venerdì, Novembre 22, 2024

Salute, Società

Le distopie statunitensi

Legalizzata la cannabis medica e ludica, divieto per l’interruzione volontaria della gravidanza

di Nancy Drew

Nel corso di giugno si sono viste approvare leggi sull’uso della cannabis medica in 37 Stati degli Stati Uniti, mentre altri 19 Stati hanno legalizzato la cannabis ricreativa. Ciò a seguito di dimostrazioni medico-scientifiche dei benefici che la cannabis può apportare per una serie di condizioni sanitarie come i disturbi convulsivi infantili, nausea, vomito e perdita di appetito nelle persone con HIV/AIDS.

Parallelamente, una nuova generazione di prodotti a base di cannabis sta andando a gonfie vele, ovunque sia legalizzata, guidata dal marketing che alimenta un’industria multimiliardaria. Il contenuto medio di THC – tetra-9-tetraidrocannabinolo, la sostanza chimica psicoattiva nella cannabis – nei prodotti vegetali da fumo a tutta pianta è aumentato dall’1% al 4% degli anni ’70, al 15% e fino al 30% dei giorni odierni. I prodotti edibili e i vaporizzatori possono contenere concentrazioni ancora più elevate di THC.

Attualmente la percezione pubblica americana che la cannabis sia una sostanza innocua è in crescita, ma in verità i benefici e i rischi a lungo termine del suo uso rimangono ancora poco chiari. Relativamente a questo, è emerso un modello di ricerca per comprendere se il consumo pesante di cannabis a lungo termine può influire sulla cognizione di mezza età.

Un recente rapporto di ricerca pubblicato sull’American Journal of Psychiatry ha seguito da vicino quasi 1.000 individui – dai 3 ai 45 anni in Nuova Zelanda – per comprendere l’impatto dell’uso di cannabis sulla funzione cerebrale. Il team di ricerca ha scoperto che gli individui che hanno utilizzato cannabis a lungo termine – per diversi anni e più di quattro volte a settimana – hanno mostrato disabilità in diversi domini della cognizione.

Il QI di questi consumatori di cannabis è diminuito in media di 5,5 punti, partendo dall’infanzia, e si sono verificati deficit nell’apprendimento e nella velocità di elaborazione rispetto alle persone che non hanno consumato cannabis. Più frequentemente un individuo aveva usato cannabis, maggiore era stato il deterioramento cognitivo risultante, suggerendo un potenziale nesso tra causa ed effetto.

Lo studio ha anche scoperto che persone che conoscevano bene i consumatori-campione hanno osservato che questi avevano sviluppato problemi di memoria e di attenzione. I risultati di cui sopra persistevano anche quando i ricercatori hanno controllato altri fattori, come la dipendenza da farmaci, lo stato socioeconomico durante l’infanzia o l’intelligenza infantile di base.

I risultati dell’impatto della cannabis sul deterioramento cognitivo sono stati maggiori di quello dell’alcol o del consumo di tabacco. I consumatori di cannabis a lungo termine risultavano avere anche ippocampi più piccoli – la regione del cervello responsabile dell’apprendimento e della memoria. È interessante notare che le persone che hanno usato cannabis meno di una volta alla settimana e non avevano nessuna storia personale di dipendenza a sostanze, non avevano deficit cognitivi correlati. Ciò suggerisce in effetti una gamma di usi ricreativi della cannabis che potrebbero non portare a problemi cognitivi di lungo termine.

La ricerca è solo uno dei numerosi studi che suggeriscono l’esistenza di un legame tra l’uso pesante di cannabis a lungo termine e la cognizione. Tuttavia, saranno necessari studi futuri per stabilire il nesso di causalità ed esplorare come l’uso di cannabis a lungo termine potrebbe influire sul rischio di sviluppare demenza, poiché il deterioramento cognitivo di mezza età è associato a tassi più elevati di demenza in età avanzata.

Alcune persone che consumano cannabis, a lungo termine possono sviluppare confusione mentale, motivazione ridotta, difficoltà di apprendimento o difficoltà di attenzione. I sintomi sono in genere reversibili, nonostante che l’uso di prodotti con un contenuto di THC elevato possa aumentare il rischio.

Quindi l’uso della cannabis tra medica e ricreativa – e c’è la sua differenza – adesso negli Stati Uniti è praticamente liberalizzata in quasi tutti gli Stati; un passo che appare molto progressista.

Eppure, gli stessi Usa, se da un lato, nonostante i pochi dati certi sugli effetti del consumo, si sono aperti alla cannabis, su un altro fronte di diritti umani e civili, al contrario, sono è balzati indietro di 49 anni, da quel lontano 1973 quando l’interruzione volontaria della gravidanza era stata liberata dalle leggi bigotte e retrograde di lunga memoria, per adattarsi alla società cosmopolita e multiculturale statunitense.

Nei fatti la decisione della Corte Suprema statunitense sulla causa Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization ha cancellato la precedente normativa favorevole al diritto delle donne alla interruzione volontaria della gravidanza. La sentenza oscurantista è giunta dopo una lunga battaglia della destra americana contro la celebre la precedente Roe v. Wade del 1973, che aveva garantito il diritto di abortire alle donne americane, lasciando ai singoli Stati la libera scelta.
Con la nuova legge federale, i divieto vale uniformemente per tutti gli Stati, salvo cancellarla localmente, azione già intrapresa prontamente da alcuni di questi.

Come si è potuta ottenere la maggioranza per la decisione al voto? La “responsabilità” è attribuibile all’ex Presidente Trump che ha nominato tre giudici conservatori, approvati poi dal Senato, i quali uniti agli altri giudici Repubblicani già presenti, hanno in ormai in mano le sorti della Corte Suprema. L’elezione dei giudici della Corte Suprema valgono a vita.

L’abolizione del diritto delle donne all’interruzione volontaria della gravidanza peserà enormemente sulla salute di genere, mentale e fisica. Un nuovo salto nel buio.

Fonti: https://www.health.harvard.edu/blog/cognitive-effects-of-long-term-cannabis-use-in-midlife-202206142760 https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/30671616/

Sabato, 25 giugno 2022 – n° 26/2022

In copertina: immagine grafica di Gordon Johnson/Pixabay

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