venerdì, Novembre 22, 2024

Italia

Mottarone: nessuna fatalità

Solo sete di denaro

di Ettore Vittorini

Altro che “tragica fatalità”. La cabina della funivia del Mottarone con i 15 passeggeri – 14 morti e un bimbo gravemente ferito – è precipitata esclusivamente per un guasto tecnico che non doveva verificarsi e per l’incoscienza dolosa degli operatori. Tre di essi sono agli arresti e uno ha confessato di aver bloccato il funzionamento dei freni automatici che fermano immediatamente la cabina sul cavo portante se l’altro di trazione si spezza. Ma i freni erano stati disabilitati perché da un mese entravano spesso in funzione senza un motivo apparente.  Allora invece di chiudere l’impianto per i controlli che sarebbero durati a lungo, si è deciso di aprire al pubblico le corse della funivia nella certezza che il cavo di trazione fosse sicuro. Era domenica e i ‘clienti’ erano tanti: con la chiusura i gestori avrebbero perso migliaia di Euro di incasso. Ma il cavo di trazione si è spezzato provocando la corsa veloce all’indietro della cabina che pochi secondi dopo è precipitata a valle.

Le indagini della procura di Verbania e dei Carabinieri hanno impiegato poco ad accertare la verità. “Plurimo omicidio colposo per motivi economici” è uno dei capi di accusa verso quei dipendenti della Società Ferrovie del Mottarone, che gestisce la funivia. Si è trattato di “un gesto materialmente consapevole” ha dichiarato la Procuratrice capo Olimpia Bossi decidendo l’arresto dei tre. Sono Luigi Nerini, gestore da anni della Società, l’ingegner Enrico Perrocchio della ditta consociata Leitner, e Gabriele Tadini il capo servizio della funivia che quella domenica non ha reinserito i freni automatici. Lo ha confessato lui stesso agli inquirenti, tra le lacrime, dopo ore d’interrogatorio aggiungendo che i suoi capi lo sapevano. E’ una verità che fa inorridire: si elimina per soldi un elemento di sicurezza in un impianto altamente delicato e soggetto a incidenti.

Questo è un quadro dell’Italia dove il contagio della superficialità in nome del guadagno ha colpito tutto il Paese. Anche se si tratta di una struttura differente, il crollo del ponte Morandi di Genova è venuto giù nell’agosto del 2018 – per interessi economici. Era una struttura malata da tempo, ma i responsabili della sicurezza hanno preferito abbassare la guardia. Le indagini sono ancora in corso e si prolungano a causa dello scaricabarile sulle responsabilità tra la Società Autostrade – della famiglia Benetton – le consociate e lo Stato – che avrebbe dovuto sorvegliare sui controlli.

Lo scaricabarile è già incominciato anche per gli impianti della Funivia che sino al 1997 appartenevano alla Regione Piemonte che poi li aveva trasferiti al Comune di Stresa stanziando tre miliardi di lire per gli interventi necessari per la messa in sicurezza.  Quel passaggio di proprietà non sarebbe mai stato perfezionato con gli atti notarili. Ciononostante il Comune manteneva i rapporti col gestore al quale garantiva un finanziamento annuale di 143 mila Euro. 

La gestione appartiene da sempre alla vecchia società Ferrovie del Mottarone della famiglia Nerini che si occupava già del vecchio trenino a cremagliera che collegava Stresa alla montagna dagli inizi del secolo scorso sino al 1963, quando venne  soppresso, e nel ’70 sostituito dalla attuale funivia.  

Oltre ai proprietari e la società di gestione, a verificare se i controlli vengono eseguiti regolarmente, sovrintende il Ministero delle infrastrutture attraverso l’Ustif – Ufficio speciale trasporti e impianti fissi – il cui ultimo controllo risale al gennaio del 2018 – ogni tre anni secondo la normativa ministeriale. Nell’ufficio di Torino da cui dipendono i 217 impianti del Piemonte, lavoravano 5 ingegneri ridotti oggi a 3 in seguito ai pensionamenti. Il resto delle verifiche spetta a società private che poi inviano all’Ustif la documentazione sui lavori eseguiti.

Ma aldilà dello scaricabarile rimane una certezza: 14 persone in una gita domenicale sono morte a causa di un interesse economico e alla colpevole superficialità di coloro che hanno permesso che la tragedia avvenisse. Anche questa è un’immagine di un’Italia cialtrona, superficiale, proiettata verso il guadagno facile scavalcando ogni impegno morale, anche quello di salvaguardare la vita delle persone.  

Dopo la tragedia del Mottarone, Salvatore Settis scriveva sulla Stampa: ‘A stracciarci le vesti dopo ogni disastro siamo bravissimi’. Ma dopo dimentichiamo presto – aggiungo. La partecipazione collettiva del Paese, dai vertici del Potere ai semplici cittadini, che manifesta sinceramente il dolore per un tragico evento si perde nelle nebbie del tempo e della burocrazia, mentre i disastri nella nostra Italia in pezzi continuano a ripetersi.

Poco tempo dopo la tragedia di Genova, era crollato – in una giornata di sole – il ponte di Albiano Magra, nel comune di Aulla e al confine tra Toscana e Liguria. La scarsità del traffico evitò la tragedia, ma emersero le responsabilità dell’Anas e della Provincia messe in evidenza dalla magistratura che emise 17 avvisi di garanzia. Da un anno le autorità locali segnalavano alla Azienda delle strade e alle Istituzioni la pericolosità del viadotto.

Si potrebbero associare a queste tragedie anche le morti sul lavoro, come quella avvenuta a Prato, della giovane Luana D’Orazio stritolata dall’orditore tessile con cui stava lavorando. Il cancello di protezione del macchinario e la fotocellula di controllo erano fuori uso – manomessi.

I morti sul lavoro in Italia sono più di 1000 l’anno e gli incidenti superano i 500 mila casi. Dietro questi dati drammatici si nasconde l’incuria, la sete del guadagno a scapito della sicurezza, frutti di una società neoliberista che ci riporta alla nascita dell’industrializzazione del 1800 quando gli operai – anche donne e bambini – venivano sfruttati al massimo per poco danaro e morivano nelle miniere e nelle fabbriche per mancanza di sicurezza. Oggi lo Stato garantisce la salvaguardia dei lavoratori, ma soltanto sulla carta. I controlli sono effimeri e se ne attribuisce la colpa alla scarsità del personale. E’ la solita scusa del mondo politico e dell’elefantiaco apparato burocratico dove regnano l’inefficienza e la corruzione.         

Sabato, 29 sabato 2021 – n°18/2021

In copertina: la funivia del Mottarone-Stresa – Foto BKP    

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