Ma sono tanti i ricchi che non pagano le tasse
di Elio Sgandurra
Il ministero dell’Economia ha reso noto di recente che tra tutti i contribuenti italiani – in totale 38.850.000 – il 27% si trova nella classe di reddito inferiore a 15mila Euro l’anno; il 70% tra i 15mila e i 70mila; solo il 4% supera l’ultima cifra. Pertanto sugli individui soggetti alle tasse, poco più di un milione e mezzo sono i cosiddetti benestanti, compresi i ricchi, dei quali non si conosce il numero preciso. Invece i dati ISTAT del 2020 rendono noto che due milioni di famiglie – aggiungendone i componenti rappresentano il 9% cento di tutta la popolazione – vivono sotto la soglia della povertà.
Da questo quadro, le cui informazioni vengono date da fonti ufficiali, l’Italia risulterebbe un “Paese da terzo mondo”, con pochi ricchi, tanti poveri e una massa di popolazione che bene o male riesce a sbarcare il lunario. Dal 2020 a oggi qualcosa è migliorata grazie ai provvedimenti governativi quali il reddito di cittadinanza e la recente legge di sostegno per le famiglie con prole.
Eppure non siamo un Paese sottosviluppato e la miseria non appare così estesa nella vita quotidiana dei cittadini. La si vede in qualche inchiesta televisiva sui quartieri emarginati delle grandi città; ne parlano ogni tanto i giornali quando pubblicano le statistiche e lo fanno sempre con toni di grande meraviglia, come se le scoprissero per la prima volta.
Ciò che dovrebbe meravigliare realmente è il numero dei ricchi, molto basso rispetto alla realtà. Un mistero che riguarda un altro problema, quello della inefficienza dello Stato nell’individuare l’esteso numero dei cittadini che evade le tasse, parzialmente o totalmente. Come può essere possibile questa enorme lacuna che risale probabilmente all’Unità d’Italia?
Rispetto al passato oggi la tecnologia può contare sino al centesimo i soldi che ogni cittadino guadagna e spende. Ma i governi la usano poco per incapacità oppure per compiacere una gran parte dell’elettorato, accontentandosi degli introiti provenienti dai redditi fissi. Ci si domanda perché negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in tanti altri Paesi europei chi “sbaglia” nel dichiarare un reddito inferiore a quello percepito è soggetto a grosse multe o rischia la galera, mentre in Italia le sanzioni sono severe soltanto con i cittadini meno “furbi” e in buona fede.
È da ricordare un episodio realmente accaduto – appena applicata la legge sull’IVA – che riguarda un bambino multato da un finanziere perché aveva comprato delle caramelle senza chiedere lo scontrino.
Proprio sulla riscossione delle imposte è possibile fare paragoni con altri Paesi. Nell’Unione Europea l’Italia è al primo posto nell’evasione con 35,4 miliardi annui; la Germania – che ha più di 80 milioni di abitanti – occupa il secondo posto con circa 21 miliardi; segue la Francia con 12,5.
Siamo secondi nell’evasione dell’IVA col 25,5% dietro la Grecia col 30,1%. Gli altri Paesi hanno cifre molto più basse: la Germania l’8,6%; la Francia il 7,1%, la Spagna il 6%; l’Olanda il 4,2%. Morale: lo Stato in pochi anni non ha riscosso 120 miliardi di Euro, una cifra con la quale potrebbe essere pareggiato il debito nazionale.
Il nostro apparato burocratico potrebbe lavorare meglio: basterebbe fare confronti tra il tenore di vita dei “furbetti” e i loro presunti redditi per smascherare molti evasori. Un tentativo venne fatto dal governo Monti durante le vacanze di Natale del 2011 attraverso i controlli incrociati: nella sola Cortina d’Ampezzo la guardia di finanza aveva fermato 250 automobili di lusso e dalle indagini esattoriali risultò che 42 possessori di “Ferrari”, “Maserati” e altri modelli simili, avevano dichiarato un reddito annuo di appena 30 mila Euro lordi.
Quei controlli, sbeffeggiati da gran parte della stampa e avversati dal partito di Berlusconi che era entrato nella maggioranza di governo, furono subito bloccati. Oggi i media parlano spesso dei risultati ottenuti dall’Agenzia delle Entrate con la scoperta di cittadini che hanno truffato lo Stato per centinaia e centinaia di milioni, ma non dicono che quel denaro rientra soltanto in minima parte. Gli avvocati dei trasgressori, tra rinvii, condoni e qualche aiuto da parte degli “amici degli amici”, riescono sempre a “salvare” i propri clienti dai pagamenti e dal carcere.
Sabato, 23 aprile 2022 – n° 17/2022
In copertina: una Rolls Royce sequestrata dalla Guardia di Finanza – Foto: Guardia di Finanza