L’esperienza raccontata da cinque giovani musulmani
di Alessia Fondelli
Ramadan è il nome del nono mese dell’anno nel calendario lunare musulmano, nel quale, secondo la tradizione islamica, Maometto ricevette la rivelazione del Corano “come guida per gli uomini di retta direzione e salvezza” (Sura II, v. 185).
È il mese sacro del digiuno, dedicato alla preghiera, alla meditazione e all’autodisciplina. Il digiuno viene praticato da tutti i musulmani praticanti adulti e sani che, che dall’alba al tramonto, non possono mangiare, bere, fumare e praticare sesso.
Dal digiuno sono esentati i minorenni (sempre che non siano loro a decidere di volerlo fare) i vecchi, i malati, le donne che allattano o in gravidanza o durante il ciclo mestruale.
Il mese di Ramadan non cade sempre nello stesso periodo del calendario gregoriano, perché quello degli islamici è un calendario lunare (l’anno lunare dura circa 11 giorni meno di quello solare), e la numerazione dell’anno non coincide perché i musulmani iniziano a contare dal nostro 622 d. C., quando Maometto lasciò la Mecca per recarsi a Medina: quest’anno, ad esempio, inizierà intorno al 22-23 Marzo.
Ogni anno il Ramadan inizia prima dell’anno precedente, e ci sono anni in cui viene celebrato in inverno, quando le giornate sono più corte (e dunque anche il digiuno).
In questo periodo storico, nel nostro emisfero, il Ramadan cade invece in primavera-estate e qui possono nascere alcuni problemi.
Per esempio a Reykjavik, in Islanda, il digiuno dura poco meno di 22 ore, ossia regolarmente dall’alba – alle 2 del mattino – fino al tramonto, intorno a mezzanotte. A Sidney – in Australia è inverno e il digiuno dura poco più di 11 ore, mentre in Alaska nello stesso periodo il Sole non tramonta mai… In questo caso si è posta ovviamente la questione del digiuno, risolta da alcuni saggi con l’indicazione agli abitanti islamici di Juneau (Alaska) di seguire il calendario di un altro Paese.
Ho letto alcuni titoli di articoli che citavano “perché i musulmani “devono” osservarlo? ”, ma è davvero un dovere? O chi pratica una religione lo fa per piacere, per scelta?
Così mi è venuta la curiosità di vederlo da un altro punto di vista, quello dei musulmani. Ho chiesto a cinque di loro cosa significasse il Ramadan e se anche quest’anno l’avrebbero praticato.
Nabil, un ragazzo di 23 anni, di origini marocchine e residente da 15 anni in Umbria, mi ha risposto : «Il Ramadan è un mese sacro, che non è solo non mangiare come molte persone pensano, ma ha un significato molto più profondo per me e per tutti i musulmani, nel quale limitiamo un po’ tutte le nostre voglie, ciò significa riuscire ad autocontrollarsi, che per me è un fattore fondamentale. Anche quest’anno ce la farò, perché non è difficile, tutto sta nella nostra mente».
Youssef ha 20 anni ed è venuto dal Marocco in Italia solo tre anni fa, lui pensa che “Il Ramadan non è solo un digiuno come tutti pensano, è un “digiuno” dalle brutte abitudini che abbiamo noi esseri umani: parlare male di qualcuno in sua assenza, dire bugie, fumare, ecc.. Per me è un mese in cui ti rigeneri, in cui devi diventare una persona migliore, purtroppo è difficile rimanere sulla strada giusta vista la nostra natura umana, ma comunque qualcosa in 30 giorni per forza cambia, e te lo posso confermare visto che lo faccio sin da piccolo, e mi piace pure per l’atmosfera che porta con sé, la famiglia unita, gli amici, aiutare i bisognosi, non solo quelli che non hanno da mangiare ma anche quelli che non hanno compagnia: per chi è da solo alle moschee organizzano un “iftar” per tutti; iftar è il banchetto di quando iniziamo a mangiare al tramonto. Il Ramadan per me è proprio una cosa spirituale, non so come spiegarlo ma, per noi musulmani è qualcosa che sentiamo dentro e nell’atmosfera, soprattutto se lo fai in Marocco. Ma è bello ovunque. Per il fatto che se ce la farò quest’anno, ce la farò sicuro, lo facevo da quando avevo 12 anni, in teoria non dovevo farlo a quell’età ma vista l’atmosfera in cui stavo vivendo, ed essere un ragazzo testardo lo praticavo, mi divertivo. Non deve essere una forzatura, lo devi vivere con molta spiritualità è questo il bello del Ramadan, una mentalità sana”.
Jamal è un ragazzo di 19 anni, residente in Puglia, per lui il Ramadan “oltre a essere il mese più sacro dedicato principalmente al digiuno e alla preghiera, è una sfida con te stesso, che porta molti benefici sia fisici che mentali”.
Naima, invece, è una ragazza diciannovenne che ha origini sia marocchine che polacche e attualmente vive in Francia: «Per me il Ramadan è un percorso e non lo sento assolutamente come un dovere. Molte volte mi hanno chiesto con una faccia molto stupita “Neanche l’acqua?” E alla risposta “no neanche l’acqua” mi dicono “oddio ma muori” “io non ce la farei mai”, in realtà credo che tutti riuscirebbero, e più che un fatto di religione per me è una sfida con me stessa. È un po’ come fare il cammino di Santiago o la via Francigena, penso che chiunque, anche chi non è cristiano, si sentirebbe principalmente soddisfatto di se stesso. Il Ramadan è così, un percorso e soprattutto una libera scelta , non mi sono mai sentita obbligata nel farlo, e continuerò a farlo anche quest’anno e negli anni a venire perché è difficile solo il primo giorno, poi la mente si abitua e di conseguenza il corpo».
Infine Hamza, ventiduenne che attualmente vive a Norimberga, risponde: «Dobbiamo affrontare il Ramadan in maniera genuina. Per me è un’opportunità per essere perdonato per tutti i peccati commessi durante l’anno, un’opportunità di redenzione, un’opportunità per riflettere veramente su se stessi e sulla compassione che dovremmo provare verso gli altri. È un momento di riflessione sulla difficoltà della vita che viene fatta attraverso il digiuno. Ma lo affronto anche in maniera divertente! Credo che come umani pecchiamo per nostra natura intrinseca e il punto chiave del Ramadan sta proprio qui. Sento che durante questo mese Allah guida il mio cuore».
Tutto ciò è ben diverso dal pensiero occidentale su questa religione.
Il Ramadan è un mese per renderti conto dell’inutilità di tante cose e dell’importanza di altre: un bicchiere d’acqua, un piatto caldo, qualcuno con cui condividerli. La “banalità” di vedere il sole sorgere tutte le mattine. È una “vita serena” da cui l’uomo si allontana. Forse per istinto, o per inconscio siamo predisposti a sbagliare per sentirci poi appagati quando rimediamo. È strana la natura umana, ma nei suoi ma e nei suoi però funziona ancora abbastanza bene.
“Siamo tutti nati con ali spirituali, l’Islam ci ricorda semplicemente come volare”.
Sabato, 18 marzo 2023 – n° 11/2023
In copertina: foto di Thirdman/Pexels