Una ragione per crescere individualmente, anche per il bene di tutti
di Giorgio Scroffernecher
Le considerazioni che ho riportato qui la settimana scorsa con https://www.theblackcoffee.eu/infelici-per-scelta/ forse meritano una ‘seconda puntata’. Diversi i feedback ricevuti, tutti molto interessanti.
Sulla meditazione consigliata dal dott. Guarnieri, per esempio, Laura mi ricorda che «La meditazione buddista parla di questo da quasi 3000 anni», Paola con ragionamento analogo mi informa che «da più di 5000 anni lo Yoga propone pratiche per raggiungere Ānanda, la pura beatitudine».
Ramana, entra nel merito dell’essere in meditazione: «Quando diventa superfluo avere un obiettivo da raggiungere, quando la meditazione cessa di essere ‘utile’ allora c’è uno stato di grazia che include la tristezza, il dolore e perché no, anche il lamento, ma senza nessuna identificazione. Se non cerco di aggiustare ciò che è, ma lascio che sia nulla, ha la durata maggiore di un paio di respiri…forse tre al massimo». Romano osserva che «Il benessere è uno stato mentale, altrimenti non si spiegherebbe come persone che vivono in ambienti disagiati siano più felici di altri». Bruno e Max promettono di volerci provare «con la meditazione e con i respiri…».
Marinella mi delizia con le sue riflessioni sul libro di un grande e meraviglioso vecchio, Eugenio Borgna: «Ho da poco letto un paragrafo sulla gioia. Gioia e felicità, due parole simili ma lontane. La felicità è qualcosa che appartiene ad un tempo lungo, la gioia la provi, se vuoi, anche in mezzo alle tempeste. Mi sono affacciata alla finestra: il ciliegio di fronte ha dei piccoli fiori che ieri non c’erano. Come ogni anno mi coglie lo stupore e la meraviglia, come se fosse la prima volta. Ecco, questa è gioia».
Sul tema della felicità si sono espresse nel corso della storia le migliori menti dell’umanità, filosofi, economisti, scienziati, ricercatori dello spirito.
L’etimologia fa derivare felicità da: felicitas, deriv. felix-icis, “felice”, la cui radice “fe-” significa abbondanza, ricchezza, prosperità, ma di cosa?
La questione si presta a grossi malintesi. Nel linguaggio comune si dice ‘epicureo’ un soggetto o un comportamento che si dedica solo al godimento dei beni materiali e considera fine della vita la soddisfazione dei piaceri. Eppure Epicuro, nelle sue Massime Capitali, forse intendeva altro scrivendo che «Non potrai vivere felicemente se la tua vita non sarà saggia, bella e giusta; e la tua vita non potrà essere saggia, bella e giusta se è senza felicità» spiegando altrove che per essere felici bisogna occuparsi del benessere dell’anima.
Woody Allen con il suo senso critico umoristico ci fa sorridere «Il denaro non dà la felicità, ma procura una sensazione così simile alla felicità, che è necessario uno specialista molto avanzato per capirne la differenza» e ci invita con questo a rivolgerci ad un altro grande vecchio, Umberto Galimberti che infatti non lascia dubbi: «La definizione che da Aristotele è nella parola greca che sta per felicità e in greco vuol dire “buono e bene”: Damon. «Damon fa riferimento a quello che tu sei, la tua natura, la tua vocazione come buona realizzazione della tua virtù, della tua capacità: questa è la felicità».
Insomma, per la felicità, quella vera, profonda, autentica, ci giochiamo la vita se non la dedichiamo a scoprire chi siamo e a crescere senza interruzione, anche in vecchiaia, con quello che abbiamo a disposizione dentro e fuori di noi.
Infatti, per dirla con Pier Paolo Pasolini, nei suoi Scritti Corsari laddove si criticano ferocemente i concetti di sviluppo e consumo, per la felicità si può e si deve sconvolgere tutto:
«Non è la felicità che conta? Non è per la felicità che si fa la rivoluzione?»
Sabato, 2 aprile 2022 – n° 14/2022
In copertina: Foto di Murtaza Ali/ Pixabay