venerdì, Novembre 22, 2024

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Iran: le condanne ai difensori dei diritti

Nasrin Sotoudeh e le 148 frustate

di Nancy Drew

Riprese dalle usanze di molti secoli addietro, le pene carcerarie e corporali che vengono inflitte ai detenuti in Iran, ma anche applicate da altri Paesi basati sulla Legge coranica – sunnita o sciita che sia quel determinato Stato – sono davvero insostenibili. Non solo dal punto di vista fisico, ma anche dalla violenza visiva a cui talvolta si costringono i cittadini – per infliggere dette condanne in pubbliche piazze, sia ufficiali che ufficiose.

Impiccagioni, lapidazioni, talvolta crocifissioni, per cui ci ha riportato indietro di 20 secoli il Califfato Islamico in Siria e Iraq negli anni scorsi, pratica a cui fu sottoposto anche Gesù in luoghi da quelli non troppo lontani in senso geografico.

Moltissimi sono gli attivisti per i diritti umani o gli oppositori politici, in numerosi Paesi islamici – ma non ci dimentichiamo neanche della statunitense Guantanamo e le detenzioni cinesi e russe – che vengono condannati a pene lunghissime e degradanti umanamente, per azioni che spesso ci paiono davvero banali.

Il caso di Nasrin Sotoudeh – avvocatessa iraniana della capitale Teheran – rimane un caso irrisolto, seppur nel 2020 era stata scarcerata – e poco dopo un mese nuovamente arrestata.

Nasrin ha 58 anni e dopo numerosi anni di attesa – dopo essersi laureata in Giurisprudenza – ha ottenuto l’abilitazione alla professione. Sposata con un uomo iraniano è madre di due figli. Attraverso la sua professione si è fin da subito caratterizzata per rivolgersi alle cause legali di violazione dei diritti umani e civili, soprattutto a danno di attivisti politici e giornalisti, quelle che prendevano di mira le donne. Oltre a questa parte più ‘politica’ si occupa di abusi sull’infanzia.

Scrittrice e attivista – anche insieme al marito Reza Khandan – nel 2010 fu arrestata una prima volta per aver collaborato con una organizzazione iraniana in difesa dei diritti umani, e condannata a 11 anni; poi rilasciata nel 2013.

Negli anni a seguire, per le sue attività di avvocatessa e di scrittrice vince differenti premi da più parti del mondo.

Nel 2018 viene nuovamente arrestata, per aver difeso Shaparak Shajarizadeh, una donna che denunciava pubblicamente la jihab – il velo a cui sono obbligate le donne in alcuni Paesi fondamentalisti, e per aver lei stessa mostrato la testa scoperta, ed incarcerata.

La condanna comminata è di 33 anni di detenzione e 148 frustate, per le accuse di destabilizzazione alla sicurezza nazionale e aver commesso atti peccaminosi.

Con l’avvento della pandemia Nasrin ha portato avanti uno sciopero della fame durato diverse settimane, per denunciare le condizioni dei detenuti politici in Iran. Le sue condizioni fisiche peggiorarono visibilmente, tantoché per le molte pressioni internazionali fu trasportata in ospedale, ma senza ricevere particolari cure riabilitative.

Appena dopo un mese è stata riportata in cella e rimane un dei tanti casi di attivisti politici rinchiusi entro le mura detentive iraniane di cui raramente si hanno aggiornamenti. Nonostante ciò Nasrin Sotoudeh – per la notorietà acquisita attraverso i premi ricevuti e le pressioni internazionali contro la sua carcerazione – ha almeno il sostegno morale degli attivisti per i diritti umani. Di moltissimi altri detenuti politici meno in vista, non conosciamo né le cause, e nemmeno i nomi.

Uscito da pochissimo, sulla piattaforma Distribuzioni dal basso è disponibile un film ‘girato segretamente in Iran da donne e uomini che hanno rischiato l’arresto per realizzarlo’ sulla vicenda dell’avvocatessa iraniana. E’ possibile visionarlo con pochi Euro.

https://www.openddb.it/film/nasrin/

Sabato, 25 settembre 2021

In copertina: Nasrin Sotoudeh – fermo immagine dal film del regista iraniano dissidente Jafat Panahi “Taxi-Teheran”

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