La vittoria del potere sull’umanità
di Laura Sestini
Un’opera letteraria, e conseguentemente drammaturgica, che si presenta come “La ferocia” non può esimersi dal non citare la violenza sulle donne che quotidianamente si ripercuote sulla società femminile, trasversalmente a tutti i ceti sociali, ma prevalentemente insita nelle fasce abbienti medio alte.
Si dipana così, in media res, una rappresentazione teatrale accattivante, a cominciare dalla scenografia lineare, sobria, elegante, che con-divide il suo spazio tra l’area di uno speaker/giornalista radiofonico/Gaetano Colella, che funge da narratore extracampo, e la resede di una famiglia abbiente pugliese, i Salvemini, il quale capofamiglia è un potente e conosciuto imprenditore, capace di accaparrarsi megaprogetti di edilizia urbana anche fuori dai confini nazionali.
La ferocia è l’adattamento teatrale di Linda Dalisi, dall’omonimo romanzo di Nicola Lagioia, vincitore del Premio Strega 2015 e del Premio Mondello nello stesso anno.
La famiglia Salvemini ha una forte impronta patriarcale; a Vittorio/Leonardo Capuano, capo indiscusso del nucleo familiare, per luoghi comuni si potrebbe “giustificare” il fatto di essere un uomo del Sud, ma dalla trama si potrà poi appurare che il coinvolgimento patriarcale e violento di uomini insospettabili, di variata provenienza nazionale, sarà molto più ampio, escamotage per lasciar cadere ogni dubbio sulla mentalità maschile, specialmente a certi livelli sociali di potere politico-economico. Un mondo maschile prepotente e gretto, ripiegato sulle proprie aspirazioni di ascesa sociale.
L’unica figlia femmina della famiglia Salvemini, Clara, viene ritrovata cadavere lungo la statale tra Bari e Taranto. La sua figura femminile è totalmente assente in scena, benché da questa si irraggi tutta la trama, ma raccoglierà intorno a sé tutte le attenzioni e le riflessioni di famiglia che, nonostante tutto, non riuscirà ad assolverla neanche davanti alla sua morte violenta ed inattesa; neanche dalla madre, unica attrice sul palco (Francesca Mazza), che dimostrerà di essere non meno disumana e assoggettata al sistema patriarcale.
Attraverso la ricostruzione che la famiglia Salvemini tenterà sulla morte di Clara – le cui imputazioni, sulla scena, rimmarranno vaghe, alludenti, ed irrisolte, a causa dei numerosi soggetti insospettabili coinvolti – si aprirà un panorama molto più ampio sull’ambiente politico ed economico, e soprattutto socio-patriarcale, non solo riguardante la Puglia/Sud Italia, ma che raggiungerà finanche i piani alti di Roma capitale-politica, con i molti segreti retroscena delle grandi imprese di costruzioni nazionali e multinazionali, le connessioni pseudo mafiose, la corruzione stratificata su più livelli gerarchici e settoriali, i crimini ambientali, i diritti violati dei lavoratori.
Il romanzo di Lagioia, attinge molto, dalla realtà economico-politico italiana, il sistema delle costruzioni, tra subappalti e tangenti, la violenza sulle donne, la società maschilista. A pochi giorni dalle morti sul lavoro di Firenze, è impossibile restare impassibili a paragoni con il tragico accadimento sul mega cantiere edile dove sono stati i violati i diritti dei lavoratori, specialmente se stranieri.
La rappresentazione teatrale, piacevolmente scorrevole nei testi, seppur forte nelle sensazioni, ben composta nelle scene, con performance attoriali individuali puntuali, ammantate da luci soffuse e sonorità mediterranee (fantastica l’ocarina di Altamura), mette ben in evidenza l’assenza di sensibilità umana della società contemporanea, l’indifferenza rispetto alla vita degli “altri”, la ferocia con cui si persegue il potere simbolico od economico, il piacere fisico e mentale, le velleità sessuali, l’istinto.
Una società animalesca, dove il potere, nella sua accezione più larga, sovrasta tutto.
Una società che, come cittadini, avrebbe dovuto già metterci in guardia da tempo, ma attraverso le cui abbaglianti luci consumistiche riesce ancora a raggirarci senza grande dolore.
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La ferocia
ideazione VicoQuartoMazzini
dal romanzo di Nicola Lagioia
regia Michele Altamura, Gabriele Paolocà
adattamento Linda Dalisi
con Roberto Alinghieri, Michele Altamura, Leonardo Capuano, Enrico Casale, Gaetano Colella, Francesca Mazza, Gabriele Paolocà, Andrea Volpetti
scene Daniele Spanò
realizzazione scenografie Officina Scenotecnica Gli Scarti
luci Giulia Pastore
musiche Pino Basile
costumi Lilian Indraccolo
aiuto regia Jonathan Lazzini
direttore di scena Daniele Corsetti
progetto audio Niccolò Menegazzo
datore luci Marco Piazze
cura della produzione Francesca D’Ippolito
ufficio stampa Maddalena Peluso
grafica Leonardo Mazzi
consulenza artistica Gioia Salvatori
produzione SCARTI Centro di Produzione Teatrale d’Innovazione, Elsinor Centro di Produzione Teatrale, LAC Lugano Arte e Cultura, Romaeuropa Festival, Tric Teatri di Bari, Teatro Nazionale Genova
Sabato, 2 marzo 2024 – Anno IV – n°9/2024
In copertina: una scena della rappresentazione – Foto: Daniele Spanò