A partire dal 2035 si produrranno solo auto elettriche
di Elio Sgandurra
A partire dal 2035 l’industria automobilistica europea non potrà più produrre automobili e furgoni a propulsione termica. I motori dei mezzi a benzina, diesel, gpl e ibridi, saranno banditi e sostituiti soltanto con propulsori elettrici. L’ambiente e soprattutto le città saranno grati per questa decisione al Parlamento europeo che ha votato a maggioranza la proposta della Commissione dopo una battaglia nell’aula di Strasburgo, dove erano contrari le destre e il PPE (Partito popolare europeo).
Ma non è detto che questa norma arriverà intatta alla sua completa attuazione, perché su di essa dovranno esprimersi i governi dei 27 Paesi col seguito di scontri e confronti tra i più recalcitranti e il “governo” della UE.
Nei tredici anni che mancano al traguardo, l’industria automobilistica europea e i rispettivi governi dovranno adeguarsi alla totale riconversione non solo della motoristica ma anche della alimentazione dei nuovi mezzi. Alla fine del 2021 in Europa circolavano circa un milione e mezzo di auto elettriche (3 milioni e 200 mila nel mondo), delle quali 682 mila in Germania; 303 mila in Francia; 136 mila in Italia dove ai primi del 2022 c’è stato un sensibile aumento grazie agli incentivi. Per adesso il loro prezzo d’acquisto è elevato, ma i consumi sono ridotti notevolmente rispetto a quelli dei motori tradizionali.
Nel nostro Paese dove – l’inefficienza delle strutture è una norma – esistono molte difficoltà per la ricarica delle batterie il cui “carburante” è l’energia elettrica. Sulla carta le colonnine distributrici sono 24 mila – tra private e pubbliche – delle quali il 67% si trova a Nord della Penisola, il 26 nel Centro e il 7 nel Sud. In realtà quelle funzionanti sono molto meno perché molte sono prive di manutenzione o irraggiungibili perché il suolo circostante viene occupato dai soliti autisti incivili.
In un’inchiesta fatta dal “Corriere della Sera” (cronaca di Firenze) risultava che su 127 colonnine pubbliche della città, il 40 per cento non poteva essere usato per mancato funzionamento e per l’inaccessibilità provocata dalle auto in divieto di sosta.
Il redattore di una rivista di automobili ha descritto il viaggio con un’auto elettrica da Milano a Roma quasi 600 KM, percorrendo l’Autostrada del sole. Il suo mezzo aveva un’autonomia di 400 Km e pertanto ha dovuto fermarsi a un distributore provvisto di colonnine. Queste erano occupate da altre vetture elettriche, pertanto ha dovuto attendere una mezz’ora, tempo a cui si è aggiunta un’ora per una parziale ricarica. Giunto nella capitale ha dovuto penare per trovare una colonnina accessibile e alla fine ha dovuto ricoverare l’auto in un garage dove ha potuto alimentare le batterie, ma pagando un conto salato.
A parte le difficoltà pratiche per gli automobilisti che potrebbero venire superate da istituzioni pubbliche più serie, la riconversione dell’industria del settore e gli Stati dell’UE dovranno affrontare problemi di enormi difficoltà: la Cina controlla l’80% delle materie prime necessarie per produrre batterie; i microchip fondamentali per tutti gli automezzi vengono prodotti per il 60% a Taiwan e per il 15% in Cina. Il blocco causato dal Covid 19, ha provocato enormi ritardi nelle importazioni dell’industria automobilistica occidentale che in passato aveva delegato a quelle due nazioni – per interessi economici – la fabbricazione di quei prodotti preziosi. A pensare che il microchip fu inventato da un italiano.
Infine la riconversione provocherà la crisi dell’occupazione lavorativa nell’industria automobilistica europea, indotto compreso. In Italia, se non verranno presi provvedimenti, si calcola che 70 mila operai perderanno il posto di lavoro.
A questo proposito il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti – della Lega – ha dichiarato in un’intervista a La Stampa che “la transizione ambientale deve tener conto delle ricadute economiche e sociali su tutte le filiere, altrimenti il futuro sarà l’eutanasia dell’industria”.
Ha ragione se si tiene conto anche che attualmente il Governo – di cui Giorgetti fa parte – non ha ancora deciso come affronterà i problemi della riconversione. Inoltre l’eutanasia dell’industria automobilistica è già cominciata molti anni fa quando la FIAT – padrona di tutto il mercato nazionale dell’auto – poi diventata FCA e infine Stellantis – ha trasferito le sue sedi direzionali in Olanda e Gran Bretagna, oltre ad aver ridotto la produzione di modelli, soprattutto di quelli a marchio Lancia e Alfa Romeo senza averne lanciati – tranne la piccola “500” – di nuovi a motore elettrico, cosa che invece avviene in Germania e Francia.
La Casa automobilistica italiana non può più contare sulle grosse esportazioni di un tempo con l’eccezione delle supercar Ferrari e Maserati, alle quali si aggiunge la Lamborghini che appartiene alla tedesca Audi. E su queste auto di lusso costruite nella cosiddetta Motor Valley dell’Emilia, il Parlamento europeo ha accolto un emendamento della destra italiana che prevede lo slittamento di qualche anno oltre il 2035. Poca cosa se si pensa che le supercar italiane, apprezzate in tutto il mondo vengono prodotte in 10.000 unità annue.
Restano fuori dalla norma europea gli autocarri per i quali i motori elettrici non sono ancora adatti, vista la loro mole e la pesantezza del carico. Il trasporto ferroviario delle merci – che in Italia è molto ridotto – dovrebbe essere totalmente riadeguato, ma per ora è soltanto una chimera. Una soluzione potrebbe giungere attraverso i motori a idrogeno che come gli elettrici sono ad emissione zero, ma per adesso sono soltanto a livello sperimentale.
Comunque vadano le cose, l’Europa ha compiuto un passo in avanti verso l’azzeramento delle emissioni nocive delle auto anche se rimane il problema di una vera attuazione entro il 2035.
Sabato, 11 giugno 2022 – n° 24/2022
In copertina: auto elettriche in ricarica – Foto Joe Nomias/Pixabay