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Turchia: l’ex sindaca curda di Mardin – Ayşe Gökkan – condannata a 30 anni di carcere

Le lotte femministe e i diritti del popolo curdo al centro del suo impegno politico

di Laura Sestini

Prosegue la purga erdoganiana a largo raggio, che senza esclusione di colpi, arresta e condanna dagli studenti universitari di Istanbul in agitazione da diversi mesi, quando da un giorno all’altro venne rimosso il Rettore senza osservare il regolamento e le relative elezioni, fino ai giornalisti, gli attivisti dei diritti umani, avvocati democratici e non per ultimi i politici curdi.

Il 20 ottobre, difatti, la Corte di Giustizia turca ha emesso una sentenza di condanna per la ex sindaca di Mardin-Nusaybin, Ayşe Gökkan, politica curda del partito HDP, a 30 anni di detenzione. Le imputazioni ritornano puntuali – come per migliaia di altri detenuti politici e non – per appartenenza ad organizzazioni terroristiche, o se va leggermente meglio, illegali.

La sentenza definitiva si è tenuta presso la IX° Alta Corte Penale di Diyarbakır, dove erano presenti l’imputata ed i tre avvocati difensori Berfin Gökkan, Özüm Vurgun e Muharrem Şahin. Inoltre, la signora Gökkan è stata condannata per propaganda al Movimento Libero delle Donne TJA -Tevgera Jinên Azad – di cui è la portavoce.

Al momento dell’arresto della donna curda, a luglio 2020, l’ondata di accuse contro i movimenti femminili fu molto forte, e ne stanno patendo le conseguenze molte altre donne, tra cui la giornalista Ayşe Güney.

La peculiarità della sentenza – fuori dai canoni legali – è che l’imputata è stata per due volte condannata con le stesse accuse, mentre a causa delle ripetute violazioni sui diritti processuali i legali difensori si sono rifiutati in aula di difendere la loro cliente, di comune accordo con la stessa.

Durante tutte le udienze del processo Ayşe Gökkan si è espressa in lingua curda – modalità non proprio in simpatia ai rappresentanti della legge turchi – e si è autodifesa con queste parole: “Sono Ayşe Gökkan, sono la portavoce della TJA. Questa corte ha violato il diritto a un processo equo sin dal primo giorno. Anche i diritti delle mie avvocate, del Presidente dell’ordine degli avvocati e di tutti gli avvocati sono stati violati. Il Presidente e l’intera amministrazione della 9° Alta Corte Penale hanno effettuato questo attacco illegale E’ questo il motivo per cui i miei legali non possono difendermi.”

Gli stessi legali hanno ricordato come erano stati cacciati dall’aula e malmenati dalla polizia su istruzione del Presidente della Corte, nella precedente udienza.

La Corte ha stabilito la condanna di Ayşe Gökkan alla pena detentiva di 12 anni – superiore al limite massimo per questi casi – con l’accusa di appartenenza a un’organizzazione terroristica; 7 anni e 6 mesi di reclusione, sempre con l’accusa di appartenenza a un’organizzazione terroristica; 7 anni e 6 mesi per ‘consapevolmente’ aiutare detta organizzazione; infine a 3 anni di reclusione per fare propaganda all’organizzazione.

Ayşe Gökkan
Foto: TJA-Movimento delle donne libere

Dopo la sentenza, i movimenti femminili hanno prontamente rifiutato il verdetto e molte donne si sono riunite davanti al Tribunale di Diyarbakır per pronunciare il loro comunicato.

A nome di tutto il gruppo, Saliha Aydeniz ha affermato che la sentenza di detenzione comminata ad Ayşe Gökkan mira a far fare un passo indietro nei risultati delle battaglie femministe, definendo il verdetto nullo, non valido, e che le donne non faranno un passo indietro di fronte a quanto accaduto e per le loro lotte di genere.

“Nonostante il fascicolo non riporti indizi precisi, sia vuoto di motivazioni, ad Ayşe Gökkan sono stati comminati 30 anni di detenzione. Questo è abbastanza per capire chiaramente in che tipo di rancore, paura e incapacità di governare si è ritrovata la politica turca”

Sabato, 23 ottobre 2021 – n° 39/2021

In copertina: proteste dei movimenti femministi per la condanna di Ayşe Gökkan – Foto: Kadınlar Birlikte Güçlü/ Women Strong Together

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