Il presidente Saïed fa un passo indietro e rifiuta gli aiuti economici
di Laura Sestini
L’economia tunisina, dopo la caduta delle entrate estere dovute alla pandemia e ai disaccordi con il Fondo Monetario Internazionale, sta risalendo la china, tantoché la Tunisia è riuscita a ripagare il 74% del suo servizio del debito estero cumulativo, come aveva pubblicato a settembre la Banca Centrale della Tunisia, facendo tacere i dubbi sulla sua solvibilità.
Questo è certo un segno positivo per il Paese magrebino che soffre di una consistente percentuale di disoccupazione giovanile e, dovuto anche a questo motivo, la fuga di molti giovani che cercano di raggiungere l’Europa illegalmente alla ricerca di una migliore qualità di vita.
Dopo gli anni della pandemia, dove i Tunisini per un certo periodo erano nuovamente posizionati primi in classifica per numero di persone migranti in arrivo in Italia, durante il 2023 i giovani e le famiglie provenienti dalla Tunisia,, che hanno raggiunto Lampedusa hanno mantenuto un flusso costante e abbastanza cospicuo; una situazione che non fa dormire sonni tranquilli al Governo Meloni, ormai focalizzato con accanita solerzia sui flussi migratori, per cui sono stati emanati decreti restrittivi e soprattutto controproducenti (Decreto Cutro e seguenti) a quel poco di organizzazione positiva che il sistema di accoglienza italiano era riuscito costruire nelle ultime due decadi.
Nel caos generale dei flussi migratori estivi, l’eterno affollamento dell’hot spot di Lampedusa, per cui anche l’Europa aveva puntato il dito sull’Italia per la violazione dei diritti dei migranti, motivo che a giugno avava causato un cambio di gestione del centro di prima accoglienza dell’isola, naturalmente in perenne stato di emergenza, dato in mano in quattro e quattr’otto alla Croce Rossa sostituitasi ad una cooperativa siciliana, la Presidente del consiglio Meloni, insieme a Ursula Von der Leyen e l’olandese Mark Rutte, aveva visto bene di recarsi in Tunisia per prendere accordi con il presidente Kaïs Saïed, offrendo denaro – parimenti a Libia, Turchia, Egitto – in cambio dell’azione di contrasto operata dalla Guardia Costiera tunisina contro le partenze di barchini e barconi carichi di persone che tentano la traversata del Mediterraneo per raggiungere l’Europa.
La bomba migratoria è poi definitivamente scoppiata a settembre, quando in soli quattro giorni sono arrivate a Lampedusa circa 10mila persone, motivo di innesco, per l’ennesima volta, delle schermaglie tra Italia e i paesi europei per la redistribuzione territoriale dei migranti.
Le visite di giugno e luglio a Tunisi di Giorgia Meloni e gli esponenti europei, per incontrare il presidente tunisino, erano mirate ad un accordo d’intesa, una partnership sui flussi migratori irregolari, con una promessa pecuniaria di decine di milioni di Euro in tempi accelerati, per un pacchetto totale di aiuti di oltre 700 milioni di Euro. Il meccanismo, come era già successo con gli altri Paesi mediterranei, doveva servire a convincere più facilmente il presidente Saïed a siglare l’intesa, sia per il controllo delle proprie frontiere, sia degli arrivi dalla Libia dei subsahariani, spinti dai trafficanti libici con solide motivazioni strategiche, ma anche per sviluppare commerci con l’Europa ed energie pulite. Ricordiamo che almeno dal 2011 esiste un accordo bilaterale con la Tunisia per il rimpatrio delle persone tunisine irregolari sul territorio italiano, allora siglato per “l’emergenza migranti” in seguito alla Rivoluzione tunisina dal Ministro dell’Interno italiano Roberto Maroni e il suo omologo tunisino Habib Hessib. Ma la direzione è sempre stata la medesima, fin dalla Legge Turco-Napolitano del 1998.
In realtà fin da giugno, in concomitanza della prima visita europea a Tunisi, Saïed aveva già messo in chiaro che la Tunisia non avrebbe funto da cane da guardia (al soldo dell’Europa), tradendo in parte le aspettative di Meloni e dell’Europa; sicuramente la crisi migratoria aveva urgenza di trovare una soluzione alle migliaia di morti in mare, e che il rapporto Ue-Tunisia avrebbe dovuto essere alla pari.
Le trattative quindi andavano avanti, precarie ma con la speranza di trovare un canale comunicativo funzionale. Poi, con la visita di luglio, la Tunisia aveva firmato il Memorandum of Undestranding – MoU – con l’Unione europea.
Nella realtà dei fatti la questione ha preso una piega differente, tantoché il presidente tunisino ancor prima di ricevere denaro, promesso in tempi brevi dall’Europa ma tuttora latente, lo ha recentemente rifiutato, motivo per cui la presidente Meloni ha ammesso pubblicamente che “talvolta l’Europa ha un approccio di superiorità verso taluni Paesi, di cui invece bisogna aver rispetto”. Alleluja! Inshallah! Le lodi vanno bene entrambe, per il medesimo significato letterale che riportano, anche se in due lingue e per religioni diverse. Esultiamo solo per la “nuova consapevolezza” di Giorgia Meloni, il Memorandum invece fa acqua da tutte le parti, come le barche che affondano nel Mediterraneo.
Nel frangente, al Parlamento Europeo ci si scontra sull’Accordo, che non tiene conto, secondo molti eurodeputati, dei diritti dei migranti, questione etica e legale primaria.
Già a settembre, Saïed aveva rifiutato la visita di una delegazione europarlamentare che avrebbe dovuto incontrare esponenti della società civile tunisina, causa per cui il Parlamento Europeo si è offeso e ha chiesto spiegazioni dettagliate.
Tutto questo zigzagare dimostra che Saïed ha sì interesse a collaborare con l’Unione europea, ha pure delle necessità economiche tangibili la Tunisia, ma il presidente tunisino non si fida del tutto della controparte, verso cui aveva anche ribadito il concetto di sovranità nazionale riguardante i propri confini territoriali.
Come dare torto a Saïed? Neanche i cittadini europei non si fidano più ciecamente dell’ente sovranazionale europeo, come hanno fatto, speranzosi, per decine di anni, tantoché la Gran Bretagna ne è proprio fuggita.
Sebbene molti Paesi europei considerino il presidente Saïed un dittatore, secondo le opportunità del momento – come Giorgia Meloni che nella recente dichiarazione ha appellato la Tunisia un paese sicuro con l’unico obiettivo di riprendere il cammino intrapreso con il Memorandum MoU – questi è molto più saggio di come venga dipinto dall’Europa e i suoi affiliati occidentali. In futuro, speriamo prossimo, se ne vedranno sicuramente i buoni frutti.
Sabato, 28 ottobre 2023 – n°43/2023
In copertina: il Parlamento tunisino – Foto: Sami Mlouhi – CC BY-SA 4.0