Sapiens, valutata finora in difetto.

Favoriti dalle ricche foreste di cedri – pregiato legno con cui si costruivano le triremi – e dalle fertili terre, una coalizione di libere città-stato, i Fenici con le loro eleganti imbarcazioni si avventurarono lungo tutto il Mediterraneo, spingendosi fino alla Sardegna, la Spagna e il Marocco, nei cui centri più sviluppati e, in seguito, colonizzati, fondarono dei magazzini di scambio delle merci che trasportavano ‘import-export‘ dalle loro lontane terre.

Con lo sviluppo delle grandi civiltà e il progresso scientifico, il trasporto commerciale via mare è andato sempre più a ingrandirsi, sia a base locale o circoscritta sia – prevalentemente dopo l’epoca delle grandi esplorazioni geografiche supportate dai monarchi europei – verso le nuove terre appena ‘scoperte’, nelle quali si saccheggiavano enormi quantitativi di materie prime più che commerciare, e si faceva mercato di uomini/forza lavoro tra continenti. Nacquero quindi le grandi compagnie di commercio marittimo, come la britannica East India Company, le cui navi solcavano i mari trasportando e sovrapponendo geograficamente prodotti ‘esotici’ tra i quattro punti cardinali della Terra.

Due righe di storia

Sono passati solo due secoli dalle golette e dai brigantini di legno a vela del Settecento – che solcavano gli oceani per il trasporto mercantile di tè, caffè, zucchero e spezie – per poter raggiungere il livello ingegneristico navale degli attuali ‘cargo’, delle innumerevoli portacontainer come la Ever Given che solcano le attuali rotte commerciali transoceaniche, con migliaia di moduli stivati a bordo. L’economia contemporanea – attraverso le sue radici ben piantate nei secoli scorsi – ha costruito un libero mercato, con poche eccezioni, e la conseguente società consumistica ha generato movimenti sempre maggiori di merci via mare da una parte all’altra del globo, spesso a discapito di ecosistemi – e di popoli – stravolti dalle colture intensive e dall’avidità per le materie prime, indispensabili per la soddisfazione delle richieste dei Paesi più ricchi.

Dalla parte del mare

Ma se il mare riuscisse a comunicare davvero con l’essere umano contemporaneo, cosa avrebbe da dire? Per iniziare vorrebbe informarlo – tenendo conto che in molti lo considerano di loro proprietà o solo un oggetto – che fin dal lontano passato è sempre stato un’importante fonte di cibo per innumerevoli popoli. In pochi hanno pensato che avesse un ‘anima’ e un respiro vitale, eppure gli antichi greci e romani, con le loro figure mitologiche di Poseidone o Nettuno, lo hanno glorificato come un essere immortale.

Oltre che di cibo, il mare, in sintonia con il cielo e il resto della natura – se preservato dall’opera dell’uomo – è fonte di ossigeno, elemento essenziale per il battito vitale proprio di coloro che lo inquinano. Il mare vorrebbe informare – seppur con malavoglia – che sta invecchiando, a causa di tutta la spazzatura generata dalla società contemporanea, almeno dall’epoca della rivoluzione industriale in avanti. L’uso del mare da parte dell’uomo, che adesso si potrebbe meglio definire come sfruttamento sistematico, non è ecologico e non è rispettoso dei suoi delicati equilibri.

Ma tornando al trasporto delle merci – senza voler accusare in esclusiva il comparto, poiché le cause sono molteplici e tutti i settori civili e industriali sono ‘complici’ di questo processo di deterioramento dei mari – è doveroso ricordare che la perdita parziale o totale dei carichi da parte dei mercantili non è così rara come verrebbe da pensare. Dai cargo non solo possono cadere in mare container contenenti prodotti non inquinanti, come il grano o il mais, bensì possono verificarsi sversamenti di petrolio o materiali considerati altamente tossici – senza contare le merci illecite che viaggiano in segreto e di cui non sappiamo assolutamente nulla.

Il mare, di cui godiamo con voluttà quando andiamo in vacanza, non cambia veste e funzione secondo i nostri stati di animo o le nostre attività professionali o ludiche, bensì il contrario: nella maggior parte dei casi è lui (o lei, acqua e Madre Terra, linfa vitale) che ci nutre come fonte di sostentamento, come ossigeno da respirare, come strumento di riequilibrio spirituale e fisico. Allora, perché maltrattarlo con tanta indifferenza?

Sabato, 10 aprile 2021 – n° 11/2021

In copertina : Il mare dall’oblò – Foto ©Laura Sestini (tutti i diritti riservati)

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