Riappare la nostalgia del “Ventennio”
di Ettore Vittorini
L’11 gennaio del 1955 moriva ad Affile – nei pressi di Roma – il generale fascista Rodolfo Graziani, detto il “macellaio dell’Etiopia”. I funerali si svolsero nella capitale e le esequie nel centro della città furono seguite da un corteo di migliaia di persone.
Erano passati poco meno di 10 anni dalla Liberazione e l’Italia si avviava velocemente verso il boom economico; la democrazia si sviluppava, seppur molto lentamente. Ma quel lungo corteo di nostalgici fascisti dimostrava che il passato regime – che aveva soffocato il Paese per vent’anni e ne aveva provocato la distruzione con una folle guerra – non era stato cancellato. A sottolineare la sua presenza era nato un suo derivato: il Movimento Sociale Italiano – i cui leader provenivano dal passato regime – e Graziani ne era stato nominato presidente onorario.
Il generale che nel 1946 l’ONU – su richiesta dell’Etiopia – voleva far processare per crimini contro l’umanità, ha vissuto in piena libertà gli anni del dopoguerra. Le Nazioni Unite lo avevano dimenticato, mentre lo Stato italiano lo aveva processato per collaborazionismo e crimini di guerra commessi durante la Repubblica di Salò di cui era stato ministro e comandante della milizia. Fu condannato a 19 anni di prigione, ma ne scontò appena quattro mesi.
La Storia non lo ha dimenticato: il giornalista e storico Angelo Del Boca ricostruendo le imprese fasciste nelle colonie ha narrato le “gesta” del generale descrivendone – con documenti presi dall’archivio di Stato – i massacri compiuti contro la popolazione libica ed etiope.
Non lo hanno dimenticato neanche i nostalgici del Fascismo che nel 2012 hanno eretto ad Affile un mausoleo in sua memoria. Il sindaco di quel paese, Ercole Viri, denunciato per apologia del fascismo e condannato in Assise e Appello, è stato poi assolto in Cassazione.
Questo è un pezzo della recente Storia d’Italia di quel fascismo latente tra tanti personaggi giovani e di mezza età che non conoscono realmente quel terribile ventennio, ma ne ripetono i rituali, gli slogan e i comportamenti. Il fascismo riemerge in continuazione e ne è portatrice in modo poco visibile, la destra italiana e cioè la Lega e Fratelli d’Italia. Molti politici di quel mondo non ne nascondono le loro simpatie sino ad arrivare all’exploit di Claudio Durigon sottosegretario leghista del governo Draghi, che in un comizio dello scorso agosto – presente Matteo Salvini – ha proposto di dedicare un parco di Latina – che già aveva i nomi di Falcone e Borsellino – ad Arnaldo Mussolini, fratello di Benito. Durigon membro del governo, aveva forse dimenticato di aver giurato sulla Costituzione che pone fuori legge la propaganda fascista. Ha dovuto dimettersi e non subito, dopo le dure proteste provenienti dal mondo politico e da un’opinione pubblica più consapevole.
E poi i risultati di una lunga inchiesta del giornale online Fanpage che rivela – oltre presunti finanziamenti in nero – le gesta di Carlo Fidanza, membro di Fratelli d’Italia e capo delegazione al Parlamento Europeo, che faceva uso spesso di termini fascisti. E Roberto Jonghi Lavarini, detto il “Barone Nero”, sempre di FDI, che ostentava idee nostalgiche sul Ventennio e battute antisemite. Questi atteggiamenti potrebbero essere definiti peccati veniali o addirittura ignorati. Accadono in gran parte dell’Occidente e a volte fanno parte di un folclore ripugnante fatto di svastiche che viene isolato, come accade in Germania e negli Stati Uniti.
Ma in Italia è diverso. Il Fascismo è nato da noi ed è stato messo fuorilegge dallo Stato democratico. Eppure oggi quasi metà degli italiani simpatizza per i partiti di destra che covano nostalgie per il Ventennio. Sono casi isolati che vanno presi in scarsa considerazione?
Sarebbe un errore. Non dimentichiamo che negli anni Sessanta e Settanta del 1900, un fascismo pericoloso ha impestato l’Italia con gli attentati – da Piazza Fontana a Bologna – spargendo sangue tra la popolazione. Veniva manipolato da potenti “forze occulte” per soffocare la democrazia. Sul terrorismo di destra – e anche quello di estrema sinistra – è stato già scritto molto, ma non bisogna dimenticare quel terribile periodo del nostro Paese e mai sottovalutare la possibilità che possa ritornare.
E’ come un’epidemia e lo spiega bene Albert Camus nella “La peste”, romanzo scritto nel 1947, che rappresenta una metafora del fascismo, un male all’inizio ignorato con irresponsabile negazione della realtà, che si trasforma in pestilenza.
Sabato, 9 ottobre 2021 – n° 37/2021
In copertina: corteo verso il mausoleo di Mussolini a Predappio – Foto Anpi Parma (2019)