Il surriscaldamento relazionale è tanto diffuso e grave quanto quello climatico
di Giorgio Scroffernecher
Non lo avevo mai fatto prima. Sulla pagina social di una trasmissione giornalistica televisiva che apprezzo per sobrietà, equilibrio, atmosfera ho pubblicato un post: solo sei parole per esprimere apprezzamento per le professionalità in studio e gratitudine per la buona conduzione. In meno di un’ora ho capitalizzato una decina di nuove relazioni umane che mi ritengono un decerebrato, una merda, espressa anche con una icona fumante. Naturalmente il mio post è stato occasione per muovere numerosi commenti feroci e definitivi contro la trasmissione e il suo conduttore generalmente apprezzato per la sua moderazione. Perché? Come si spiega che ci siano frotte di navigatori che si dedicano con tenacia a commentare con insulti e minacce chi fa cose per loro pessime? Come se io mi obbligassi a guardare Mario Giordano in TV per poi commentare che ha la voce come una friggitrice… invece di godermi un bel film su un altro canale.
Senza scomodare Umberto Eco che tanti anni fa già ci aveva spiegato tutto dei social e il suo popolo trasferitosi online dai bar del paese, sembra che i Net manifestino e portino testimonianza di un clima sociale avvelenato. Il pensiero critico nel metodo socratico descritto da Platone, prezioso per riconoscere che la propria verità è solo un’opinione, è stato sostituito da un ventaglio di posture che vanno dall’avversione tout court, all’odio totale e senza sconti delle posizioni altre dalla propria: l’unica valida, in nome diddio. Anche il sano approccio laico alle questioni, ovvero il ragionare senza pregiudizi e senza partire da presupposti, è stato annientato da argomentazioni sempre manipolatorie, quando non del tutto prive di verità e correlazione. E’ di questa settimana la dichiarazione di Giorgia Meloni: «Io devo vaccinare mia figlia di 5 anni con un vaccino che non ha terminato la sperimentazione, per consentire ai migranti di sbarcare illegalmente nel nostro paese».
Ma tutto il mondo è così, purtroppo. In America mentre in tribunale gli assaltatori di Trump piagnucolano e chiedono perdono, il loro mandante dai capelli color paglia, espulso da tutti i social per manifesta malafede, annuncia il suo ritorno in campo dotato di un suo personale social network e dell’opportunismo dei suoi compagni di partito che hanno evidentemente tanto cinismo in luogo di capacità minima a produrre un pensiero politico sano e Repubblicano.
Dal mio minuscolo osservatorio noto che ormai il cinismo è diventata la filosofia dominante. A questo proposito va detto che lo è stata in passato, una corrente filosofica. Qualcuno sostiene che la sua origine è greca ma per acquisizione – insieme con le conquiste di terre orientali da parte di Alessandro Magno – di filosofie ascetiche soprattutto indiane, secondo me fraintendendo il loro concetto di distacco dalle passioni e dal proprio ego in meditazione e nella vita spiritualmente arricchita.
L’attualità è pregna di cinismo. Solo con questo puoi avvicinare la realtà, tutto il resto è ingenuità e pochezza non meritevole di considerazione. Così succede che i giornalisti sono tutti venduti, i filantropi in realtà fanno solo grandi affari, i politici son tutti mascalzoni, la scienza è la faccia presentabile di Big Pharma; chi pone questioni di umanità è un buonista, Greta è una bambina viziata che lucra per conto della sua famiglia, le ONG sono trafficanti di umani e comunque… è naturale che ognuno pensi solo ai propri interessi.
Il mondo del cinico è orribile. Il cinismo è come quella «Nebbia misteriosa chiamata “Il Nulla” che divora tutto ciò che trova sul suo cammino cancellandolo per sempre» ne ‘La Storia Infinita’, il bellissimo film del 1984 diretto dal regista tedesco Wolfgang Petersen.
L’umorismo del cinico si chiama sarcasmo, che è il distillato essenziale del bullismo, del disprezzo, del disamore per l’altro. Infatti, l’umorismo fa ridere chi lo riceve, il sarcasmo lo fa piangere.
I non cinici sopravvissuti possono fare molto e qui li esorto a farlo, come? Rendendosi visibili, dappertutto, anche sui social dove, fa impressione, i post all’inizio potevano accettare solo i Like dei naviganti, secondo il primo pensiero di Zuckerberg: se ti piace lo dici, se non ti piace passi oltre e fai altre scelte. Ora i social sono bombe di monezza a larga propagazione.
Del cinismo possiamo coltivare l’antidoto già dentro di noi: con pensieri puliti, cibo pulito, comportamenti puliti. E poi vivere con gentilezza e con poesia, ovvero con azioni e con contemplazioni illuminate da chiarezza di cuore, sempre.
Per quanto riguarda la poesia, offro qui un piccolo estratto di una bella intervista di Laura Campanello (Corsera 7) alla poetessa milanese Chandra Candiani che dice: «Meravigliarsi è non sapere, senza il terrore della perdita del controllo. E’ anche arte del dialogo, perché se ascoltando un’opinione diversa anziché assalire l’altro o volerlo colonizzare, lo ascolto e mi meraviglio, non aderisco, non compiaccio, ma lascio entrare l’estraneo, ospito altri possibili sguardi, do asilo allo straniero».
E poi, oggi 13 novembre, Giornata Mondiale della Gentilezza, se siamo tentati di dire che in questo brutto mondo è impossibile essere gentili, contempliamo ancora una volta le parole di una ragazzina di 13 anni, ebrea tedesca di nome Anna Frank, che dalla sua prigionia, mentre Hitler conquistava il mondo e dai comignoli dei campi di concentramento uscivano le ceneri del suo popolo, nel suo diario esortava:
«Sii gentile e abbi coraggio!».
Sabato, 13 novembre 2021 – n° 42/2021
In copertina: il cinico – foto di Peter Ziegler/Pixabay