Le manovre occulte dell’assalto alla capitale
di Marco Balzi
Sette giorni dopo l’insediamento del Presidente Inácio Lula da Silva a Brasilia, nella Piazza dei Tre Poteri è andato in scena uno spettacolo vergognoso e raccapricciante: svariate migliaia di militanti di destra hanno assalito il luogo simbolo della democrazia brasiliana. Il “Plano Piloto”, progettato da Oscar Niemeyer e Lucio Costa, oggi Patrimonio culturale dell’umanità, ha una pianta che volutamente ricorda un aereo: la coda è il monumento a Juscelino Kubitscheck, il Presidente che decise la costruzione di Brasilia e il trasferimento della capitale da Rio de Janeiro; la fusoliera è formata dai palazzi dei ministeri divisi da una grande spianata e da due viali paralleli; le ali, Ala A e Ala B, ospitano le ambasciate e le residenze dei funzionari pubblici; la prua è formata, a sinistra dal Planalto, l’ufficio presidenziale, a destra dal Supremo Tribunale Federale, al centro i due rami del Parlamento; la punta dell’aereo è rappresentata da un enorme pilone che sorregge la bandiera nazionale.
L’ Esplanada dos Ministerios, e la Piazza dei Tre Poteri sono uno dei luoghi più protetti del Brasile, senza contare che a poche decine di metri dal Planalto si trova lo Stato Maggiore della Difesa. Evidentemente, solo contando sulla complicità di altissimo livello gli assalitori hanno potuto compiere simili devastazioni, ma ciò che è accaduto domenica 8 gennaio è stato possibile soprattutto grazie alla incessante attività di manipolazione dell’opinione pubblica ad opera dei seguaci di Bolsonaro.
La prima grande menzogna era stata propalata già nel 2021 preannunciando che le elezioni di novembre 2022 sarebbero state frodate a danno di Bolsonaro. In Brasile non si vota come nella maggior parte del mondo, non si usano schede su cui apporre segni con la matita, ma si usano urne elettroniche dove si deve digitare il codice del candidato. I voti rimangono memorizzati nell’urna e vengono estratti solo a fine elezione.
Bolsonaro, nonostante fosse stato eletto nel 2018 con questo sistema, quando i primi sondaggi del 2022 evidenziarono la sua ineluttabile sconfitta, dichiarò che non avrebbe accettato il voto elettronico e che il risultato scontato della vittoria di Lula sarebbe stato frutto di brogli. Oggi ci sono milioni di brasiliani convinti di essere stati derubati del loro voto.
Contestualmente la campagna di delegittimazione dell’avversario si orientò su presunte intenzioni del PT – “Partido dos Trabalhadores”- e di Lula di avviare un processo di statalizzazione dell’economia in totale disprezzo dell’iniziativa e della proprietà privata. La campagna, sostenuta da stampa connivente e sui social media, iniziò a instillare nell’opinione pubblica la paura del Comunismo e della imminente perdita di libertà.
Questo tipo di propaganda politica, che abbiamo imparato a conoscere anche in Europa e negli USA, è ben nota da tutti i servizi di intelligence e dalle Difese dei paesi più evoluti tanto che la dottrina militare dei membri della NATO ha aggiunto ai classici domini, teatro dei conflitti armati, cielo, mare, terra e spazio, anche il dominio cibernetico.
La capacità di manipolare le opinioni pubbliche creando sfiducia o indignazione, rabbia o paure, può essere tanto letale quanto il lancio di missili. In Brasile queste tecniche hanno trovato terreno fertile per la bassa o bassissima scolarità di buona parte della popolazione, per l’impossibilità di verificare l’attendibilità di centinaia di fake quotidiane, per la diffusa insicurezza del domani data la scarsissima propensione al risparmio famigliare.
Al coro dei conservatori spaventati si era già aggiunta da tempo buona parte della Chiesa evangelica. Gli evangelici in Brasile sono circa 30 milioni. Professano la loro fede aderendo a poco meno di 180.000 congregazioni scollegate tra loro e in grado di sopravvivere grazie alle esenzioni fiscali dello Stato e alle sottoscrizioni dei fedeli: i pastori sono ricchi e spesso scappano con la cassa, i fedeli poverissimi, ma disposti a qualunque sacrificio pur di conquistarsi il Paradiso perché, spesso, l’Inferno lo vivono quotidianamente e senza alcuna speranza di migliorare le loro condizioni materiali.
Queste chiese hanno osteggiato aspramente Lula e appoggiato massicciamente Bolsonaro insieme a parte delle forze armate e delle forze di polizia, corteggiate con aumenti di stipendio, privilegi e incarichi prestigiosi: venti alti ufficiali ricoprivano ruoli di governo come ministri o sottosegretari!
L’8 gennaio i dimostranti hanno messo a ferro e fuoco Brasilia perché convinti fanaticamente di essere vittime di ingiustizia e di rappresentare l’avanguardia di una vasta parte del popolo brasiliano. Il rischio reale è che non sia finita qui. Infatti, l’imminente mandato di cattura per Bolsonaro, che difficilmente rientrerà in Brasile, il siluramento dei vertici militari e delle varie polizie che si sono resi complici attivi dell’assalto alla democrazia brasiliana non risolvono le contraddizioni in seno al popolo. Il prossimo test per la tenuta del legittimo governo eletto si svolgerà con molta probabilità a Rio de Janeiro.
La “cidade maravilhosa” è la culla del Bolsonarismo e a lui rispondono le milizie che contendono ai “narcotraficantes” il controllo delle comunità povere urbane. Queste milizie nacquero come fenomeno spontaneo per difendere le popolazioni delle Comunità (il termine “favela”, dispregiativo, viene considerato non politicamente corretto) dai soprusi dei trafficanti, ma ben presto per sopravvivere iniziarono anche loro a vessare la popolazione, finendo per contendere la gestione del traffico di stupefacenti ai narcos. Le milizie oggi controllano vasti territori urbani e centinaia di migliaia di voti, possiedono una notevole capacità militare e, grazie alla connivenza con l’estrema destra bolsonarista, armi e denaro in quantità.
Se la destra estrema continuerà a essere considerata ancora utile per abbattere il governo Lula, i primi segnali verranno da Rio de Janeiro. Se così sarà, diventerà fondamentale la tenuta democratica delle forze armate, in particolare la marina militare, e della “policia federal” perché un conflitto civile a Rio, per le contraddizioni sociali, plasticamente rese evidenti dalla contiguità geografica tra i quartieri ricchi, come Copacabana, Ipanema, Leblon e quelli poveri, come il “Complexo do Alemão”, il “Complexo da Maré”, la Roçinha, potrebbe facilmente innescare uno scontro di vasta portata il cui esito sarebbe l’ingovernabilità per lungo tempo di uno dei Paesi più belli del mondo!
Sabato, 14 gennaio 2023 – n° 2/2023
In copertina: Plano Piloto – Foto da satellite: Axelspace Corporation CC BY-SA 4.0