Kiev e le altre città sotto le bombe
di Ettore Vittorini
La “guerra lampo” lanciata da Vladimir Putin contro l’Ucraina non ha ottenuto il successo sperato. Lui pensava di conquistare il Paese in due giorni confidando nella resa dell’esercito avversario; nella fuga del presidente Volodimyr Zelensky; in uno scarso sostegno dell’Europa e del mondo occidentale.
Invece si è sbagliato: Zelensky, a cui gli USA avevano offerto i mezzi per fuggire, ha risposto che non “aveva bisogno di passaggi, ma di aiuti per combattere”; l’esercito ucraino lo sta facendo pur scarsamente armato; il popolo appoggia il suo presidente e pone una forte resistenza agli invasori; l’Unione Europea e l ‘Occidente si sono compattatati di colpo ed hanno varato le durissime sanzioni che potranno mettere in ginocchio l’economia e la finanza russe; la NATO ha messo da parte le frustrazioni della sconfitta afghana per agire con determinazione, e nello stesso tempo con la prudenza necessaria per evitare un conflitto più esteso. Nella Alleanza soltanto la Turchia non ha condannato la Russia, né ha partecipato alle sanzioni.
Il capo del Cremlino ha dovuto quindi ricorrere a misure militari più feroci: ha ordinato di lanciare missili contro le abitazioni civili, le scuole, gli ospedali; ha anche evocato la minaccia atomica contro l’Occidente. Ma nello stesso tempo ha aperto ambiguamente un dialogo con i vertici del Paese invaso. Pensava che il governo ucraino non lo avrebbe accettato, ma invece lo ha fatto spiazzando l’autocrate russo. Le proposte di Mosca sono il riconoscimento da parte di Kiev dell’annessione della Crimea e la neutralità “disarmata” dell’Ucraina. Si tratta in realtà di imposizioni inaccettabili da parte di una Nazione sovrana.
E mentre era ancora in corso il dialogo, una colonna di carri armati e altri mezzi militari – lunga settanta chilometri – avanzava verso Kiev. L’offensiva russa è diventata più pesante – possiamo definirla criminale – e provoca distruzioni con tante vittime tra la popolazione civile.
Quella lunga colonna di carri armati ricorda l’invasione dell’Ungheria compiuta nell’ottobre del 1956 dalle truppe sovietiche per soffocare la ribellione di un popolo oppresso da una feroce dittatura comunista. Anche allora i mezzi corazzati con la stella rossa spararono contro le case uccidendo centinaia di civili. Lo stesso tipo di aggressione avvenne in Cecoslovacchia nell’agosto del ’68, sempre per riportare il Paese nell’abbraccio soffocante della cortina di ferro.
Allora però l’Europa si fronteggiava nella guerra fredda e l’Unione Sovietica agiva nei propri territori ottenuti con gli accordi di Yalta. Non è una giustificazione, ma quelle azioni facevano parte della politica internazionale di quei tempi, cosa che accadeva anche nel mondo democratico seppur in modo più mascherato e ipocrita.
Oggi invece si è presentato uno scenario di guerra che sino a una settimana fa sembrava impossibile in un’Europa, abituata alla pace da quasi 70 anni. Eppure un solo uomo, capo autoritario di una grande nazione, ha potuto decidere di dare inizio a questo conflitto che potrebbe portare alla terza guerra mondiale. Alle sue spalle non esistono motivazioni ideologiche – il comunismo è scomparso da tempo – ma problemi di geopolitica che avrebbero potuto essere superati attraverso un serio dialogo tra le parti. Inoltre la globalizzazione aveva cancellato le divisioni del mondo in blocchi anche se continuano ad esistere le grandi differenze tra autocrazie e democrazie accompagnate alle guerre locali sparse in altri continenti.
La Russia da tempo è entrata a far parte dell’economia e della finanza internazionale; gli oligarchi di quel Paese hanno investito miliardi in Occidente arricchendosi sempre di più; le società occidentali hanno potuto fare lo stesso in Russia fornendo – in cambio di materie prime – tecnologie e tanti altri prodotti importanti per la modernizzazione di quella nazione entrata nella sfera del consumismo.
Eppure nel Cremlino regna una dittatura storicamente paradossale rispetto ai tempi. Basta osservare la scenografia delle apparizioni di Putin: entra nel salone dove è atteso dai suoi “collaboratori“, passando da una grande porta dalle ante dorate aperta da due militari in alta tenuta che si muovono come degli automi. E poi si accomoda sul suo “trono” a debita distanza dagli ospiti.
Sono immagini vere che ricordano il film di Chaplin “Il grande dittatore” – girato nel 1940 dopo che la Germania aveva invaso la Polonia – nel quale il regista attore recita la parte di Hitler. Anche i locali e gli arredi del Cremlino che noi vediamo attraverso le immagini televisive ricordano molto quelli del film.
Come lo era il dittatore tedesco, Putin non tornerà indietro, vive staccato dalla realtà e nel suo staff quei pochi che hanno qualche perplessità non osano contraddirlo, mentre la maggioranza con in testa il Ministro della difesa generale, ubbidisce al capo senza esitazioni. Se per assurdo il capo avesse dei ripensamenti o venisse convinto ad “andare in pensione”, la sua pessima immagine non verrebbe dimenticata nel mondo.
Ma in 20 anni di potere il moderno Zar si è ben costruito intorno un apparato che lo protegge dalle contestazioni interne. Le manifestazioni dei russi contro la guerra, represse duramente dalla polizia, non lo spaventano. Inoltre una buona parte dell’opinione pubblica appoggia il suo operato. Ma fino a quando lo farà? Intanto la guerra lampo non ha avuto esito positivo; fonti dell’esercito riferiscono che nelle battaglie di questi giorni sarebbero stati persi 10mila militari. Se queste voci fossero fondate e unite ai disagi già evidenti – come le code ai bancomat – provocati dalle sanzioni già attuate, non si sa come andrà a finire.
Nel dramma ha manifestato la sua totale assenza l’ONU, l’organizzazione nata dopo la seconda guerra mondiale per impedire nuovi conflitti. E se ha fatto ben poco nell’intervenire su quelli sparsi in tutto il mondo, non fa niente per la guerra in Ucraina. Durante l’assemblea convocata d’urgenza, l’aula era semivuota. L’intervento del segretario generale Antonio Guterres, si è esaurito in dichiarazioni di prammatica già sentite in occasione di altri conflitti. Alla fine l’aula del Palazzo di Vetro ha approvato a maggioranza la condanna della Russia, ma senza prendere provvedimenti di alcun genere.
Sabato, 5 marzo 2022 – n° 10/2022
In copertina: Vladimir Putin – Foto: Agenzia Tass