In tempi di guerra vince la musica
di Katya Lybiahovska
Chi ha visto la serie “La casa di carta“, probabilmente ricorderà la seguente lezione del Professore: «Immaginate una partita di calcio del Mondiale. E stanno giocando il Brasile contro il Camerun. Chi vorreste che vincesse?”
La squadra più forte, anche per chi di calcio non se ne intende per nulla, è evidentemente quella del Brasile. Ma proprio qui c’è la svolta, perché scopriamo che gli “allievi” del Professore, come la maggior parte delle persone neutrali, ovvero che non siano di origine brasiliana o non abbiano fatto delle scommesse importanti, sarebbero più disposte a tifare il Camerun – la squadra più debole. «Se state attenti – continua il Professore – istintivamente l’essere umano prende sempre la parte dei più deboli, dei perdenti.” Questo esempio gli serve a illustrare che se siamo neutrali in un conflitto, spesso tendiamo a prendere la parte delle vittime, o meglio di quelli che ci vengono mostrati come tali.
Nel caso del calcio, i tifosi che guardano la partita da casa non hanno alcun modo per aiutare la squadra più debole, né possono mostrarle il proprio supporto. Ma cosa succederebbe se un semplice click ci permettesse di mandare un forte messaggio di solidarietà per la causa dei più deboli?
Dal 10 al 14 maggio a Torino si è tenuta la 66° edizione di Eurovision, il contest che celebra la musica Europea. Il programma fu ideato dopo la Seconda guerra mondiale per coinvolgere e unire le diverse nazioni, con lo statuto di un evento apolitico. Infatti nel regolamento è chiaramente stabilito che è una responsabilità tanto dell’emittente ospitante quanto dei partecipanti di “assicurarsi che l’Eurovision Song Contest non venga in nessun caso politicizzato”. Non è la prima volta che si è infranta questa regola fondamentale, ma l’edizione di quest’anno più che mai ha fatto emergere dei dubbi sulla credibilità dell’evento.
La “gara” è stata vinta dall’Ucraina, un Paese che – come ben sappiamo – da qualche mese si trova in una situazione di forte disagio, essendo vittima di attacchi militari da parte di un prepotente. È stato proprio il voto del pubblico a determinare la vittoria, un messaggio senz’altro simbolico, che ha però suscitato la disapprovazione di molti.
In proposito, l’Ucraina aveva già una vittoria, conquistata durante un conflitto politico dove era stata coinvolta.
C’è da specificare che in tutta la storia del Contest il Paese ha vinto il trofeo tre volte.
La prima volta con “Wild dances” di Ruslana nel 2004, vittoria indiscussa e più che meritata di una canzone che il pubblico ricorda tutt’oggi.
La seconda invece è arrivata nel 2016 con la canzone “1944” di Jamala, un’altra vittoria vista come “piuttosto politica”. Bisogna ricordare che nel 2016 c’era già una forte tensione tra la Russia e l’Ucraina, dopo l’annessione della Crimea nel 2014 da parte dei russi. Il testo della canzone infatti riporta un tema delicato, quello della deportazione dei Tatari di Crimea ai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Anche qui, scelta per niente casuale, quasi di propaganda contro la Russia, alla luce della situazione politica allora attuale.
Così arriviamo alla finalissima di quest’anno.
Ricordiamo prima come va scelto il vincitore del Contest: Il punteggio finale di ciascuno dei partecipanti si forma sommando il voto delle giurie professionali di ogni paese e il voto del pubblico.
Dopo il voto delle giurie di tutti i 40 paesi, al primo posto era la canzone della Gran Bretagna con ben 283 punti, mentre l’Ucraina era rimasta quarta con i suoi 193 punti. Il televoto è stato decisivo, perché ha aggiunto la bellezza di 439 punti sul conteggio dell’Ucraina, rendendola vincitrice del storico Contest con la canzone “Stefania” della Kalush Orchestra. Un pezzo popolare con motivi folcloristici pensato come dedica alla madre e che, come specifica il frontman del gruppo, ha assunto un nuovo significato con la guerra.
Il televoto ha dato alla serata una svolta piuttosto inusuale per la storia dell’Eurovision, che d’altronde non ha sorpreso nessuno. La vittoria sembrava scontata ancora prima che iniziasse il concorso. Infatti prima della finale gli scommettitori davano a “Stefania” della Kalush Orchestra il 60% di probabilità di vincere, risultato mai visto nelle edizioni precedenti.
Tirando le somme, senza intenzione di screditare il valore del pezzo vincitore, sembra che all‘Eurovision Song Contest 2022 abbiamo visto un’Europa che ha cercato di mostrare il proprio sostegno per una causa più che per una canzone. Mossa comprensibile, ma come al solito fatta nel modo sbagliato. Abbiamo visto un’Europa che non potendo aiutare concretamente, ha sfruttato l’occasione per lanciare un messaggio di speranza, come per rendere giustizia. Non poteva esserci un altro vincitore.
Ed ora non ci resta che chiederci quanto sia realistica l’idea che tra un anno la guerra sarà finita e un paese semidistrutto potrà permettersi di ospitare il più grande festival della canzone europea. Beh, come cita il detto russo поживëм-увидим – ovvero aspettiamo e vediamo.
Sabato, 21 maggio 2022 – n° 21/2022
In copertina: Kalush Orchestra – Foto: EBU/Corinne Cumming