mercoledì, Novembre 27, 2024

Notizie dal mondo

Carovane Migranti

Confini di ieri, frontiere di oggi

di Laura Sestini

Come riporta il Manifesto condiviso di Carovane Migranti, dal 1993 sono morte 49 mila persone. Più di 28 mila dal 2014. Mille e settanta nel 2022. Morte soprattutto in mare, ma anche ai confini interni tra Irun e Hendaye, ai piedi dei Pirenei, sulle Alpi, nei Balcani e al confine della Polonia con la Bielorussia.

Rotte e confini che 83 anni fa sono stati immersi in uno dei momenti più distruttivi e sanguinosi della storia dell’umanità che non dobbiamo dimenticare, soprattutto nel contesto geopolitico contemporaneo.

Nella Carovana europea e internazionale Pirenei-Alpi 2022, la Caravana Abriendo Fronteras, Carovane Migranti, Tous Migrants, La couverture de la Memoire, Tunisie, Rete Antirazzista di Catania, Linea d’Ombra, LasciateCIEntrare, Proyecto Puentes de Esperanza, Red Regional de Familias Migrantes CA, Cofamicenh (Honduras), Associations des mères des migrants disparus, Bona Fide (Montenegro) Aguilas del desierto (Messico-USA) condividono esperienze, obiettivi, denunce e richieste.

Carovane Migranti nasce nel 2013 da un gruppo di amici torinesi che avevano interessi verso i Paesi Centro e Sudamericani e le rotte migratorie di quelle regioni. Da lì inizia tra loro una discussione politica con la convinzione che sarebbe successa la stessa cosa anche in Italia. Purtroppo, tutto ciò che stava accadendo in Sudamerica poi si attuerà anche nel Mediterraneo, ed ancor più lungo la Rotta balcanica. Nel 2014 parte la prima Carovana torinese verso la Spagna; attraversando le frontiere francesi e spagnole ha percorso le rotte migratorie europee lungo le quali centinaia di migliaia di persone attraversano da decenni frontiere di morte e di respingimento.

Curiosi di queste importanti attività di memoria svolte da semplici cittadini, abbiamo posto delle domande a Gianfranco Crua, torinese attivo di Carovane Migranti.

Come è nato il gruppo Carovane Migranti?

Gianfranco Crua – Il gruppo nasce in maniera informale, e non ha mai sentito la necessità di costituirsi in associazione o una organizzazione precostituita. Questa scelta preclude la possibilità di partecipare a bandi o ricevere dei finanziamenti, quindi le nostre attività sono tutte autofinanziate attraverso raccolte, collette, cene di solidarietà. Chi partecipa alle Carovane paga di tasca propria come per un qualsiasi viaggio.

Come si svolgono le attività delle Carovane?

Le nostre raccolte di soldi sono mirate ad invitare ogni anno, fin dalla prima Carovana, dei testimoni che arrivano da contesti migratori del Centro-Sudamerica: due, tre, a volte anche oltre le nostre possibilità abbiamo finanziato il viaggio a quattro persone. Queste persone sono legate a chi ha intrapreso un percorso migratorio, per esempio madri di migranti scomparsi, attivisti o difensori dei diritti umani. In ogni caso sono persone che regolarmente rischiano la vita, perchè camminano a fianco dei ‘veri’ migranti. Far partecipare chi davvero ha intrapreso personalmente delle rotte migratorie è più difficile dal punto di vista emozionale ed anche etico. Ci parebbe di presentare “l’orso che balla”. Sono stati i genitori a raccontare le storie dei figli, fino a quando questi non sono scomparsi.

Quando abbiamo adottato il nome, speravamo che se ne formassero altre di Carovane Migranti, quelle vere. Nel 2018 infatti si sono costituite con i migranti dell’Honduras, prima di 5 mila persone, poi 10 mila. Da allora abbiamo un po’ di pudore a rapportarci a questo appellativo, poiché la nostra è una Carovana che può muoversi liberamente tra i confini e costruisce reti e legami, a differenza dei migranti che vivono davvero sul loro corpo l’esperienza migratoria. Durante le nostre attività specifichiamo sempre che noi non ci paragoniamo a loro, bensì il nome lo avevamo adottato già qualche anno prima e deciso poi di mantenere.

Lei ha un ruolo specifico entro Carovane Migranti?

Non avendo una struttura, nessuno ha ruoli specifici. Siamo un gruppo che negli anni si è allargato, persone che entrano ed escono, magari studenti che poi si trasferiscono all’estero. Il nucleo è torinese e non abbiamo ruoli attribuiti. Siamo cittadini attivi.

Quindi Carovane Migranti racconta le storie dei confini migratori in Europa, o anche aiuta fattivamente i migranti?

Di Carovane ne facciamo un all’anno: dal 2019 in collaborazione con gli spagnoli di Abriendo Fronteras, gruppo di attivisti che ha la caratteristica di avere forte partecipazione. Uniti ai nostri piccoli numeri, ma con il valore aggiunto dei testimoni che invitiamo, ci siamo integrati benissimo; nei gruppi ci sono relazioni amicali straordinarie, ed ogni anno attendiamo con gioia di rivederci. Tra l’altro, alla nostra ultima Carovana, alla sosta in Val di Susa hanno partecipato anche Lorena Fornasir e il marito Gian Andrea, che avevamo anche incrociato a Trieste con la Carovana dei Balcani, ma il Covid ci impedì di svolgere le attività come programmato.

Durante l’anno lavoriamo sulla rotta che collega Trieste con Torino, Ulzio (Oulx) e la Francia e ciò significa fare assistenza con abbigliamento, cibo e le informazioni alle persone che prima giungono a Trieste da Lorena e Gian Andrea, poi transitano da Milano dove c’è un altro straordinario gruppo di supporto composto prevalentemente da donne. Una volta a Torino cerchiamo di dare informazioni corrette su come raggiungere Ulzio – dove c’è un rifugio ed una organizzazione collaudatissima di accoglienza – e su cosa attende ai migranti durante il percorso. Durante il 2021 ad Ulzio sono passate circa 13 mila persone, tutte riuscite ad entrare in Francia. Questo significa anche la porosità della frontiera e molte storie delle Polizie da una parte e dall’altra del confine.

Un progetto di accoglienza

Ad un certo punto del nostro percorso abbiamo pensato di realizzare un Progetto di Accoglienza, ma discutendone ci siamo resi conto che c’era già chi lo faceva meglio di noi, e poi avremmo dovuto costituirci obbligatoriamente in una organizzazione riconosciuta. Nel 2017/18 a Cuneo sono arrivati un gruppo di migranti, redistribuiti sul territorio e finiti in un Cas – Centro di Accoglienza Straordinaria, che ad oggi costituiscono la modalità ordinaria di accoglienza – gestito da soggetti contigui alla ‘ndrangheta, (la gestione dei Cas è in appalto dagli Enti locali) che Salvini attribuiva invece alle “cooperative rosse”. Questi guadagnavano fior di quattrini con i famosi 35 Euro al giorno, poi decurtati proprio dal Decreto Salvini, non fornendo adeguata alimentazione agli ospiti, costituita esclusivamente da pasta a pranzo e cena, ed i servizi inclusi nella quota giornaliera attribuita ad ogni persona migrante. Quindi ci siamo attivati per una campagna di “Mala Accoglienza” a Cuneo, che ci ha procurato anche delle denunce, ma alla fine siamo riusciti a far chiudere il Centro Cas.

Infine, ci siamo convinti che le iniziative anche piccole come la nostra, sparpagliate in tutta Italia – e ribadiamo l’immenso lavoro che Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi stanno facendo a Trieste, nonostante i rischi che corrono – valgono molto di più di tutta la politica degli ultimi anni messa insieme, che non conclude niente in nessun campo, specialmente della sinistra. Benvengano tutti ‘i puntini’ sparsi in Italia.

Qualche aneddoto su Carovane Migranti nei Balcani?

Il percorso e l’organizzazione della Carovana nei Balcani è stata prodigiosamente strutturata da Vesna Šćepanović che, un po’ come abbiamo fatto nella Carovana spagnola, ha messo insieme le frontiere del passato e quelle attuali. Per esempio i campi francesi per gli esuli dal franchismo hanno delle assonanze con quelli che chiamiamo campi di accoglienza a Lesbo e nei Balcani, che poi diventano campi di concentramento e di morte, mentre tutti farfugliano che la storia non si ripeterà uguale. Vesna, nei Balcani, ha organizzato incontri con gruppi e singoli che lavorano sulla rotta migratoria – cito per tutti Ruka Sabina Talović, membro della rete Women in Black, che opera nelle foreste di Pljevlja in Montenegro insieme ad un’altra donna e la figlia di questa. Naturalmente le tre donne lavorano da sole, attente ai nazionalismi ri-nascenti di quelle regioni – dove hanno visto passare ed aiutato circa 10 mila persone.

Ruka Sabina Talović e The Woman in Black durante una commemorazione di Srebrenica

Parallelamente alle storie ed ai luoghi dei migranti, Vesna ci ha guidati nelle località della guerra dei Balcani, di cui molte cose sono rimaste uguali agli Anni ’90, come i nazionalismi che continuano a covare sotto le braci – Kossovo e Serbia lo dimostrano. La tematica delle migrazioni sono il fiammifero per appiccare il fuoco del nazionalismo. Sabina Talović infatti è attaccata continuamente dai Serbi: in primis perché è dichiaratamente antifascista e femminista, ma soprattutto perché aiuta i migranti, la valvola di sfogo dei nuovi movimenti nazionalisti.

Dal Montenegro abbiamo compreso che anche l’Ucraina non è molto distante e che quella guerra può di nuovo infuocare tutta la regione balcanica. Per fare un parallelo, i Balcani assomigliano sempre più al Messico delle rotte migratorie. Se un migrante scomparire nel Mediterraneo non se ne accorge nessuno, ad esclusione dei parenti che lo cercano. Nei Balcani, se tu entri da una frontiera teoricamente devi uscire da qualche altra lungo la rotta. Se questo non accade, vuol dire che ci sono delle sparizioni forzate, ed infatti si è già costituita una pagina Facebook di madri e familiari che cercano i loro figli in quel percorso migratorio, con le stesse dinamiche delle madri Centro-americane che cercano i loro congiunti, foto in mano o stampata su una maglietta e il luogo dove è stato visto l’ultima volta il figlio, il marito o il parente. E’ evidente che se la polizia ti trova, una volta ti picchia e ti respinge, un’altra ti può ammazzare. Bisogna fare molta attenzione su quello che succede nei Balcani con i migranti. Ho letto recentemente un report sui confini tra Turchia e Bulgaria, dove ci sono bande di polizie private, legionari, molto coperte dagli Stati, che hanno un motto proprio su cui agire: “Se ti troviamo, ti ammazziamo e ti seppelliamo”.

In Messico ci sono carovane di madri poverissime che ottengono un visto provvisorio per cercare i loro figli nelle carceri, nei luoghi di incontro, nei postriboli, con le foto dei figli appese al collo. Da noi per ora questa modalità è fantascienza, ma prima o poi dovremmo dare chance alle madri degli scomparsi, in Mediterraneo o nei Balcani, così come nella rotta spagnola, di cercare i figli. Sembra invece – per la politica europea – che più ne scompaiono, meglio è.

Il Lenzuolo della Memoria, ricamato durante la Carovana spagnola 2022 con i nomi dei migranti sudamericani e tunisini scomparsi. Foto da profilo Fb di Carovane Migranti

L’ultima Carovana ha valicato i confini di Francia e Spagna: quale è stato l’obiettivo ed il messaggio da diffondere?

Le politiche migratorie italiane ed europee sono disastrose. Essere un migrante alla frontiera significa subire grandi violenze ed essere respinto dall’altra parte; l’accoglienza in Italia cerchiamo di farla in maniera peggiore possibile, infatti tanti scappano, mentre nel frattempo troppi continuano a morire. I Governi fanno finta di capire, ma sanno benissimo come funziona e continuano a spostare le frontiere più a Sud. Negli Stati Uniti questo è già stato attuato venti anni fa con il Messico.

Nonostante lo spostamento delle linee di controllo, i migranti continuano a passare, ma i rischi sono sempre più elevati. Quando il rischio di vita-morte aumenta, chi vuole attraversare una frontiera si mette preferibilmente nelle mani dei trafficanti, quindi non è un caso che poi si trovino in Messico, in Texas, camion con 50 persone ammassate morte da soffocamento. Le persone pagano per il ‘servizio’ di trasporto, e come succede in Messico verso gli Usa, succede nel Mediterraneo, nella rotta balcanica ed anche in quella iberica. Coloro che affrontano il viaggio individualmente rischiano la vita mille volte in più ed il meccanismo è uguale ovunque: se uno ha un problema fisico e va più lento, lo lasci indietro in pasto a tutte le polizie corrotte e gruppi di banditi di ogni sorta.

Mentre fa sempre meno notizia anche la guerra in Ucraina con decine di migliaia di morti all’attivo, nessuna speranza che i migranti in questo contesto storico possano ricevere attenzione.

La Carovana Pirenei-Alpi 2022 ha viaggiato per dieci giorni, allacciando relazioni con nuove persone e associazioni nei luoghi che abbiamo visitato, organizzando attività insieme. Un fatto che ci ha particolarmente turbato è il linguaggio ed i simbolismi, riesumati ai giorni nostri, che abbiamo riscontrato nei campi di accoglienza per esuli dal franchismo a Sud della Francia – come quello di Gurs – che poi andranno trasformandosi in campi di concentramento per coloro che volevano rifugiarsi in Sudamerica.

Tra il 1939/40 a Argelès-sur-Mer passeranno centinaia di migliaia di spagnoli repubblicani che cercano di trasferirsi oltreoceano: circa un milione di persone riceveranno asilo in Messico e America del Sud, mentre molti saranno respinti verso la Spagna. Quegli stessi campi in seguito diverranno luoghi di detenzione per gli Ebrei in attesa di essere trasferiti nei campi di sterminio in Germania e Polonia.

E’ impressionante vedere come le dinamiche di repressione sono sempre le stesse. Il controllo su questi campi francesi veniva esercitato da militari francesi d’Oltremare, principalmente africani – senegalesi, maliani, camerunensi – arruolati dai territori delle ex-colonie (una specie di riscatto sociale da repressi a repressori? n.d.r.). I francesi non si sporcavano direttamente le mani, e questo ricorda molto gli attuali CPR italiani – Centri di permanenza per i rimpatri – la cui gestione viene data in appalto a società esterne, anche straniere.

L’ultimo giorno di Carovana, già rientrati a Torino, abbiamo fatto un presidio davanti al CPR della città, tema sensibile anche per gli spagnoli, che è situato all’interno di quartiere dove tutti dalle finestre possono vedere cosa succede dentro, dove i migranti vivono chiusi dentro gabbie nell’indifferenza generale.

Le assonanze tra passato e presente sono moltissime. Naturalmente oggi in Francia non esistono più quei campi di concentramento: sulla spiaggia di Argelès-sur-Mer ci sono dei monumenti commemorativi dove i turisti passano ma nessuno si ferma a leggere, con la pretesa che qualcuno conosca la storia di 80 anni prima.

La Carovana su quei luoghi si è fermata, con la sorpresa dei bagnanti, per pronunciare dei discorsi, che hanno suscitato qualche curiosità e stimolato domande di qualche passante.

Sul quel luogo, la Madre tunisina che cerca dal 2011 i suoi figli dispersi nel Mediterraneo ha pronunciato delle parole davvero toccanti a nome di tutte le Madri tunisine, dopo aver saputo cosa era successo molti anni prima, proprio lì. Un momento di profondo raccoglimento. Questa Madre è una delle testimoni che abbiamo invitato per il 2022, insieme ad un’altra a cui non è stato concesso il visto, poiché quando è riuscita ad andare all’estero ha parlato in maniera molto, ‘troppo’ schietta, quindi è preferibile non farla uscire dalla Tunisia.

Gli obiettivi principali delle Carovane sono di mettere in parallelo passato e presente, situazioni migratorie di ieri e di oggi, che purtroppo hanno molte similitudini seppur in contesti storici differenti. Allacciare relazioni con persone ed associazioni di altri Paesi vicini allarga la consapevolezza, sia della dimensione dei fenomeni di passaggio dei migranti che delle pratiche di violenza che questi subiscono alle frontiere interne dell’Europa. Cerchiamo di far emergere le storie collettive di queste persone, per esempio di quanti muoiono affogati nel fiume Bidasoa cercando di passare il confine tra Spagna e Francia, nei pressi della città di Irun nella regione basca.

Il messaggio per tutti è di aumentare la consapevolezza di ciò che ci accade intorno, per mantenere una dimensione di umanità; anche come singoli cittadini possiamo compiere sempre un’azione, tendere una mano, per dare aiuto a chi ne ha bisogno.

Madre honduregna alla ricerca del figlio
Foto da profilo Fb di Carovane Migranti

https://www.facebook.com/carovanemigranti/videos/744143460231083 : commemorazione degli esuli fuggiti da Argelès-sur-Mer, nel Sud-est della Francia, dal dove passarono almeno 100.000 rifugiati repubblicani in fuga dalle truppe franchiste

Versione in francese dell’intervista: https://www.theblackcoffee.eu/carovane-migranti-2/

Sabato, 27 agosto 2022 – n° 35/2022

In copertina: alcune delle Madri Tunisine che cercano i figli scomparsi nel MediterraneoFoto da profilo FB di Carovane Migranti

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