La malattia come amica per occuparci della nostra salute
di Giorgio Scroffernecher
C’è una cosa che mi irrita quanto gli applausi ai funerali, questa: sentir definire “guerriero” chi si trova a far fronte a una malattia molto grave, rischiosa per la vita stessa. Termine che ho sentito usare anche nel caso di anziani pacifici e arresi al loro destino o, peggio, nel caso di povere creature di pochi anni ammalate di patologie senza ritorno. «E’ un guerriero, ce la farà!».
Certo, è la cultura della medicina occidentale, moderna, allopatica: sempre lancia in resta, in guerra per combattere ‘Il Male’. Eppure, un vero guerriero, un Sioux per esempio, non userebbe mai un’espressione del genere. Infatti, i Nativi Americani considerano «Medicina tutto ciò che può aiutare a migliorare il nostro rapporto con il “Grande Mistero” e con tutta la vita. Medicina come processo che comprende la guarigione di corpo, mente e spirito che diventa fonte di potere personale, forza e comprensione».
Ma noi no, noi abbiamo un po’ di febbre? Prendiamo l’antibiotico o almeno un antipiretico senza considerare che l’aumento della temperatura corporea è proprio reazione naturale di supporto alla guarigione. Il caso degli abusi di antibiotici poi, è causa di indebolimento generalizzato del sistema immunitario, e anche dei preoccupanti fenomeni di antibiotico-resistenza nelle acque di laghi e fiumi (restano attivi, non si degradano), problema che resta irrisolto per chi si occupa di ciclo dell’acqua potabile nei nostri territori.
La recente/attuale vicenda pandemica è sempre narrata con toni e bollettini di guerra, nonostante poi la cura, unica possibile e applicata, è stata proprio la vaccinazione che è quanto di più omeo-patico si possa pensare nella medicina occidentale moderna: un intervento medico che non combatte il virus annientandolo, ma, al contrario, mette il corpo nelle condizioni di avere la meglio sul virus stesso. Come nell’omeopatia, appunto: similia similibus curantur, ovvero, i simili si curino con i simili.
La malattia può essere per noi, in realtà, occasione di riflessione, di invito alla pausa, al vuoto di azione, al silenzio. La malattia può essere un suggerimento amichevole: mangia in un altro modo; non fumare; cura la tua felicità; frequenta un bosco; cambia lavoro; cambia marito…
Certo la malattia con probabili esiti letali è più difficile da affrontare con questo approccio, ma quanto è sciocco dire al malato «Va tutto bene, ora i medici ti guariscono, tu non preoccuparti!».
E’ quello che succede, più in grande, con il nostro Pianeta: tutto ci sta dicendo che stiamo sbagliando e siamo su una strada senza ritorno – almeno per il genere umano – eppure restiamo identici a noi stessi e ai nostri comportamenti dissennati, sicuri che una nuova tecnologia risolverà il problema del riscaldamento globale, che un nuovo farmaco sconfiggerà il cancro, che un nuovo vaccino ci difenderà dal prossimo virus.
Forse, per capir meglio cos’è la malattia, dobbiamo comprendere cosa sia la salute che, appunto, non è solo banalmente assenza di malattia, ma una condizione generale di vitalità luminosa che include armonicamente tutte le parti di noi: il corpo, la mente, lo spirito. Curare, per esempio, la nostra capacità di amare ed essere amati, è un modo di occuparsi della nostra salute. Così come aver cura nella scelta del nostro cibo, delle nostre amicizie, dei nostri interessi.
Giusto affidarsi alla Scienza, bene anche ricordare il pensiero del medico e filosofo Edward Bach – Regno Unito 1886/1936: «La malattia non è una crudeltà e nemmeno un castigo, ma unicamente un correttivo: è lo strumento di cui si serve la nostra anima per indicarci i nostri errori, per impedirci di commetterne altri e per riportarci sulla via della luce dalla quale non avremmo dovuto mai allontanarci».
Sabato, 30 luglio 2022 – n° 31/2022
In copertina: immagine di Mark Frost/Pixabay