L’impatto sull’architettura ambientale ( parte terza )
di Laura Sestini
A proposito della tecnologia di comunicazione mobile di quinta generazione – 5G – abbiamo fin qui trattato, nei due precedenti articoli, della parte riguardante la burocrazia e la politica, probabilmente anche la sezione più noiosa da leggere, quando in queste giornate di lockdown avremmo bisogno di argomenti più piacevoli per alleggerire le lunghe ore chiusi in casa.
A nostra difesa proferiamo che non possiamo fare a meno di aprire un varco sull’overload di comunicazione focalizzata sulla pandemia poiché, nonostante tutto, la geopolitica mondiale non si ferma, in particolar modo sul comparto business e tecnologia, (come scritto su https://www.theblackcoffee.eu/cose-esattamente-il-5g-2/ ) tantoché il presidente Trump nei giorni scorsi ha acconsentito a una esplorazione dei pianeti extraterrestri.
Oltre questo, il reale obiettivo perseguito è fare una approfondita ricerca per portare all’attenzione di un pubblico vasto, informazioni provenienti da fonti accreditate e certe.
In questa parte della ricerca tratteremo della trasformazione ambientale che porterà con sé la rete 5G, di cui ognuno di noi sarà davvero testimone diretto, nel proprio paesaggio urbano consueto, in quanto visibile a occhio nudo.
Come abbiamo già scritto la tecnologia 5G, per essere trasmessa, fino al più semplice utente nel luogo più isolato, necessita di una rete capillare di trasmettitori, che va dai satelliti nanosat*, ai ripetitori situati più in basso, magari sopra un palazzo, fino alle antenne lungo i percorsi a portata e altezza d’uomo/utente. Una rete che risulterà fittissima di nuovi connettori, in quanto, come abbiamo già considerato, il segnale sarà sì molto più potente, ma avrà meno capacità in estensione geografica, rispetto alla copertura del suo campo di trasmissione. Tra i dettagli tecnici già specificati rientra in questo ambito anche il numero dei device da raggiungere con il segnale, con l’intento di un milione per km2.
Attraverso uno studio commissionato dal Dipartimento britannico per Digitale, cultura, media e sport, dal titolo ‘The effect of the built and natural environment on millimetric radio waves’, finalizzato alla produzione di dati necessari relativi all’impatto dei fattori geospaziali e meteorologici sul lancio del 5G in aree geografiche di alta importanza in tutto il Regno Unito, sono messi in evidenza gli ostacoli da superare per ottenere una rete che offra la performance di velocità – e di assenza di vuoti di connessione – che ci si attende dalla comunicazione mobile di quinta generazione.
Nella pagina di presentazione dell’indagine sopraindicata si trovano immediatamente informazioni sugli obiettivi da raggiungere e le questioni cruciali da risolvere: “Nella corsa globale al 5G, il Governo ha un’affermata ambizione per il Regno Unito di essere un leader mondiale. La ricerca condotta in questo progetto conferma che per le soluzioni di sviluppo dell’onda millimetrica 5G sarà necessario tenere conto delle variabili che non si applicano attualmente alle frequenze più basse. La considerevole densificazione di antenne necessarie, specie in ambiente urbano, e il significativo impatto sulla performance della rete degli oggetti fisici ostacolanti e il meteo sono due importanti differenze. Con un lavoro così impegnativo, intrapreso in tutti i settori della ricerca sul 5G, non sorprende che le questioni pratiche a supporto degli ambiti e degli standard relativi all’implementazione della rete 5G, fino ad oggi siano stati trascurati. [….] Questa ricerca dimostra l’impatto sulle prestazioni delle reti 5G delle caratteristiche fisiche, attualmente non considerate, nella pianificazione della rete, tra cui arredo urbano e vegetazione, e l’importante ruolo svolto dalle condizioni meteorologiche. Avere questi dati disponibili e resi facilmente accessibili e utilizzabili come strumento di pianificazione ha dimostrato come critica l’implementazione economica del 5G. La soluzione raccomandata in questo rapporto (una combinazione di dati e software) è un prerequisito essenziale per l’apertura di frequenze più elevate per l’uso del 5G – non solo nel Regno Unito, ma a livello globale – il che significa che l’esperienza che si è sviluppata qui è esportabile.”
Alle pagine 70-74, l’analisi per la trasmissione del segnale 5G verte sulla perdita di potenza, o vuoti di comunicazione, causata dall’impatto su superfici di fabbricati o dalla vegetazione, dati facilmente fruibili anche per chi non conosce la lingua inglese, attraverso le immagini e i grafici disponibili. Tra i risultati evidenti, il legno – sia esso superficie, per esempio di una porta, o di una pianta, alla quale si aggiunge il fogliame – si rivela essere il materiale di dispersione maggiore della connessione, fino al 95%. Per quanto riguarda le piante si prendono in considerazione anche la varietà e la quantità di foglie prodotte.
Per presentare al pubblico dati ufficiali, basati sugli esigui studi preliminari dell’impatto della rete 5G sia sull’ambiente che sulla tecnologia, abbiamo esplorato i siti istituzionali di differenti Governi, tra i quali quello italiano, statunitense, francese e britannico, ma solo quest’ultimo mette a disposizione ricerche realmente effettuate, anche se poi sottoscrive, nonostante a nostro avviso i dati rivelino diversi punti critici – non solo tecnologici e di costi di allestimento – un uso capillare del network 5G, al quale sono già stati assegnati numerosi milioni di sterline. Gli altri Stati comunicano ufficialmente solo l’intenzione di procedere a un’evoluzione da 4 a 5G, ma nessuna analisi critica pubblica in questo ambito, risulta dai canali istituzionali.
Ci affidiamo dunque a un ulteriore studio commissionato dal Governo britannico, questa volta all’Università del Surrey congiuntamente con l’Ente di proprietà governativa Ordnance Survey Ltd., l’equivalente dell’italiano di Gis (Geographic Information System) e altri attori.
La ricerca, titolata “5G Planning – geospatial considerations. A guide for planners and local authorities”, è volta a informare amministratori pubblici e aziende che, in loco, pianificano la rete 5G, con avvertenze e precisi esempi di progettazione.
Nelle oltre 40 pagine della guida, i punti principali che a noi sono apparsi indispensabili per un’informazione puntuale dell’opinione pubblica – sono quelli che andremo a esporre – (estratti dal capitolo 7 del fascicolo) e che vanno inoltre rapportati all’obiettivo perseguito dalla nostra inchiesta che, ricordiamo, è quello di ricercare e trasmettere dati e informazioni certe riguardo alla tecnologia di comunicazione wireless 5G. Soprattutto perché già soggetti a maggiore esposizione elettromagnetica, nonostante i numerosi appelli di scienziati e medici sugli effetti a carico della salute umana, ma anche su aspetti etici, ecologici e di diritti civili basilari
Come abbiamo già più volte dettagliato, nelle prime due parti pubblicate dell’indagine, la rete 5G necessita di un numero molto superiore di antenne di trasmissione rispetto all’attuale 4G e a questo proposito riportiamo le esatte parole dello studio britannico in questione: “7.4 Site (antenna) locations and the role of the lamp post. Whilst this document is focused on the impact of objects and how they affect radio propagation, an important aspect to consider is the location of sites. Mmwave sites will need to be spaced within a few 100 metres of each other as the signal power is relatively low and reduces rapidly with distance. Tradotto: “7.4 Posizione del sito (antenna) e ruolo del lampione. Mentre questo documento è incentrato sull’impatto degli oggetti e su come gli stessi influenzano la propagazione radio, un aspetto importante da considerare è la posizione dei siti. I siti mmwave (onde millimetriche) dovranno essere distanziati entro 100 metri l’uno dall’altro poiché la potenza del segnale è relativamente bassa e si riduce rapidamente con la distanza.”
Quindi, a breve, la selva di trasmettitori già esistente – parabole televisive, antenne radio e di comunicazione mobile – andrà irrobustendosi di migliaia (o milioni?) di altri connettori, seppur di dimensioni più ridotte e di design più mimetizzabile, su lampioni, tombini, cartellonistica stradale, pensiline del trasporto pubblico, semafori e molto altro.
L’altro aspetto davvero impattante sull’architettura ambientale – esteticamente e, maggiormente dal punto di vista ecologico – per l’implementazione della rete 5G, è il ‘problema’ degli alberi superiori ai 3 metri, la loro varietà, e la quantità di fogliame che producono, ostacolanti il segnale sia dal satellite, in direzione verticale verso terra, sia orizzontalmente per la bassa conducibilità del legno, che interrompono la viabilità delle autostrade digitali.
In molte città italiane, con spiegazioni varie da parte delle amministrazioni comunali, mai riferite allo sviluppo del 5G, sono stati abbattuti un numero imprecisato di alberi di alto fusto. Intere piazze – come per esempio piazza della Vittoria a Firenze, dove facevano bella mostra di sé dei centenari pini marittimi, varietà non comune in città lontane dalle coste, o piazza Dante a Bergamo – sono state desertificate senza una ragione credibile per la cittadinanza. Alberi comprovati come sani per i quali – con riferimento a Firenze – più di un comitato di cittadini ha presidiato la piazza e alcuni attivisti si sono addirittura incatenati alle piante pur di contrastarne l’abbattimento, ma che nonostante lo sforzo non ha prodotto i risultati desiderati, e anzi ha attratto l’attenzione della forza pubblica. A spiegazione del succitato caso toscano, da parte di Palazzo Vecchio, viene comunicata la prevista riqualificazione della piazza e che gli alberi abbattuti saranno sostituiti in numero maggiore, seppure (guarda caso) di minore altezza.
Quindi, per concludere, soppesando le informazioni risultanti attraverso un semplice accostamento logico, potremmo azzardare che, se dalla Gran Bretagna arrivano dati certi sul fatto che legno e altezze degli alberi siano un ostacolo alla realizzazione della rete 5G, simbolo e obiettivo di più Paesi per la leadership globale, sia legittimo avere pochi dubbi sull’ubiquità dei disboscamenti urbani, attuata proprio in previsione di ulteriori concessioni e connessioni alla rete 5G, (seppur mai nominata) di cui numerose città italiane hanno già installato le prime strutture e attivato la trasmissione iper-veloce dei dati. Il motto del futuro paesaggio neoprogressista sarà: ‘Più antenne meno alberi?’
*Il termine “nanosatellite” o “nanosat” è usato in genere per satelliti artificiali con massa compresa tra 1 e 10 kg. Questi satelliti lavorano spesso in formazioni, chiamati talvolta “sciami”. Alcuni tipi di nanosatelliti necessitano un satellite madre a cui fare riferimento per le comunicazioni a terra, non essendo dotati di apparecchiature sufficientemente potenti per tale operazione.
…………………………………………………………………….
Le altre parti dell’inchiesta sulla tecnologia 5G:
https://www.theblackcoffee.eu/cose-esattamente-il-5g/ (prima parte) https://www.theblackcoffee.eu/cose-esattamente-il-5g-2/ (seconda parte)
https://www.theblackcoffee.eu/cose-esattamente-il-5g- (terza parte)
https://www.theblackcoffee.eu/2-3-4-5g/ (quarta parte)
https://www.theblackcoffee.eu/saremo-davvero-immuni/ (quinta parte
……………………………………………………………………………………………..
Tags: #5G #ambiente #nanosat #vegetazione #alberi
Mercoledì, 22 aprile 2020
In copertina: NanoSat-1B, tecnologia seguita al microsatellite NanoSat-1 – Foto: INTA- Instituto Nacional de Técnica Aeroespacial – Spain