La marcia a Bruxelles della carovana internazionale per i diritti dei migranti
di Barbara Micheloni
- La manifestazione a Place du Luxembourg a Bruxelles
Place du Luxembourg a Bruxelles è per tradizione la sede in cui si svolgono le dimostrazioni e i presidi, l’agorà dove si riunisce chi vuole dare visibilità europea alla propria causa, in un avvicendarsi a volte concitato di manifestanti e battaglie civili di vario genere.
Lo scorso 1 ottobre qui – nel cuore istituzionale dell’Europa fortezza – si è tenuta una manifestazione internazionale di denuncia delle politiche migratorie europee, delle morti ai confini (49.000 è il numero spaventoso delle vittime dal 1993) e per la regolarizzazione amministrativa delle persone migranti che risiedono senza documenti negli Stati membri. Parallelamente alle azioni pubbliche di denuncia, si è svolto un Summit dei popoli sulla migrazione, che ha visto la partecipazione di almeno 250 persone appartenenti a 150 organizzazioni (collettivi di sans papiers, associazioni, sindacati, collettivi di famiglie degli scomparsi) di 18 paesi (Algeria, Belgio, Brasile, Spagna, Francia, Ghana, Grecia, Italia, Mali, Marocco, Messico, Montenegro, Niger, Olanda, Serbia, Svizzera, Tunisia) con la finalità di favorire e rafforzare gli scambi strategici tra i diversi movimenti e costruire proposte concrete di advocacy e mobilitazione transnazionali.
A pochi metri dalla dimostrazione di supporto alla lotta delle donne iraniane, la babele di lingue e di etnie dei carovanieri si alterna sul palco, tra lo sventolare delle bandiere blu con il logo e lo slogan della marcia “Rights! No deaths”, striscioni e cartelli a forma di lapide con i nomi dei “morti di frontiera” e il lenzuolo della memoria, portato dalle attiviste di Carovane Migranti di Torino, con i nomi, ricamati con filo rosso su sfondo bianco, dei migranti uccisi ai confini interni ed esterni dell’Europa. Negli interventi spontanei, scanditi dalle percussioni del Collettivo di sans papiers Zona neutra di Bruxelles, si racconta la storia collettiva e individuale di lotta per i diritti; tra i tanti, un gruppo di rifugiati siriani, un rapper andaluso, un cantastorie berbero marocchino, una lavoratrice domestica honduregna, i molti africani senza documenti che vivono e lavorano in Francia e Belgio.
- Le tappe della Carovana Rights! No deaths!
La manifestazione, organizzata da 23 organizzazioni di diversi paesi dell’UE e dei paesi di origine, tra cui la spagnola Caravana Abriendo Fronteras, è l’evento finale della marcia “Rights! No Deaths” – Diritti! Non Morti! – partita il 26 settembre dai Paesi Baschi e che ha fatto tappa a Poiters, Parigi , Calais e Liegi. In ogni città i partecipanti hanno incontrato collettivi e associazioni locali attivi nell’accoglienza e nella difesa dei diritti dei migranti e svolto azioni pubbliche di denuncia.
A Irun e Calais, luoghi di confine, sono stati ricordati con azioni commemorative pubbliche gli scomparsi che hanno perso la vita nel tentativo di attraversare la Frontiera, quella montuosa tra Spagna e Francia e quella marittima del Canale della Manica. A Parigi, presso la sede della Borsa del Lavoro, si è tenuto un incontro tra vari collettivi di sans papiers alla presenza di una delegazione dei lavoratori postali di Chronopost del distretto di Evry, in sciopero da 11 mesi contro lo sfruttamento lavorativo dell’azienda che approfitta della condizione di ricattabilità dei dipendenti migranti, molti dei quali senza documenti, pagando salari di 600 euro per giornate di lavoro di 10-12 ore senza riposo.
A Liegi, insieme agli attiviste del CRACPE – Collettivo di Resistenza contro i Centri per l’Espulsione gli Stranieri – è stato organizzato un presidio sotto le mura del CIE, Centro di Detenzione e Rimpatrio dei migranti irregolari, per chiederne la chiusura e manifestare la solidarietà con i detenuti, imprigionati per il solo fatto di essere stati fermati e trovati senza documenti. Come i nostri CPR, qui in Belgio e ovunque in Europa, questi centri sono una zona grigia di assenza di diritto, una frontiera interna agli Stati dove la violenza sui migranti si perpetua, causando un numero sempre maggiore di casi di autolesionismo e tentativi, spesso riusciti, di suicidio tra i rinchiusi. Il mantenimento di questi centri, inoltre, ha un costo economico rilevante per i contribuenti europei.
Il medesimo giorno, una delegazione della Carovana ha incontrato un gruppo di parlamentari della Commissione Migrazione del Parlamento Europeo, portando le proprie rivendicazioni, tra cui la denuncia del business dei rimpatri per i governi dei paesi di origine, a fronte delle ingenti somme che le famiglie sono costrette a pagare per riportare a casa i corpi dei propri cari (Jalila Taamallah, madre tunisina di due figli scomparsi nella traversata del Mediterraneo), i costi della esternalizzazione del contenimento dei migranti nei paesi terzi (Hassane Boukar del Niger), l’uso sistematico e impunito della violenza sulla rotta balcanica (Leandro Navarro, di No Name Kitchen e Sabina Talovic, attivista montenegrina di Bona Fide). Sophie Duval di CCFD -Terre Solidaire di Parigi, ha poi concluso chiedendo di porre fine al finanziamento della violenza alle frontiere e alla stesura di accordi da parte dell’UE con paesi che non rispettano i diritti umani (come non pensare al rinnovo del Memorandum di intesa Italia Libia da parte del nostro governo?).
Durante il weekend, poi, i carovanieri hanno avuto la possibilità di partecipare, oltre che ai sei workshop tematici del summit dei popoli (Esternalizzazione delle frontiere; Accoglienza e solidarietà locale; Criminalizzazione delle migrazioni e della solidarietà; Neocolonialismo, crisi e migrazioni; Lotta per la regolarizzazione e accesso ai diritti sociali; Documentazione, memoria e giustizia attorno alla violenza di frontiera), a varie attività come l’incontro per la Marcia mondiale delle Donne, visite a case occupate dai sans papiers organizzati, un lobby tour nel quartiere europeo per conoscere le implicazioni dell’UE nel traffico di armi, una visita tematica sulla memoria coloniale e di lotta contro la discriminazione e un incontro presso la Chiesa del Beguinage occupata da mesi da migranti irregolari, protagonisti lo scorso anno di un lungo sciopero della fame e della sete per la regolarizzazione.
- Voci dalla Carovana
«Vengo da una terra nella quale non si accetta la diversità da 30 anni, dal tempo della guerra di Yugoslavia, dove non si ama l’altro o il diverso. Vengo da una zona dove le persone in cammino non sono considerate esseri umani. Chi cerca di aiutarli e difenderne i diritti umani spesso viene discriminato, umiliato e perfino, come nel mio caso, aggredito fisicamente. (…) grazie per non lasciare sole le donne attiviste…» – Sabina, attivista del Montenegro.
«Vogliamo la libertà di circolazione per i nostri figli. Per i nostri governi, questo è solo un business» – Jalila, madre dell’associazione famiglie degli scomparsi, Tunisia.
“Non avere i documenti significa non poter entrare in un paese, nè avere alloggio, lavoro, formazione. Usciamo a lottare insieme, sì, però voi dopo tornate a casa e dormite tranquilli, mentre noi viviamo con una angoscia perenne, con l’incertezza, la paura di un controllo di polizia che ci può fare rinchiudere in un CPR. Quando manifestiamo o incontriamo i politici, noi donne siamo sempre in prima fila, dietro stanno gli uomini e i bambini, è la nostra strategia” (Sandrine “la voce des Sans Papiers”, Liegi, Belgio).
“Hier hier colonisés aujourd´hui exploités
demain, demain, régularisés
On s’en fout, on est chez nous”
Ieri colonizzati, oggi sfruttati, domani regolarizzati, non ce ne frega niente, siamo a casa nostra
“Sans papiers et sans droits, écrasés par la loi
senza documenti e senza diritti, schiacciati dalla legge
(Slogan dei sans papiers organizzati di Parigi)
«Le imprese sanno perfettamente in che situazione siamo. Dobbiamo lavorare con i documenti di un “alias” , qualcuno che ci lascia i suoi e si prende una percentuale. Oggi mi chiamo Mamadou, domani Mohamed o Sidi. Lavoriamo e versiamo i contributi in Francia da molti anni però non possiamo beneficiare di questa contribuzione per la sanità, nè per gli infortuni o la pensione, non possiamo andare a trovare le nostre famiglie al paese nè passeggiare liberamente, prendere un biglietto dell’autobus su Internet, pagare con la carta di credito o affittare con il nostro vero nome….E così veniamo con voi a Bruxelles, perchè ascoltino la nostra voce!!!» – lavoratore sans papiers di Chronoposte, Parigi.
«Noi non ci muoviamo, abbiamo paura. Abbiamo pagato migliaia di euro per venire, abbiamo molti debiti da pagare e lavoriamo senza sosta» – Nayan, giovane del Bangladesh, rappresentante dei collettivi dei lavoratori asiatici sans papiers.
« (…) Perchè da quello che permettiamo che avvenga alla frontiera, dipenderà ciò che avverrà nel resto del mondo. Le frontiere sono uno spazio di lotta, di resistenza e dove si tessono reti e alleanze. Senza la lotta e l’intersezionalità delle lotte non ci sarebbero diritti, quindi continueremo ad impegnarci per costruire vite che meritino di essere vissute, perché ne va della vita stessa» – dalla Conclusione in plenaria del Summit dei Popoli, Bruxelles.
- Oltre la Carovana
Le attività degli attivisti e delle attiviste continuano. I fronti su cui impegnarsi per la difesa dei diritti sono molti: dalla campagna per la chiusura dei CPR, a quella per l’apertura dei porti alle navi umanitarie che soccorrono i naufraghi, alle azioni di supporto alle famiglie dei migranti scomparsi sulle rotte migratorie nel Mediterraneo, come in Centro America. A questo proposito è da poco nato Mem.Med – Memoria Mediterranea, un progetto per ritrovare i dispersi in mare nato da una rete di associazioni della società civile con l’obiettivo di fornire aiuto legale e psicologico gratuito ai famigliari.
Le varie reti europee stanno lavorando alla definizione di nuove percorsi per le carovane dei mesi a venire: lo scenario geopolitico, la devastazione ambientale, la grave crisi economica e l’aumento delle diseguaglianze interne e internazionali, unite alla crescita delle destre xenofobe e sovraniste, impongono un impegno costante di denuncia e resistenza. Difendere i diritti delle persone migranti, in fondo, significa lottare per i diritti di noi tutti.
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https://www.theblackcoffee.eu/لماذا-نفر-من-تونس؟/ – articolo in arabo, italiano e francese
https://www.theblackcoffee.eu/familles-entieres-fuient-la-misere-de-la-tunisie/ – articolo in francese e italiano
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Sabato, 6 novembre 2022 – n° 45/2022
In copertina: manifestazione a Bruxelles – Tutte le immagini sono di Archivio Carovane migranti Torino