Il regista Marcello Bivona racconta la storia degli Italiani di Tunisia
di Laura Sestini
Il prossimo 4 novembre, nell’ambito del Convegno Internazionale intitolato ‘Migrazione e appartenenze: identità e plurilinguismo’ che si svolgerà presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania, verrà presentato al pubblico, in anteprima mondiale, il docufilm ‘Siciliens d’Afrique -Tunisie terre promise’ del regista Marcello Bivona e la produzione di Alfonso Campisi.
Il lavoro documentaristico – sostenuto dall’Università di Catania, dall’Ambasciata Italiana in Tunisia e dall’Istituto di cultura italiana a Tunisi – riporta le vicende migratorie degli Italiani in Tunisia nel 1800 e 1900, e in particolar modo della comunità italiana più numerosa nel Paese maghrebino, quella siciliana.
Le rotte migratorie degli Italiani verso l’Africa dei secoli scorsi sono poco conosciute al pubblico ed ancor meno trattate in maniera esauriente dai libri di storia. Fortunatamente negli anni sono nati gruppi di ricerca tra coloro che la migrazione di andata, di ritorno, di disagio e di nostalgia l’hanno vissuta direttamente, e non con poco travaglio.
Marcello Bivona appartiene all’ultima generazione di Siciliani di Tunisi, flusso migratorio di ritorno verso l’Italia a causa dell’indipendenza della Tunisia dalla Francia del 1956.
Una cronaca storica affascinante, ma anche dolorosa, che coinvolge tuttora molte persone nate in Tunisia da genitori italo-tunisini, che ci racconterà lo stesso regista attraverso la sue ricerche e le domande che gli abbiamo posto.
Come nasce l’idea del suo lavoro sui ‘Siciliani d’Africa’?
Marcello Bivona: – “Io ho già realizzato un film su questo tema, circa 20 anni fa, dal titolo ‘Ritorno a Tunisi’, dove per la prima volta raccontavo in maniera inedita del mio ritorno a Tunisi per riscoprire in loco le mie radici basate sui racconti dei nonni, dei miei genitori, la mia famiglia, ed anche esperienze personali. Il nuovo film è un lavoro di collaborazione con Alfonso Campisi, di cui io ho seguito l’aspetto creativo – la regia – e lui la produzione. Un’idea che Campisi mi propose un giorno di tre anni fa a Tunisi, di cui siamo co-autori con differenti compiti.
Perché un film sui Siciliani di Tunisia? Finora si è sempre parlato genericamente dell’emigrazione degli Italiani in Tunisia, invece Alfonso Campisi ha cercato un più puntuale focus sulla migrazione dei Siciliani verso questo Paese, poiché è stata preponderante rispetto alla comunità italiana creatasi in loco, e rappresentava più del 90%. Abbiamo quindi iniziato ad incontrare ed intervistare le persone. In realtà non è un film ciò che abbiamo concretizzato, schema che prevede la finzione; noi abbiamo realizzato un documentario, una forma che a me piace molto, anche se prende molto più tempo di produzione. Quindi abbiamo attinto dalla realtà, anche se si può sindacare che ciò possa essere parziale. Difatti ho raccontato ciò che è la mia realtà, il mio vissuto e ciò che stava intorno a me. Dopo tre anni – considerando lo stop per la pandemia – siamo alla conclusione.
Il 4 novembre prossimo ‘Siciliens d’Afrique -Tunisie terre promise’ verrà proiettato in anteprima all’Università di Catania, durante il Convegno Internazionale di Studi ‘Migrazioni e appartenenze: identità composite e plurilinguismo’. L’Ateneo catanese è anche sponsor del lavoro documentaristico. La prima assoluta invece sarà a Tunisi, tra dicembre e gennaio prossimi, dove l’Istituto di Cultura Italiana – anche questo sponsor del lavoro di ricerca – e l’Ambasciata Italiana in Tunisia, si stanno adoperando per l’organizzazione della proiezione”.
Lei è di origine siciliana-tunisina?
M.B.: – “Si, io faccio parte dell’ultima generazione, su cui ho scritto anche un volume – pubblicato due anni fa, proprio intitolato ‘L’ultima generazione’. Nel saggio racconto la nostra partenza da Tunisi e di quella grande ondata di migrazione che ci fu tra la fine dell’800, l’indipendenza tunisina dalla Francia – nel 1956 – e gli anni ’60. E’ una materia che conosco bene perché è la mia origine. Dopo un lungo periodo di oblio, questa parte di storia sta riaffiorando e si è tornati nuovamente a parlarne. Negli anni si è formato un gruppo di persone in Italia, Tunisia e Francia che attraverso vari media – cinema, letteratura, studi ed incontri tematici – stanno riportando alla luce le cronache dei tempi, argomento che pochissime persone ancora conoscono”.
Ci può anticipare qualche dettaglio del film?
M.B.: – “Il film dura 76 minuti ed ha avuto una gestazione di circa due anni. E’ un percorso di incontri con alcune persone che non hanno mai abbandonato la Tunisia – a differenza del mio primo lavoro documentaristico che trattava della nostalgia di chi invece era tornato in Italia, la ricerca personale delle mie origini ed i racconti della mia famiglia.
A questo riguardo è necessario aggiungere dettagli storici importanti. Chi è tornato in Italia non è stato ‘cacciato’ dalla Tunisia, come per esempio potrebbe essere successo in Algeria con la guerra d’indipendenza. In Tunisia è avvenuto tutto in maniera indolore.
Una volta che la Francia ha abbandonato il Paese concedendo l’indipendenza, tutto è stato preso in mano dai Tunisini, con Habib Bourghiba primo presidente nel 1957. Noi siamo stati la prima ondata di ritorno in Italia, ma nessuno ci ha obbligato a lasciare la Tunisia, bensì si sono create delle condizioni che hanno portato a decidere di andarsene. Mio padre in Tunisia era un tassista: nel 1958 il Governo ha emanato un decreto che toglieva le licenze a tutti gli autisti italiani, quindi gli è stato tolto il pane quotidiano. Mia sorella ed io eravamo piccoli, sotto i dieci anni, e mio padre non sapeva più cosa fare. Infine fine siamo tornati in Italia, non lontano da Milano.
‘Siciliens d’Afrique – Tunisie terre promise’ racconta quindi di quelle persone che sono rimaste in Tunisia perché avevano delle condizioni lavorative che lo permettevano. Poi nel 1964 la Tunisia ha nazionalizzato tutte le terre, per cui – in una seconda ondata di ritorno in Italia – gli agricoltori siciliani hanno tutti abbandonato il Paese. Nel film c’è una sezione dove vengono intervistati Italiani che sono finiti nei campi profughi. Tornati in Italia siamo stati accolti ed abbiamo vissuto in campi profughi, seppur fossimo Italiani, tali e quali ai profughi che adesso arrivano dall’Afghanistan per una scelta politica di altri. Sembra inverosimile.
Questi sono temi di cui non si è mai parlato ufficialmente, note storiche rilasciate attraverso i racconti degli Italiani-tunisini rientrati in quegli anni in Italia. Le cronache di quando sono tornati, come hanno vissuto nei campi a loro dedicati – ognuno con i propri ricordi, sentimenti ed esperienze.
Il film quindi è un pot-pourri di questi racconti, di chi non ha mai lasciato la Tunisia, chi ha dovuto lasciare ed è tornato in Italia, e di chi non aveva Paese. La trama è intrecciata con l’aspetto linguistico di questa comunità, che parlava una lingua davvero particolare, idioma di nessun altro in Italia.
Nel film per la prima volta compare anche Claudia Cardinale – che sappiamo essere di origini tunisine – poiché ha acconsentito a raccontare le sue impressioni insieme alla figlia Claudia Squitieri, che finora non aveva mai accettato di essere intervistata. Un incontro fortuito a Sousse della scorsa estate, molto piacevole.
Il percorso di attrice internazionale di Claudia Cardinale inizia a Tunisi, con una condizione molto diversa dai nostri connazionali che rientrarono in Italia. Lei uscì dalla Tunisia con una buona condizione lavorativa perché scritturata nel film ‘I soliti ignoti’ di Mario Monicelli nel 1958, momento che diede avvio alla sua più ampia carriera cinematografica.
Nel docufilm c’è anche molto materiale di repertorio, donatomi da un amico ormai anziano – Giuseppe Gabriele – che da giovane aveva la passione per il cinema. A Tunisi lui era agricoltore, ma nel tempo libero – tra gli anni ’50 e ’60 – girava pellicole a passo ridotto tipo 8mm, 9mm, 16mm. Tutti questi materiali – in bianco e nero e a colori – sono bellissimi e riportano dalla mattanza dei tonni, alle donne tunisine che vendemmiavano nelle sue campagne, riprese da sua moglie perché da lui non lo avrebbero mai permesso. Sono tutte immagini e pellicole inedite”.
Qui il programma completo del convegno internazionale all’Università di Catania: http://www.glottologia.org/wp-content/uploads/2021/10/Covegno_Migrazioni_e_appartenenze_Programma_definitivo.pdf
Sabato, 30 ottobre 2021 – n°40/2021
In copertina: la locandina del docufilm con la regia di Marcello Bivona