venerdì, Novembre 22, 2024

Politica

Le politiche migratorie italiane e dell’Unione Europea

I risultati del fallimento sono evidenti

di Laura Sestini

Dopo il drammatico naufragio sulle coste di Crotone, dove hanno perso la vita almeno 69 persone, in molti tra i politici si affannano a declinare le proprie responsabilità sull’accaduto. Eppure la catena di comando non ha funzionato; oppure si è cercato in qualche modo di sabotarla sperando di farla franca, poichè, se il natante fosse affondato al largo, nessuno se ne sarebbe accorto.

Intanto la Procura di Crotone ha aperto un’inchiesta sul mancato soccorso, considerando che il natante Summer Love andato ad infrangersi nelle secche rocciose di fronte alla spiaggia di Steccato di Cutro era già stato avvistato da un aereo dell’agenzia europea Frontex, di pattugliamento sui confini dell’Unione, che ne aveva dato la puntuale segnalazione all’International coordination centre (ICC) e alla Centrale operativa della Guardia Costiera di Roma, quando ancora era al largo sul Mar Ionio, a 38 miglia dalla costa.

Foto: M.Salvatore (tutti i diritti riservati)

In Parlamento c’è fermento, l’opposizione chiede le dimissioni del ministro dell’Interno Piantedosi, si litiga sul decreto contro le ONG, la destra di Governo promette un Decreto Flussi per 500mila unità in due anni. Quest’ultima dichiarazione suona, in un così tragico momento di lutto, come un gesto riparatore, per ripulirsi le mani – e la faccia – dalle responsabilità morali per la morte di tutte quelle persone, tra cui numerosi bambini, e totalmente estranea alle politiche migratorie finora portate avanti dalla maggioranza del presidente Meloni in tema accoglienza.

In questo momento di grande disordine etico e umano, l’unico gesto di giusto rispetto e umanità nei confronti degli scomparsi appare quello del Presidente della Repubblica Mattarella che, senza clamori, si è recato alla camera ardente, allestita al palazzetto dello sport di Crotone in cordoglio alle vittime.

Foto: M.Salvatore (tutti i diritti riservati)

Negli ultimi due decenni, le politiche sui flussi migratori verso l’Italia non sono mai state adeguate, in senso di accoglienza e integrazione, piuttosto viste ed agite secondo la retorica della sicurezza nazionale, l’invasione degli stranieri musulmani che stuprano le donne e rubano il lavoro agli Italiani.

Le prime leggi “contro” gli stranieri furono approvate a cavallo tra gli Anni ’80 e ’90 ed erano molto generiche e anche poco implementate, salvo poi applicare una sanatoria per regolarizzare 300mila lavoratori stranieri irregolari – 105mila nel 1986 e 220mila nel 1990.

Nel 1998, il Governo Prodi I approva la Legge Turco-Napolitano che ruota intorno al cosiddetto “Modello di integrazione ragionevole”, che di ragionevole aveva ben poco, poiché restringe gli ingressi in Italia per motivi di lavoro e istituisce anche i Centri di espulsione (CTP). Gli ingressi non riuscirono a coprire tutta la forza lavoro richiesta dal mercato, ma si attuò una nuova sanatoria degli irregolari, 215mila, che continuano a “bucare” i confini, nonostante le leggi di controllo.

Nel 1997 entra in vigore la Convenzione di Dublino – un trattato internazionale in tema di diritto di asilo – firmato da 12 Paesi dell’Unione Europea, a cui in seguito se ne aggiungono rinnovate edizioni. Lo scopo primario è cercare di deviare i flussi di migranti dai Paesi nordeuropei – da sempre quelli più ambiti per la ricerca del lavoro e migliore welfare – istituendo un meccanismo di determinazione dello Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale, come il primo di entrata in Europa. Dal 2011, quando i flussi si sono fatti più intensi, la pressione è divenuta eccessiva sugli Stati dei confini europei meridionali, dove le organizzazioni statali sono, spesso, meno in grado di offrire sostegno e protezione ai richiedenti asilo, tantoché le polemiche e le critiche non sono mancate anche per le violazioni sui diritti umani e di asilo. Il sistema ha molte lacune ed ogni Stato ha spesso deciso estemporaneamente come agire. Recentemente la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato che il Regolamento di Dublino sarà abolito e verrà sostituito con un nuovo sistema di governance dei flussi migratori dove ci sarà più solidarietà tra gli Stati membri.

Foto: M.Salvatore (tutti i diritti riservati)

L’attentato alle Torri Gemelle, nel 2001, genera un’ondata di restrizioni “anti-migrante” in tutta l’Unione Europea e gli Stati Uniti. Nel mondo occidentale chi è musulmano viene considerato terrorista senza tanti preamboli.

Negli anni Duemila, prima la legge Bossi-Fini, poi i governi Berlusconi non ci pensano due volte a restringere le maglie degli ingressi e dell’accoglienza. Pressante è la retorica criminalizzante sugli irregolari, i clandestini – con espulsione immediata – e, con lo stesso fine, si stringono accordi con la Tunisia e la Libia. Nonostante la Bossi-Fini tenda a respingere, una nuova sanatoria, la più ingente finora attuata nel nostro Paese, mette in regola 630mila stranieri, e fin dal 2005 le quote annuali di ingressi di stranieri regolarizzati salgono costantemente.

Il Governo Berlusconi cambia l’art. 61 del Codice penale, inserendo l’aggravante di clandestinità, dichiarata poi una norma illegittima dalla Corte Costituzionale nel 2010.

Con le Primavere arabe, nel 2011, cadono i governi in Libia e in Tunisia, e poco dopo si accende la guerra siriana. Questi eventi di conflitto genereranno flussi migratori molto più intensi verso tutto il continente europeo. Qui è necessario ricordare che la rotta mediterranea conduce da sempre una percentuale molto bassa di immigrati; la grande maggioranza dei profughi o di chi cerca lavoro, arriva dalle rotte di terra, balcanica e ispanica.

Nel 2015 l’Unione europea cerca di prendere provvedimenti per sbarrare i flussi e cercare di controllarli; con l’emergenza Nord-Africa nasce l’Agenda EU sulle migrazioni per concordare criteri omogenei tra i Paesi membri sulle pratiche burocratiche; nascono gli hot spot, luoghi di primo soccorso e accoglienza ma anche di operazioni di polizia per l’identificazione, impronte digitali e foto-segnalamento. Frontex ed Europol si affiancano alle polizie nazionali per il controllo dei confini EU.

Nel 2017, il governo Gentiloni (legge Orlando-Minniti) prende accordi con la Libia di Al-Sarraj, per il trattenimento dei migranti nei centri di detenzione, e il rafforzamento della Guardia costiera libica, che deve “cacciare” in mare i barconi di migranti e riportarli indietro, fornendo una donazione di nuove motovedette. Gli accordi con la Libia vengono mantenuti e riconfermati fino ad oggi. Altri accordi per bloccare le partenze sono attivi con la Tunisia, mentre l’EU li rinnova anche con la Turchia dal 2016.

Il 2018 è un anno di svolta definitiva in negativo. Il governo M5S-Lega vara il Decreto Sicurezza di Matteo Salvini, che dichiara illegittima l’immigrazione, chiude i porti alle ONG, “colpevoli” di attirare in Italia i migranti, e cancella la protezione umanitaria dalle opzioni di accoglienza.

Il Governo Meloni, sulle normative dei flussi migratori è un’attualità tutta da sbrogliare. Tra i più gravi naufragi accaduti nelle acque territoriali italiane – dopo quello del 2013 davanti a Lampedusa, e nel Canale di Sicilia nel 2015 – la tragedia di Cutro ha repentinamente rimesso in mano al Governo la patata bollente della gestione degli extracomunitari che fuggono dai loro Paesi, con cui, per certo, non si potrà risolvere la complessità del contesto attraverso la criminalizzazione di ONG e migranti, e continuando a fornire motovedette alla Libia.

Sabato, 4 marzo 2023 – n°9/2023

In copertina: foto di M.Salvatore (tutti i diritti riservati)

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