L’ex colonia francese ricca di minerali
di Elio Sgandurra
Gli avvenimenti più gravi della politica internazionale – vedi l’Afghanistan – hanno relegato in poco spazio il colpo di Stato nella Guinea Conakry, un Paese dell’Africa occidentale confinante con il Senegal e la Guinea Bissau, da non confondersi con la Guinea Equatoriale, posta più a Sud.
Lo scenario è simile a quello di altri golpe che si compiono da anni nel continente: camionette cariche di soldati con divise mimetiche armati fino ai denti; il capo è il colonnello Mamady Doumbouya, occhiali scuri e tante medaglie sul petto. L’ obiettivo è il solito, almeno a parole: riportare la democrazia, combattere la corruzione e far rispettare la legge. Il presidente deposto, l’ottantatreenne Alpha Condé per ora se ne sta tranquillo nella sua residenza, mentre il partito di opposizione, ANAD, appoggia i golpisti.
La Guinea – ex colonia francese con 12 milioni di abitanti e grande quanto l’Italia centrale e meridionale messe assieme – è molto ricco di bauxite e ferro, minerali sfruttati da compagnie straniere. Il primo atto di Donbuya è stato quello di rassicurare i dirigenti delle miniere sulla continuità della produzione.
Il colonnello è molto noto negli ambienti militari occidentali: nato nel 1980, ha frequentato con successo la Scuola di guerra in Francia e un master presso una università parigina. Divenuto capo delle forze speciali dell’esercito guineano, ha operato in stretto contatto col dipartimento della Difesa degli Stati Uniti; in Mauritania ha poi preso parte a una esercitazione della task force italiana composta da incursori dell’Esercito e della Marina.
Ha potuto fare quindi molta esperienza in campo militare e adesso i guineani si aspettano da lui che, deposto il vecchio presidente, faccia rientrare i militari nelle caserme per dare spazio ai politici.
La Guinea, colonia francese dal 1890, divenne indipendente pacificamente nel 1958 dopo un referendum tra la popolazione. Venne eletto presidente Sekou Touré un intellettuale e politico – divenuto nel 1956 deputato dell’Assemblea Nazionale francese – fautore del Movimento panafricano indipendente.
Adottò una linea politica socialista che presto trasformò in una dittatura con un solo partito, un’economia chiusa e un regime oppressivo. Migliaia di oppositori politici furono internati in un campo di concentramento e i sopravvissuti liberati alla sua morte che avvenne nel 1984.
All’inizio del suo mandato presidenziale, Touré divenne molto noto in Occidente per i suoi ideali progressisti e anticolonialisti. Le sinistre, anche per la sua alleanza con l‘URSS, lo definirono un liberatore dell’Africa. Ma lo dimenticarono presto quando trasformò il suo Paese in una dittatura.
Alla sua morte seguì una serie di colpi di stato, fatti che accadono di frequente in quasi tutti i Paesi del continente usciti dal colonialismo. L’unico capo di Stato africano di elevata statura politica e morale che si ricordi ha il nome di Nelson Mandela. Forse una fama simile se la sarebbe meritata Patrice Lumumba, primo ministro del Congo ex colonia belga – appena divenuto indipendente nel 1960. Ma fu assassinato pochi mesi dopo.
Sabato, 11 settembre 2021 – n° 33/2021
In copertina: al centro dell’immagine Mamady Doumbouya attorniato dai suoi militari – Immagine pubblica