Tunisia, tra tradizione e futuro
di Laura Sestini
Tra i Paesi affacciati sul mar Mediterraneo, la Tunisia risulta la nazione meno colpita dal Covid-19, contando solo 864 contagi e 37 decessi al 17 aprile, anche se non in percentuale rispetto ai circa 12 milioni di abitanti.
Il Paese dei gelsomini, che a breve sbocceranno profumatissimi, nonostante tutti i problemi rimasti irrisolti dopo la rivoluzione del 2011, che portò alla caduta del dittatore Zine El-Abidine Ben Ali che aveva guidato il paese per 23 anni senza elezioni, malgrado tutto resiste anche alla pandemia.
Un nuovo governo, guidato da Elyes Fakhfakh, social-democratico ex ingegnere della compagnia petrolifera Total, a maggioranza di deputati del partito islamico Ennahda di Rachid Ghannouci, si è insediato a febbraio 2020, evitando al momento un ritorno alle urne, dopo un vuoto politico durato alcuni mesi, dalle elezioni legislative di ottobre 2019.
Il nuovo primo ministro Fakhfakh dovrà affrontare, oltre alla crisi economica del paese e la corruzione dilagante, anche l’emergenza del Covid-19, che per buona sorte non ha avuto finora un grande impatto sanitario.
Un paio di settimane fa, un’antipatica quanto inutile polemica serpeggiò in Italia, attraverso alcuni post sui social di quotidiani filo-sovranisti, per un prestito di 50milioni di Euro a sostegno dell’economia e dell’emergenza coronavirus in Tunisia, dimenticando i rapporti economici di portata decennale e le rotte migratorie dei secoli scorsi dei pescatori in partenza dalla Sicilia per la sponda opposta del Mediterraneo, in cerca di lavoro durante la stagione ittica.
In un comunicato dell’Agenzia Italiana di Cooperazione e Sviluppo è possibile verificare in dettaglio la linea di aiuto economico alla Tunisia per il periodo 2017-2020 “che fornisce liquidità al sistema creditizio tunisino favorendo gli investimenti privati delle PMI e consolida le relazioni commerciali fra gli operatori economici italiani e tunisini.”
Subito dopo la formazione del governo, con chiari intenti economici, è passato in visita in Tunisia l’Emiro del Qatar – Tamim bin Hamad al Thani – maggiore paese finanziatore insieme alla Turchia dei Fratelli Musulmani – il movimento politico islamico nato in Egitto ma ormai ben radicato in numerosi paesi arabi – con l’intenzione di realizzare numerosi investimenti.
E’ inoltre necessario ricordare che la Tunisia è confinante con la Libia, Paese alle prese con la guerra civile, diviso tra due fazioni, il premier al-Sarraj, del governo ufficiale da un lato e l’esercito del generale Haftar dall’altro. Al confine di Ras Jedir, dalla parte libica, sono i militari del Gna (governo di accordo nazionale) che controllano la frontiera, ma resta un’area isolata rispetto alla zona di operatività di Tripoli, e rischia un potenziale attacco dei ribelli di Haftar.
E’ primavera inoltrata, adesso, nel Paese maghrebino, una primavera calda – che ha sfiorato già i 30 gradi – vivace come i colori della sua lussureggiante natura e delle tipiche abitazioni arabe, con le finestre cerchiate delle tonalità blu del mare.
Anche qui vige il lockdown, seppure non serratissimo come in Italia, al quale si è unito il coprifuoco notturno dalle 18 alle 6 del mattino e la proroga della quarantena fino al 19 aprile, che in queste ore il Governo sta decidendo nuovamente di prolungare.
I ristoranti e i cafè chiusi, gli autobus fermi, le strade vuote che rimandano a un’atmosfera irreale, molto distante dal traffico caotico e fumoso della capitale Tunisi dei giorni felici, mentre lo spazio aereo è chiuso anche se risultano programmati ancora dei voli per riportare in patria i cittadini tunisini da Paesi stranieri.
La lunga Avenue Bourguiba, il viale centrale dove hanno sfilato tutti i cortei della rivoluzione del 2011, che va dritto alla Porte de France, bastione in entrata alla Casbah – il cuore antico della città – è semideserto e circolano solo pochi taxi, gli unici mezzi pubblici che possono transitare.
Qualcuno indossa la mascherina, altri non hanno abbastanza denaro per reperirle, o semplicemente, come da noi in Italia, non ce ne sono di disponibili da acquistare.
Davanti ai supermercati lunghe code, le stesse che ci siamo abituati a vedere in tivù da tutto il mondo; qui però le distanze di sicurezza non sono osservate con rigore, è nella natura dei tunisini socializzare con i propri consimili, è più forte di loro, proprio non ci riescono a fare diversamente: mentre attendono il loro turno si scambiano opinioni sulla situazione e si formano piccoli gruppetti; poi, nel momento in cui si aprono le porte del negozio, entrano tutti insieme accalcandosi come i bambini quando giocano – queste le entrate scaglionate, sorvegliate da annoiati guardiani accaldati sotto il sole.
Aperto anche il mercato centrale coperto, dove le donne continuano a fare la spesa giornaliera e dove aleggia come sempre un effluvio misto di spezie – insieme ai mercatini rionali dove rimangono solo le bancarelle degli ortolani.
<< La casbah, dove le innumerevoli piccole botteghe sono serrate e il labirinto di vicoletti spopolato, è divenuta il reame dei gatti >> ci racconta Manuela, italiana residente a Tunisi. << Adesso il loro problema è la ricerca del cibo, e molti stanno morendo di fame. Le persone sono chiuse in casa e hanno già abbastanza difficoltà in materia di cibo per se stesse. In primis per scarsità di denaro – e dei gatti, che sono di tutti ma senza reali proprietari, non si ricorda nessuno. Io cerco di approvvigionare una piccola colonia felina non lontano dalla mia abitazione, portando qualcosa tutti i giorni.>>
<< La casbah, la parte più antica e caratteristica della città – continua Manuela – adesso di notte è diventata pericolosa, trasformatasi nella terra degli spacciatori; un problema, quello degli stupefacenti, che si è molto accentuato dopo il 2011. Non si è troppo sicuri a camminare da soli, e si rischia di essere derubati, se non peggio.>>
Il prossimo 23 aprile inizia il periodo di Ramadan, la pratica del digiuno per i credenti musulmani, che durerà tutti i 28 giorni del ciclo lunare, ai quali si aggiungono le giornate dell’Eid ul-fitr, i festeggiamenti della seconda più importante festa religiosa islamica.
Il Gran Mufti, il capo religioso della comunità islamica tunisina – Othman Battikh – contrariamente agli anni precedenti, sta discutendo con le autorità governative se sconsigliare il digiuno previsto – che va di pari passo alla preghiera – per evitare di indebolire le persone, mettendole più a rischio del virus pandemico.
Il nuovo percorso di riflessione e preghiera, unito alla permanenza obbligata nelle proprie abitazioni, coinvolgerà 1,8 miliardi di credenti musulmani praticanti, risultanti il 23% della popolazione mondiale.
In copertina: Foto di @Laura Sestini (riproduzione vietata).
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