Niente mandato di cattura per George W. Bush e Tony Blair?
di Nancy Drew
Sono già passati 20 anni dalla Seconda guerra del Golfo, l’invasione dell’Iraq perpetrata dalla coalizione Usa, Gran Bretagna e Australia, che infine catturarono e condannarono a morte il dittatore Saddam Hussein, senza mai peraltro trovare i laboratori per le armi chimiche di cui era accusato farne uso contro i suoi cittadini. In quel momento le armi chimiche furono il deterrente degli statunitensi per dichiarare guerra all’Iraq post 11 settembre, per poi lasciare la Nazione in mano ad Al-Qaeda, e il Califfato Islamico da essa scaturito, solo qualche anno più tardi. Stesso modello lasciato in eredità all’attuale Afghanistan, per esportare democrazia – o meglio definite “missioni di pace”.
Da allora gli Stati Uniti e GB non si sono più mossi dal territorio iracheno ed hanno continuato a raccontare falsità sulla teoria del terrorismo del coinvolgimento degli iracheni legato all’attacco delle Torri Gemelle, per mantenere lo status quo nel Paese, di cui ancora “amministra” i proventi petroliferi iracheni, con la giustificazione dei danni dovuti al Kuwait dopo l’invasione del 2 agosto 1990 delle forze militari irachene. Il debito è già stato definito e saldato, ma i guadagni del petrolio iracheno continuano a finire nelle casse federali statunitensi, per poi in parte essere restituite all’Iraq. Non pare verosimile, ma lo è.
Ebbene, le nuove generazioni irachene, tra le istanze portate in piazza nelle grandi manifestazioni degli anni scorsi, reclamano l’uscita definitiva degli Stati Uniti dall’Iraq, che tuttora non ha la sovranità completa sul proprio territorio nazionale.
Di seguito un comunicato rilasciato in occasione del ventennale, da Un Ponte per – Ong italiana (ex – Un Ponte per Baghdad) che in Iraq ha numerosi progetti sociali e civili.
Guerra Iraq: da 20 anni attentiamo i mandati di cattura per Bush e Blair. “Il 20 marzo del 2003 cominciava l’invasione illegale che ha costruito un mondo più insicuro ed ingiusto, sostituendo alla diplomazia e al diritto internazionale la forza delle armi. Fu una guerra non solo contro il popolo iracheno ma anche contro i popoli del mondo e l’opinione pubblica internazionale che si era mobilitata in ogni angolo del Pianeta per fermare il massacro. Non aver ascoltato quella che il New York Times definì ‘la seconda potenza mondiale’, ovvero il movimento contro la guerra, è stato un atto di miopia e di arroganza che ci ha precipitato nel caos attuale, dividendo i popoli e alimentando i pozzi di odio contro l’Occidente”. Lo affermano, in una dichiarazione congiunta, Alfio Nicotra e Angelica Romano, co-presidenti nazionali di Un Ponte Per, l’Ong e associazione pacifista italiana presente in Iraq dal 1991.
“In questi decenni – proseguono Nicotra e Romano – Un Ponte Per ha testimoniato le atrocità inferte dalla guerra al popolo iracheno, oltre ai crimini commessi dalla precedente dittatura. Siamo stati sotto le bombe con le vittime, abbiamo subito minacce e rapimenti dei nostri cooperanti, abbiamo denunciato i crimini di guerra con le bombe al fosforo bianco su Falluja, le esecuzioni sommarie, la distruzione di case ed edifici pubblici, gli arresti arbitrari e la vergogna delle torture nel carcere di Abu Graib. Non c’è niente di cui essere orgogliosi rispetto a quella guerra, mossa in base ad accuse – le fantomatiche armi di distruzione di massa – palesemente costruite a tavolino e completamente false. Per questo attendiamo da 20 anni che il Tribunale Internazionale dell’Aja metta sotto processo l’ex Presidente Usa George W.Bush e l’ex Primo ministro britannico Tony Blair che guidarono l’invasione di un Paese sovrano”.
“L’Iraq di oggi con la sua straordinaria società civile – continuano Nicotra e Romano – è cresciuto nonostante le scelte sbagliate imposte a suo tempo dal Governatore Usa Paul Bremer, basate sulla divisione dell’Iraq su base etnica e religiosa, imponendo dall’alto una Costituzione non rappresentativa dei valori democratici, dell’eguaglianza delle persone e dei diritti umani e civili”.
“Le parole d’ordine del movimento di ragazze e ragazzi iracheni – ricordano i due co-presidenti di Un Ponte Per – che dal 2019 al 2022 hanno tenuto le piazze del Paese manifestando contro corruzione, milizie private e di partito, divisioni settarie e società patriarcale, chiedendo l’allontanamento delle truppe Usa e iraniane dal territorio iracheno, devono essere sostenute dalla comunità internazionale al fine di ripristinare anche la sovranità nazionale di questo Paese”.
“Occorre che le ingenti risorse consumate nelle missioni militari anche dell’Italia – concludono Nicotra e Romano – siano usate invece per la ricostruzione civile dell’Iraq e il rafforzamento della sua unità e democrazia”.
https://2001-2009.state.gov/secretary/former/powell/remarks/2003/17300.htm
Sabato, 25 marzo 2023/ n°12/2023
In copertina: un uomo iracheno attende di essere interrogato per detenzione illegali di armi – Foto: Master Sgt. Andy Dunaway – Defense Imagery – U.S. Air Force – 27 marzo 2007 – Pubblico dominio