venerdì, Novembre 22, 2024

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Turchia e Russia

Ti amo, ti odio. Un amore bellissimo

di Laura Sestini

Nel silenzio generale dei Paesi occidentali rimangono inascoltati gli appelli dalla Siria di Nord-Est a maggioranza curda, alle Nazioni Unite, al Consiglio d’Europa e alla Coalizione anti Isis, per fermare gli attacchi aerei contro i civili da parte dell’esercito turco. L’appello è una richiesta immediata per una No-Fly Zone per il Nord-Est della Siria/Rojava, dove i civili continuano a perire per le inosservanze delle leggi internazionali da parte della Turchia.

Al Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, nel 2019 era stata accordata da Russia e Usa una cosiddetta “zona di sicurezza” all’interno del Nord-Est della Siria/Rojava, ma le azioni belligeranti compiute finora hanno reso palese che il vero obiettivo è tutt’altro, ovvero invadere, conquistare e ripulire etnicamente queste aree, sostituendo i locali con le famiglie dei mercenari e dei gruppi armati in opposizione al regime di Damasco, affiliati all’esercito turco.

Il 24 settembre 2019, Erdoğan aveva annunciato i suoi piani strategici antiterrorismo alla 74° sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Con l’implicita silente approvazione della comunità internazionale, il Presidente turco continua ad attuare la sua strategia di pulizia etnica principalmente contro i Curdi, ma anche coinvolgendo altre comunità etniche, come i cristiani siriaci, ed indiscriminatamente tutti coloro che vivono nella regione. Le aree finora bombardate dalla Turchia sono tutte incluse nella cosiddetta safe zone riportata sulla mappa che Erdoğan aveva mostrato all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Il presidente turco mostra la mappa della safe zone in Siria durante la sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite

Dopo la sua visita a Vladimir Putin a Sochi il 5 agosto, il Presidente Erdoğan ha insinuato che la Russia potrebbe acconsentire alla Turchia il via libera per una nuova operazione militare nelle parti controllate dai Curdi della Siria settentrionale, a patto che la Turchia ristabilisca le relazioni con Damasco. «Putin afferma che sarà sempre con noi nella lotta al terrorismo – riporta il portavoce turco – ma ci suggerisce che sarebbe molto più accurato risolvere prima i problemi con il regime siriano. La nostra organizzazione di intelligence e la controparte siriana stanno già affrontando questi problemi, focalizzandosi sul punto per ottenere un buon risultato».
Qualche giorno dopo l’incontro di Sochi, un quotidiano filogovernativo turco ha riferito che uno dei paesi del Golfo stava mediando tra Ankara e Damasco, e che presto Erdoğan e Assad avrebbero potuto avere una conversazione telefonica come risultato di questi sforzi.

All’incontro di Sochi, Erdoğan ha offerto al Presidente russo di condurre un’offensiva militare congiunta con Iran e Siria nelle aree controllate dai Curdi – ha affermato ancora il quotidiano, ma senza specificarne le fonti.

Il report di Sochi è stato ampiamente trattato dai media dei Paesi arabi, riscontrando una forte insoddisfazione dei gruppi armati siriani per le politiche che la Turchia sta conducendo. Proteste degli alleati siriani in Turchia si sono diffuse in numerose località.

Hediye Levent, giornalista specializzato di Medioriente riporta nel suo canale social che ci sono preoccupazioni tra i ranghi del FSA – l’Esercito Libero Siriano – che la Turchia possa venire ad accordi con Damasco e la possibilità di essere “venduti”. I miliziani FSA, oppositori alle politiche di Bashar al-Assad, sono stretti affiancatori di Erdoğan nelle aree invase della safe zone istituita nel 2019.

Il 12 agosto il ministro degli Esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu ha rivelato di aver avuto un incontro con il suo omologo siriano ad ottobre 2021, a Belgrado, durante un vertice del Movimento dei Paesi non allineati, in quello che è stato il contatto di più alto livello tra Ankara e Damasco durante l’ultimo decennio.

«Mentre stavo chiacchierando con altri ministri, ho scambiato due parole anche con il ministro degli Esteri siriano” – ha affermato Çavuşoğlu in un discorso agli ambasciatori ad Ankara. «Dobbiamo in qualche modo fare i conti con l’opposizione e il regime in Siria. Altrimenti, non ci sarà una pace duratura».
Le osservazioni di Çavuşoğlu hanno innescato proteste diffuse nel nord-ovest della Siria, nelle città controllate direttamente dalla Turchia – come Afrin – e dai suoi gruppi alleati, nonché nella provincia di Idlib, roccaforte jihadista dove la Turchia ha anche una significativa presenza militare.

Durante la settimana l’esercito turco ha bombardato Kobanê, nel Nord-Est della Siria – città curda simbolo della liberazione dall’Isis – sia dal cielo che da terra; questi attacchi seguono una serie di uccisioni di civili con droni turchi delle settimane precedenti.

Se effettivamente Erdoğan sarà in grado di ottenere il via libera di Putin per una nuova offensiva, è ancora indefinibile e precoce, ma le proteste a seguito delle notizie hanno mostrato che se la Turchia dovesse cambiare le sue politiche in Siria, ciò innescherebbe anche una differente strategia troverebbe resistenza da parte delle fazioni militari affiliate.

Sabato, 20 agosto 2022 – n° 34/2022

In copertina: Recep Tayyip Erdoğan con il Segretario Generale UN António Guterres – Foto: UN/Eskinder Debebe

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