Le due facce della medaglia ‘mediatica’ ucraina
di Laura Sestini
In queste lunghe 20 settimane di guerra in Ucraina abbiamo assistito prima a forti campagne mediatiche a proposito degli sfollati civili ucraini, i bombardamenti, i morti, le torture e gli stupri, l’appassionata accoglienza dei profughi in Italia e in Europa, mentre in seguito – tuttora in atto – sull’urgenza di un grande invio di armi a sostegno dell’esercito ucraino. Una univoca e soffocante mediatizzazione – dove la Russia è il demonio incarnato in Putin – ha preso il sopravvento, e l’Ucraina ampiamente descritta – e soprattutto percepita – come un Paese democratico, improvvisamente invaso dalla dittatoriale politica russa assetata di potere.
Sulle finalità della Russia non sembrano esserci dubbi, e rimane la condanna e la responsabilità sull’invasione armata e su quanto agito tuttora sul territorio ucraino; altrettanto non è intenzione sminuire la sua pratica antidemocratica interna, di cui abbiamo e continuiamo denunciarne i crimini e le distorsioni.
Contemporaneamente, in virtù della verità e della cronaca, rimane però imprescindibile e paritario (ri)conoscere – quando le notizie giungono o sono reperibili ufficialmente – cosa sta attuando la politica interna di Zelenskij rispetto ai propri cittadini, informazione finora quasi completamente elusa, volutamente ignorata, dalla stampa mainstream, ed ampiamente demonizzata sui Social.
Da marzo – dopo poco una settimana dall’invasione russa in Ucraina – è iniziata la sequenza della chiusura dei partiti ucraini di sinistra e di opposizione al Governo in carica, continuando incessantemente il suo corso insieme all’arresto di attivisti per la pace, giornalisti ed obiettori di coscienza.
Timidamente, e nonostante le repressioni del governo ucraino, attivisti e online indipendenti, riescono a far trapelare qualche notizia politica del proprio Paese, da mesi sotto i riflettori della parte West del globo, repentinamente sostenuto da milioni di fans internazionali, soprattutto in Unione Europea, per cui anche Svezia e Finlandia hanno lasciato i loro princìpi di neutralità, ed una parte dei Verdi tedeschi sono passati ad una ideologia concretamente militarista (https://www.theblackcoffee.eu/in-ucraina-chiusi-undici-partiti-di-opposizione/).
Alcune informazioni sono semplicemente accessibili sulle testate giornalistiche ucraine.
Tra gli ultimi partiti ad essere messi al bando, la Corte d’appello di Leopoli ha emesso verdetto sul partito Nashi di Yevhen Murayev. Murayev, era anche proprietario del canale televisivo Nashi che, contrariamente a quanto prescrive la Costituzione ucraina, è stato chiuso dal decreto di Zelenskyj, così come altri media che presentano punti di vista diversi su ciò che sta accadendo nel Paese. Le proprietà del partito Nashi e di tutte le sue diramazioni – secondo la decisione del tribunale – vengono trasferite allo Stato ucraino.
Tra gli oppositori non c’è alcun dubbio che – “nelle attuali condizioni di isteria militaristica e antidemocratica” – tutti i partiti di sinistra e la maggior parte dei partiti di opposizione in Ucraina saranno banditi.
Molte delle informazioni sono riportate dal Movimento Chesno – un movimento civile ucraino emerso alla fine del 2011 per promuovere un processo elettorale equo – che già allora mirava a promuovere la trasparenza, la responsabilità e l’apertura dei funzionari di governo e la richiesta di politiche di qualità tra i cittadini.
Le argomentazioni di sentenza del ministero della Giustizia su Murayev sono attualmente sconosciute al pubblico, in quanto la giuria non ha consentito a giornalisti ed ai cittadini di partecipare alla seduta. Le restrizioni alla quarantena e un ordine interno del tribunale sono stati citati come motivo del rifiuto. Le informazioni giunte al Movimento Chesno sono confidenziali.
Secondo l’UNN – agenzia di stampa ucraina – Zelenskyj avrebbe revocato anche la cittadinanza all’oligarca Ihor Kolomojs’kyj – tra i più ricchi imprenditori ucraini e presidente del Parlamento ebraico europeo – al deputato ebreo-ucraino Vadim Rabinovich, e all’uomo d’affari e politico Hennadiy Korban. I media ucraini fanno riferimento a fonti dell’ufficio del Presidente ucraino, sottolineando che Zelenskyj abbia emesso un “decreto segreto”, per il quale non ci sono conferme ufficiali.
Nei giorni scorsi in Ucraina si è tenuto anche il processo contro il giornalista pacifista e obiettore di coscienza Ruslan Kostaba, perchè aveva espresso pubblicamente le sue opinioni pacifiste (fonte: Un Ponte Per).
«L’azione contro Ruslan Kostaba è evidentemente una persecuzione politica, in violazione dei diritti alla libertà di espressione, alla libertà di pensiero, coscienza e religione, garantiti dal Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici e dalla Convenzione Europea sui Diritti Umani» – afferma la Ong Un Ponte Per sui propri canali social.
«Accusato di alto tradimento, Kostaba ha diffuso appelli all’obiezione di coscienza al servizio militare perché la sua fede cattolica glielo impone (questo Papa lo ripete quasi ogni domenica) e perché le sue analisi politiche dicono che ci sono sempre alternative alla guerra» – commenta Martina Pignatti Morano.
Il processo del giornalista pacifista è stato rimandato a settembre.
Da un lancio dell’agenzia Ansa – datato 11 giugno – si apprendeva della condanna a morte da parte della Corte suprema della Repubblica Popolare di Donetsk dei tre combattenti – due britannici ed un marocchino – catturati dall’esercito russo, accusati dai filorussi di essere “mercenari”, nonostante le famiglie, come riportato dalla Tv nazionale inglese, affermino che questi siano effettivamente arruolati nell’esercito ucraino. In seguito, le autorità russe avevano dichiarato che tra i mercenari che stanno combattendo a fianco dell’esercito ucraino vi fosse presente anche Ben Grant, figlio di una parlamentare britannica. Le condanne alla pena capitale erano state denunciate come arbitrarie dallo stesso Governo ucraino.
La questione dei mercenari è sempre spinosa e dibattuta – pro e contro – in ogni conflitto bellico; più spesso gli apparati statali rimangono in silenzio, legittimizzando tacitamente l’uso di combattenti stranieri anche in Paesi terzi. Ne abbiamo ben le prove, almeno negli ultimi 10 anni, iniziando dallo Stato Islamico, la Turchia e la Russia in Siria e Libia, adesso in Europa con la più attuale guerra in Ucraina (https://www.theblackcoffee.eu/lambasciata-ucraina-di-washington-arruola-civili-statunitensi-per-la-guerra/).
Ed a proposito di mercenari, curiosando sulla testata ucraina Ukrinform – https://www.ukrinform.ua – ci si può imbattere in propagande ufficiali – sostenute da charitable foundations – fondazioni caritatevoli – che ‘invitano’ gli stranieri ad aiutare l’Esercito ucraino. Dal minuto 5.25 la pubblicità di ‘rivincita bellica’ contro la Russia è sottotitolata in lingua inglese, per renderla accessibile agli aspiranti combattenti di tutto il mondo.
L’invio di armamenti da parte degli Usa, via Nato/Unione Europea va anche ad armare le braccia dei combattenti stranieri, i quali, secondo le parole del portavoce della Difesa russa Konashénkov, sono “i primi ad essere stati sacrificati”, sottolineato che rispetto agli arrivi iniziali, circa 6500 unità, la metà sono caduti nei combattimenti, ma i parenti non vengono informati delle loro sorti.
https://cedem.org.ua/en/direction-rule-of-law/chesno/
Sabato, 23 luglio 2022 – n° 30/2022
In copertina: al centro dell’immagine il giornalista Ruslan Kostaba – Foto: Un Ponte Per (tutti i diritti riservati)