I lavoratori ex-GKN si raccontano in scena
di Laura Sestini
Alle ultime battute dello spettacolo, mentre Dario Salvetti tira le fila per la chiusura della rappresentazione, egli aggiunge ulteriori dettagli della lotta sindacale che gli ex-lavoratori GKN di Campi Bisenzio stanno tuttora portando avanti, e riferisce al pubblico di quante migliaia di persone si congratulano con loro, di quanti complimenti ricevono per la loro azione contro il potere del capitalismo, per come sono “bravi” a resistere e creativi nella metodologia di comunicazione pubblica della loro vertenza.
Sì, siamo bravi… E poi?… – riflessione che Dario chiede al pubblico e a se stesso allo stesso tempo. Ed ha ragione a porre quella domanda, “bravi” è troppo poco – e non è certo altri complimenti che va lui cercando in quel momento. Bravo è un vocabolo comune, quasi banale, con cui si può anche ironizzare e cambiarlo di significato, a seconda dell’intonazione vocale; un po’ come il fiorentinissimo “bischero” che va bene quasi dappertutto e, oltretutto, se unito a bravo, a girare la frittata ci mette un attimo.
Il Collettivo di Fabbrica lavoratori GKN è composto da persone “Ammirevoli”, proprio con la A maiuscola. E sicuramente ci sarebbero attributi anche maggiori, sfogliando un vocabolario della ricca lingua italiana.
Non è solo un piccolo spiraglio quello si è aperto, e di cui ancora ci dice Dario Salvetti dal palco, è proprio una boccata d’aria che ridona speranza a tutti: chi lavora, chi è disoccupato, cassaintegrato, disperato, Neet.
La voglia di lottare contro il sistema capitalista sembrava morta, sepolta, dimenticata, forse eravamo rassegnati al destino nefasto, e invece c’eravamo sbagliati, qualcuno è ancora vivo, arde sì di rabbia e di sdegno, ma anche di grande passione; improvvisamente nel nulla cosmico della Piana fiorentina si coglie un riverbero degli anni ’70, quando gli operai, i lavoratori scendevano spesso in piazza per i propri diritti. Una scintilla che ancora covava sotto la cenere del Boom economico e del mercato neoliberista che da lì è scaturito e che, neanche troppo lentamente, sta asfaltando tutto.
Il Capitale, è lui il responsabile di tutto questo meccanismo di svilimento del lavoro e dei lavoratori, il capitale nel mercato globale neoliberista.
Oggi il capitale sociale di un’azienda può essere finaziarizzato, guadagnando in Borsa molto più del processo di produzione-commercializzazione del prodotto che in fabbrica si realizza. Di operai ne servono la metà rispetto ad un passato neanche troppo lontano, e forse anche meno. Alcuni hanno ancora la fortuna di un contratto a tempo indeterminato, altri, la fabbrica li ingoia secondo le commesse, due, tre, sei mesi, e poi li risputa, come scarti di produzione. La tecnologia avanza, il lavoro si trasforma sotto gli artigli dell’economia neoliberista, si delocalizza, il lavoro in appalto dilaga, gli operai costano troppo, sono in esubero rispetto alle necessità o le volontà degli azionisti, e per legge di mercato i salari si restringono, se sei straniero si dimezzano.
Con la vertenza sindacale del Collettivo di Fabbrica GKN, organismo dei lavoratori già preesistente ai licenziamenti del luglio 2021, sembra essersi risvegliati improvvisamente da un lungo torpore alla realtà oggettiva del mondo del lavoro. Eppure di situazioni di disagio nel mondo dell’occupazione ce ne sono molte, ne apprendiamo quotidianamente dai notiziari, sia Italia che in altri Paesi europei. Per questo risveglio dobbiamo essere grati alla forza, alla volontà di Insorgiamo, che i lavoratori ex-GKN hanno coniato per la loro lotta contro una democrazia che ci sta crollando addosso, insieme al mondo economico e del lavoro. E’ già questa una grande vittoria. Per tutti, anche per chi la busta paga, ancora, la riceve ogni mese. Dobbiamo farne tesoro di questa voglia e capacità di contrastare ciò che parrebbe incontrastibile, e offrire il proprio supporto, non far spegnere la speranza, che ancora una qualche forma di autorità appartiene al lavoro ed al lavoratore, valori assoluti su cui si basa l’istituzione della Repubblica Italiana, come prescrivono gli articoli 1, 2, 3, 4, della Costituzione.
Sono già trascorsi oltre due anni e mezzo da quella triste, asettica email che i lavoratori GKN hanno ricevuto per essere informati del globale licenziamento. In questo tempo il Collettivo di Fabbrica GKN si è “appropriato” dello spazio pubblico, quello abitualmente deputato al conflitto tra le lotte delle “periferie” e il controllo dell’ordine. La voce del Collettivo ha ricevuto grande seguito, risuonando il proprio eco fin oltre confine, dimostrato dalla grande partecipazione ai suoi innumerevoli eventi, manifestazioni, assemblee, festival, concerti, passeggiate cittadine, e non ultimo dall’azionariato popolare attivato per il progetto di riconversione della fabbrica (https://insorgiamo.org), qualora trovasse avvio.
Dopo lo spazio pubblico, i lavoratori ex-GKN stanno calcando uno spazio di comunicazione ancora più elevato, la scena del teatro, che sappiamo essere uno dei luoghi nevralgici per narrare della società contemporanea, per quella sua eccezionale funzione pedagogica che rari altri spazi pubblici hanno.
Grazie al progetto di ricerca sul mondo del capitalismo descritto da Carl Marx nel suo celeberrimo volume Il Capitale della compagnia teatrale bolognese Kepler- 452, la realtà dei licenziamenti GKN è parsa la più adatta da essere studiata dal vivo, per entrare nel mondo quotidiano dell’occupazione della fabbrica di Campi Bisenzio.
Il regista Nicola Borghesi, anch’egli presente sul palco come narratore di raccordo tra le esperienze del Collettivo che vengono presentate in scena dai quattro bravissimi lavoratori-attori che si autoraccontano, per la realizzazione di questa opera teatrale-documentaria – che si è aggiudicata l’importante riconoscimento del Premio speciale UBU 2023 – ha vissuto qualche mese dentro lo stabilimento insieme ai lavoratori, in un ambiente essenziale come solo una fabbrica più essere, una brandina o poco più.
Altrettanto essenziale è la scenografia allestita per la rappresentazione, qualche parte di semi-asse, prodotto primario della ex-GKN, bulloni, attrezzi da lavoro, una tenda di plastica che funge da quinta e da schermo video all’occasione, l’immancabile megafono, simbolo di lotta sindacale.
La drammaturgia si basa sulla storia dell’azienda, il licenziamento, la vertenza sindacale ed i percorsi personali dei quattro rappresentanti del Collettivo, un organico prettamente maschile, come è stato realmente l’ambiente di fabbrica, ma che vede in scena anche Tiziana, una coraggiosa ex-operaia – non solo perchè sul palco, anche – in primis per aver lavorato in GKN come donna, da sola, in un ambiente così selettivo per genere.
Le narrazioni sono intense, interessanti e coinvolgenti, ognuno dei lavoratori ha un percorso diverso per essere giunto alla GKN, non sempre positivo, come si racconta, ma per certo l’improvviso licenziamento ha generato, nella maggioranza dei licenziati, una grande spinta a riflettere sulla vita personale, inscidibilmente legata al contesto storico e alla società di riferimento, dolorosa certo, ma pure di consapevolezza e positiva evoluzione individuale. Nel mentre si sta ancora avanzando con la vertenza, due lavoratori sono venuti a mancare. Anche questo è un fatto.
Ancora altro abbiamo da aggiungere su questa interessante iniziativa teatrale di drammaturgia civile e sociale. Il Premio UBU 2023 conferitogli è senza dubbio meritato poiché, sia in fabbrica che in scena, il caso GKN non è una lotta sindacale Laqualunque.
Una vertenza da supportare in entrambi gli ambienti, sindacale e teatrale, per partecipare, per non perdere la speranza, per riappropriarci del ruolo che ci appartiene come lavoratori, per i diritti che ci hanno promesso con le leggi costituzionali, ma vediamo sempre più lontani, sempre più sfumati. Abbiamo il dovere come liberi cittadini di ricordare alla politica di mantenere in vita non solo lo stabilimento ex-GKN, ma soprattutto i diritti di base che promette la democrazia, che si basa sul fondamento del lavoro, a meno che non trovare soluzioni sociali future ancora più appaganti.
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Lo spettacolo è andato in scena al Teatro Arena del Sole – Via dell’Indipendenza 44 – Bologna
Venerdì 25 gennaio 2024 alle ore 19.00
Il Capitale
Un libro che ancora non abbiamo letto
un progetto di Kepler-452
drammaturgia e regia Enrico Baraldi, Nicola Borghesi
con Nicola Borghesi
Tiziana De Biasio, Francesco Iorio, Dario Salvetti, Massimo Cortini, Mario Berardo Iacobelli, Alessandro Tapinassi del Collettivo di fabbrica lavoratori GKN
produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale
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Sabato, 3 febbraio 2024 – Anno IV – n°5/2024
In copertina: una scena dello spettacolo – Foto: Luca Del Pia