Es sollten 16 fröhliche Tage werden…
von Hanns Spazierer
Am Tage der Eröffnung der Spiele war ich ein 12 jähriger Bursche. Wie im August in meiner Familie üblich, verbrachte ich die Ferien am Meer. Im Sommer 1972 waren wir in Brela, in der Nähe von Split, im damaligen Jugoslawien. Mein Vater besaß ein kleines Boot und wir fuhren auf die gegenüberliegende Insel Brac. Es war ein sonniger, heißer Tag. Ich erinnere mich, dass wir die Eröffnungsfeier in einem Cafe am Strand sehen konnten.
München ’72 war bunt und technisch auf dem neuesten Stand, die Welt wurde über vier Satelliten verbunden, über Koaxial-Kabel vernetzt. 210 Kameras, davon 135 Farbkameras, sogar Unterwasserkameras. Im Olympiastadion war es auch nachts taghell, wegen der neuen Flutlichtanlage von Osram, ein Weltwunder mit 550 Strahlern.
Die Leute in Israel sahen also in ihren neuen Fernsehern, wie Esther Shachamorov am 4. September im Vorlauf über 100 Meter Hürden 13,17 Sekunden rannte. Mehr dazu später.
Die so fröhlich Olympischen Spiele von München waren konsequent auf Fernsehtauglichkeit gedrillt. Das Sendekonzept war perfekt, das Sicherheitskonzept lausig. Olympia ’72 war ein Fest der Bilder, ein Segen für die Sportler, die Fernsehleute, aber halt auch für die Terroristen.
Die Zuschauerzahl der Spiele damals wird noch immer in einem Schaukasten im Münchner Olympiapark ausgestellt: eine Milliarde Menschen in 98 Ländern.
Während es ein ungenügendes Sicherheitskonzept für diese Spiele gab – das Sendekonzept war umso ausgefeilter.
Als gebürtiger Münchner Bursche war ich völlig fasziniert von den schönen Bildern im Fernsehen. Mein Vater erzählte mir auch von den Olympischen Spielen, die er (geb. 1918) im Alter von 18 Jahren erlebt hat. 1936! „Damals in Berlin, es gab keine bunten Fahnen“; mehr sagte er nicht. In Deutschland wollte man davon nichts mehr wissen – jetzt wo die Welt auf München blickt. Fröhliche Spiele ohne Schatten der Vergangenheit.
Nach der Live Übertragung der Eröffnungsfeier im Fernsehen fuhren wir wieder zurück – wir waren wie besoffen von den Bildern. Während der Überfahrt von der Insel aufs Festland kam plötzlich ein Sturm auf. DIE BORA! Beinahe wäre das Boot gekentert. Wir waren nicht mehr fröhlich, wir hatten den Tod vor Augen. Ein Menetekel für das was einige Tage später passierte.
Palästinensische Terroristen des „Schwarzen September“ dringen am Morgen des 5. September 1972 in die Unterkunft der Israelischen Sportler ein und wollten 200 Terroristen freipressen.
Die Kameras liefen und liefen, diese Sichtbarkeit befeuerte das Verhängnis. Die Palästinenser haben keine Gesinnungsgenossen freigepresst, ihre Forderungen wurden nicht erfüllt, fünf von ihnen starben noch an Ort und Stelle. Aber sie wollten Sichtbarkeit, so gesehen hatte ihre Mission Erfolg, Palästina als Land, als Volk, als Thema schaffte es weltweit ins Bewusstsein.
Zu Beginn der Geiselnahme wurden die Spiele zunächst fortgesetzt (!) und erst nach Protesten zahlreicher Teilnehmer und Besucher unterbrochen. Nach dem Tod der israelischen Sportler blieben die Spiele für einen halben Tag unterbrochen. Nach einer Gedenkstunde im Olympiastadion ließ der IOC Präsident sie fortsetzen. Berühmt wurde auch der Ausspruch Brundages „The games must go on“.
Das Halbfinale, für das sich Esther Shachamorov qualifiziert hatte, fand am 7. September statt, aber in den Ergebnislisten steht DNS neben ihrem Namen, DID NOT START. Sie trat nicht mehr an, inzwischen hatten die palästinensischen Terroristen das Team Israel überfallen und elf Sportler umgebracht, auch Amitzur Schapira: Shachamorovs Entdecker, Mentor, Trainer.
Weil die Opferfamilien angekündigt haben nicht zu den Gedenkfeierlichkeiten am 5.9.2022 nach München zu kommen, hat die Bundesregierung – aus Angst vor einer Blamage – einer Entschädigung in Höhe von 22,5 Mio Euro als Anerkennung des Leids der Hinterbliebenen der elf Ermordeten zugestimmt.
Bis heute erhielten die Familien 2 Mio Euro…
50 anni dai Giochi Olimpici di Monaco di Baviera
Dovevano essere sedici giorni felici…
traduzione di Haans Spazierer/Laura Sestini
Il giorno dell’apertura dei Giochi ero un ragazzino di 12 anni. Come era consuetudine nella mia famiglia, in agosto trascorrevo le vacanze al mare. Nell’estate del 1972 eravamo a Brela, vicino a Spalato, nella Jugoslavia di allora, oggi in Croazia. Mio padre possedeva una piccola barca e ci spostammo sull’isola di Brac, di fronte alla città. Era una giornata di sole e di calura. Ricordo che guardammo la cerimonia di apertura dei Giochi in un caffè sulla spiaggia.
Monaco ’72 era colorata e tecnicamente all’avanguardia, il mondo era connesso tramite quattro satelliti, collegati in rete tramite cavo coassiale, 210 fotocamere, di cui 135 a colori, anche subacquee. Lo stadio olimpico era illuminato a giorno – anche di notte – grazie al nuovo impianto di illuminazione di Osram, una meraviglia del mondo con 550 fari.
In questa maniera il popolo israeliano ha potuto guardare, sui propri nuovi televisori, Esther Roth-Shahamorov correre in 13,17 secondi nella manche preliminare dei 100 metri a ostacoli il 4 settembre.
Le Olimpiadi di Monaco, molto allegre, erano costantemente sottoposte a un esame di idoneità televisiva. Il concetto di trasmissione era perfetto, ma quello di sicurezza pessimo. Olympia ’72 fu una festa di immagini, una benedizione per gli atleti, per il popolo televisivo, ma anche per i terroristi.
Il numero di spettatori televisivi dei Giochi di allora è tuttora esposto in una vetrina nel Parco Olimpico di Monaco: un miliardo di persone da 98 Paesi.
Mentre il concetto di sicurezza per quei Giochi olimpici risultò inadeguato, il concetto di “trasmissione” si rivelò molto sofisticato.
Essendo un ragazzo di Monaco di Baviera, ero completamente affascinato dalle bellissime immagini trasmesse in TV. Mio padre mi parlò anche dei Giochi Olimpici, che lui – nato nel 1918 – aveva vissuto all’età di 18 anni. 1936! “Allora a Berlino non c’erano bandiere colorate”, non disse altro. In Germania nessuno voleva più sentirne parlare, ora che il mondo guardava a Monaco. Giochi felici senza ombre del passato.
Dopo la trasmissione in diretta della cerimonia di apertura in TV, siamo tornati indietro – eravamo ubriachi dalle immagini. Durante la traversata dall’isola alla terraferma improvvisamente si alzò una tempesta. LA BORA! La barca quasi si capovolse. Non eravamo più felici, affrontammo la morte. Fu un segnale di avvertimento per quanto sarebbe accaduto pochi giorni dopo: la mattina del 5 settembre 1972, i terroristi palestinesi del “Settembre Nero” fecero irruzione negli alloggi degli atleti israeliani con l’intenzione di liberare 200 palestinesi.
Le telecamere giravano e giravano, quella visibilità alimentò la fatalità. I palestinesi non riuscirono a riscattare nessuno dei loro compagni d’armi, le loro richieste non furono accordate e cinque di loro morirono sul posto. Ma cercavano visibilità, e in questo senso la loro missione era perfettamente riuscita: la Palestina come Paese, come popolo, come questione, era entrata nella coscienza di tutto il mondo.
All’inizio della cattura degli ostaggi, i giochi continuarono (!) il loro corso, interrotti solo dopo le proteste di numerosi partecipanti e spettatori. Dopo la morte degli atleti israeliani, i giochi rimasero sospesi solo per mezza giornata. Dopo un’ora di commemorazione nello stadio olimpico, il presidente del CIO – Comitato olimpico – diede il permesso di continuare. Anche la frase di Avery Brundage “The games must go on” divenne famosa.
La semifinale, per la quale Esther Shachamorov si era qualificata – era la prima atleta israeliana qualificatasi a delle finali olimpiche nella sua specialità – si svolse il 7 settembre, ma nelle liste dei risultati, accanto al suo nome fu scritto DNS, DID NOT START. Nel frattempo, i terroristi palestinesi avevano attaccato il team israeliano uccidendo undici atleti, tra cui lo scopritore, mentore e allenatore di Shachamorov.
Poiché i familiari delle vittime hanno annunciato che non sarebbero intervenuti alla cerimonia di commemorazione del 50° anniversario – organizzata a Monaco di Baviera per il prossimo 5 settembre – il Governo federale, temendo l’imbarazzo, ha approvato un risarcimento di 22,5 milioni di Euro, quale riconoscimento delle sofferenze dei superstiti, a causa degli undici familiari assassinati.
Ad oggi le famiglie hanno ricevuto 2 milioni di Euro…
Sabato, 3 settembre 2022 – n° 36/2022
In copertina: Memoriale dell’attacco terroristico – Foto: Andreas Thum – Licenza CC BY-SA 3.0