Continua la decadenza della capitale
di Ettore Vittorini
Nel tardo pomeriggio dello scorso 29 gennaio, a Roma, un corteo di automobili accompagnato da un drappello di corazzieri a cavallo era partito da Montecitorio per percorrere lentamente via del Corso, attraversare piazza Venezia, entrare in via Nazionale e raggiungere il Quirinale. La prima delle auto era una ancora elegante Lancia Flaminia scoperta da dove il Presidente della Repubblica rieletto, Sergio Mattarella, con a fianco il capo del governo Mario Draghi, salutava la folla che lo applaudiva.
La giornata mite, i due principali rappresentanti dello Stato sulla “Flaminia”, lo spettacolo dei corazzieri e l’affascinante percorso lungo una Roma bellissima, creavano un’atmosfera festosa che allo stesso tempo mostrava la grande autorevolezza dello scenario. Sembrava l’immagine di un sogno su come vorremmo fossero l’Italia e la sua capitale.
Quella immagine era autentica ma rappresentava la bella e breve parentesi di una realtà completamente diversa: il corteo aveva lasciato alle spalle un’aula di Montecitorio piena di parlamentari litigiosi, in guerra tra di loro, che esprimevano una politica meschina. E le strade di quel percorso erano soltanto un angolo ordinato e pulito di una città completamente abbandonata alla sporcizia e adesso anche flagellata dagli incendi.
Dai primi di giugno a oggi ne sono stati contati 173, forse qualcuno provocato dal caldo e dall’assenza di pioggia, ma gli altri – i più gravi – provengono dalla mano dell’uomo dolosa e colposa. La storia di Roma conta tantissimi incendi: viene ricordato spesso quello dell’epoca di Nerone, ma già prima la Caput mundi dell’Impero veniva colpita dal fuoco a tal punto che l’imperatore Augusto aveva creato un corpo di pompieri – i vigiles – che percorrevano giorno e notte le strade della città controllando casa per casa che non ci fossero dei focolai non accuditi, che gli abitanti avessero colmato i piccoli depositi d’acqua prescritti dalla legge per spegnere le fiamme.
A quei tempi bastava una distrazione per provocare un incendio: la maggior parte delle case romane prima di Nerone erano in gran parte di legno e quindi facile preda delle fiamme. Fu quell’imperatore che per la ricostruzione della città in parte rasa al suolo, obbligò l’uso del cemento e dei mattoni.
La Roma di oggi è la caput mundi della “monnezza” – dicono i suoi abitanti, che peraltro contribuiscono alla sporcizia che copre tutti i quartieri – le cui strade sono invase da cinghiali, gabbiani e sorci che frugano tra i cumuli di rifiuti abbandonati lungo i marciapiedi. C’è di tutto, dagli elettrodomestici agli pneumatici, dalle ciabatte ai pannolini, oltre ai residui di cibo.
La rivista di viaggi britannica Time Out, ha pubblicato un’inchiesta sulle grandi città più sporche del mondo dalla quale Roma risulta occupare il primo posto, seguita da Bangkok e da New York.
In Italia, prima che nella capitale scoppiasse la catena di incendi si faceva soltanto dell’ironia sull’abbandono perenne della città. Ci sono volute le fiamme e il fumo carico di diossina perché i media ne parlassero con articoli allarmanti.
Il primo grosso incendio è scoppiato il 15 giugno a Malagrotta – ex grande discarica – quando le fiamme hanno avvolto il rigassificatore non in funzione e poi hanno investito un impianto TMB che tratta col sistema meccanico-biologico a freddo i rifiuti indifferenziati. Il 27 le fiamme sono divampate nei quartieri a Nord-Est di Roma distruggendo tra l’altro tutti i camper custoditi in un rimessaggio. Poco dopo ha preso fuoco un’azienda agricola sulla via Ardeatina. Il 4 luglio è toccato al Parco regionale del Pineto e il giorno dopo è scoppiato nelle vicinanze un altro focolaio.
L’autocombustione viene totalmente esclusa: in diversi punti delle zone colpite sono stati trovati degli inneschi, inoltre molte telecamere di sorveglianza erano fuori uso. Guarda il caso…
Tutto è accaduto dopo che il sindaco Roberto Gualtieri aveva annunciato la costruzione di un grande termovalorizzatore simile a quello di Copenaghen che è mascherato da una collina artificiale coperta di verde sulla quale i cittadini possono passeggiare e sciare d’inverno. Ma i 5Stelle si oppongono inspiegabilmente e danno battaglia al sindaco del PD.
Corrado Augias, giornalista e scrittore autore del saggio I segreti di Roma, dice in un’intervista a La Stampa: “Ma ci rendiamo conto? I termovalorizzatori esistono in tutte le capitali e in una città che annega nei rifiuti bisognerebbe farlo di corsa”.
Evidentemente un moderno trattamento dei rifiuti danneggia chi si arricchisce con lo smaltimento nelle discariche a cielo aperto, come accadeva a Napoli quando la camorra era padrona di questa “industria”.
Sino al 2013 a Roma funzionava una enorme discarica che raccoglieva tutti i rifiuti della città, quella di Malagrotta, fonte di un pericoloso inquinamento. Nell’ottobre di quell’anno il sindaco Ignazio Marino la fece chiudere d’accordo col presidente della Regione Nicola Zingaretti. Tre mesi dopo il proprietario della discarica Mario Cerroni, insieme e sei politici locali furono arrestati con l’accusa di “associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti”.
Di colpo Marino diventò vittima di una guerra mossa da certi ambienti della città che cominciò col boicottaggio proveniente da buona parte dell’amministrazione comunale e da una campagna di stampa che tendeva a ridicolizzarlo. Il PD non lo difese e il segretario di allora, Matteo Renzi, lo spinse alle dimissioni. Con la vicenda di Malagrotta il sindaco aveva danneggiato certi interessi politici ed economici e non gliela avevano perdonata.
Se la magistratura appurasse che gli incendi di oggi sono colposi, si potrebbe pensare che qualcuno a Roma vuole mandare messaggi intimidatori al sindaco Gualtieri e alla sua giunta. Mafia docet.
Sabato, 16 luglio 2022 – n° 29/2022
In copertina: l’incendio alla TMB – Immagine di Comitato Giovani della Valle Galeria