Analizziamo il Paese in cui viviamo, immaginiamo quello in cui potremo vivere
di Giuseppe Gallelli
“E così oggi ho deciso di scrivere questo libro – dichiara l’autore nell’introduzione – per analizzare la società in cui viviamo, smascherare le politiche di oppressione, i pregiudizi di genere, il razzismo e il fascismo sempre più dilaganti in Italia; ma anche per riflettere insieme a voi su come cambiarlo, questo Paese, con la stessa identica tenacia e voglia di parlare che a sedici anni mi portò ad aprire la pagina Instagram Apriteilcervello.” – Davide Mazzotta
Davide Mazzotta non è solo la storia di un giovane “controcorrente”, di Generazione Zeta, che vive i mali della sua e della nostra generazione, in questa nostra epoca soffocata da pregiudizi, disuguaglianze e dalla negazione dei diritti civili e sociali. E’ il progetto di una persona che decide di collegarsi, attraverso la scrittura e i media, con gli altri, per acquisire consapevolezza operativa e cambiare lo stato di cose esistenti.
Offre un’analisi accurata della società italiana di oggi, un Paese stracolmo di razzismo, pregiudizi, disuguaglianze, mentalità individualistica e rassegnazione all’esistente.
L’autore parte dall’analisi degli stereotipi di genere, cioè da quei modelli educativi da sempre prevalenti che cercano di plasmare i giovani a «comportamenti, ruoli, caratteristiche fisiche ed emotive» ritenuti “appannaggio” del genere maschile e femminile, cercando di convincerci che siano modelli naturali mentre, a suo parere, «non sono altro che i semi di una cultura sessista …che influiscono su qualsiasi comportamento o gusto personale, agendo su tutti gli aspetti della nostra vita» e portano a quella che definisce “mascolinità tossica”.
Questa incultura modella così in profondità il carattere, che: «da adulto, per dimostrare di essere un “vero” uomo – scrive – il maschio deve sovrastare le donne a livello fisico e psicologico, deve avere il controllo delle loro menti e dei loro corpi».
Decostruire i pregiudizi sessisti che sono alla base della deriva della nostra società è, quindi, il principale e più impegnativo compito che dobbiamo assumerci, per poter costruire una società migliore.
L’autore esamina lo stato dei diritti civili in Italia, incominciando dal diritto all’aborto e dai limiti che l’attuale Governo intende porre, sia diminuendo i luoghi dove si possa praticare l’aborto farmacologico, sia lasciando intatto l’art. 9 della L.194/1978 che prevede l’obiezione di coscienza dei medici, e sia con la proposta di legge del senatore Roberto Menia – del partito di Giorgia Meloni – che intende modificare l’art.1 del Codice civile, per estendere la capacità giuridica al feto, in modo che acquisisca la titolarità del diritto alla vita.
Tratta in modo esteso i diritti delle persone Lgbtq+, delle unioni civili, delle famiglie omogenitoriali; si sofferma sulle politiche d’odio e di oppressione e sulle politiche repressive della destra, quella parte di classe politica che è contro il riconoscimento di un qualsiasi loro diritto e non provvede a promuovere una legge contro l’omotransfobia.
Nella parte centrale del libro tratta in modo ampio della nascita e della crescita in Italia del razzismo, dell’antimeridionalismo, dell’islamofobia e della propaganda d’odio, spesso alimentata da una politica di esclusione.
Un intero capitolo è dedicato alle politiche antimmigrazione e alla lotta contro le organizzazioni umanitarie Ong.
La parte centrale del libro è dedicata al Fascismo, ancora presente in gran parte della politica e della cultura del nostro Paese e a coloro che ritengono anacronistico parlare, ancora oggi, di fascismo in Italia.
L’autore vede e denuncia modalità di comportamento e la presenza di disvalori, come, ad esempio: «il culto della tradizione, il rifiuto della critica e del dissenso, l’esasperazione della paura verso “il diverso” che vanno a comporre – scrive – una visione del mondo ben precisa. Possiamo scorgere, il filo rosso che unisce tutto in un’unica ideologia».
Il fascismo non esiste più, leggiamo sui social, la frase è pronunciata in tv e nei media ma «basterebbe, in realtà, guardarci intorno – scrive – per renderci conto di quanto la cultura fascista in Italia sia ancora presente».
Riporta quanto scriveva Primo Levi, lo scrittore partigiano sopravvissuto alla Shoah: «ogni tempo ha il suo fascismo», e al fascismo si arriva «anche negando o distorcendo l’informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola, diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l’ordine».
Riporta, inoltre, le parole pronunciate il 25 aprile 1995 da Umberto Eco durante una conferenza alla Columbia University di New York.
Umberto Eco chiamava questa forma di fascismo persistente: “Ur-fascismo” e ne individuava le caratteristiche in quel che definiva «il fascismo eterno», nel disprezzo per il pensiero e nel culto dell’azione fine a se stessa, nel rifiuto della critica e del disaccordo, nella paura della differenza e dei “diversi” per nazionalità, colore della pelle, orientamento sessuale, identità di genere, religione, nell’appello alla classe sociale frustrata da crisi economiche e politiche, nel rifiuto di qualunque tipo di pacifismo e nel disprezzo per i deboli, nel culto del machismo e del populismo, in quanto il leader di turno diventa la voce del popolo.
L’autore vede presenti, ancora oggi, queste caratteristiche nella cultura dei partiti di destra al governo, in particolare negli esponenti del partito Fratelli d’Italia e in alcuni personaggi politici della Lega e ricorda episodi che avvalorano la sua tesi.
Ricorda che dopo la fine della dittatura fascista, nel 1946, alcuni ex militanti del regime fascista, tra cui Giorgio Almirante, fondarono il Movimento Sociale Italiano, con il simbolo della fiamma tricolore, per «tenere in vita la “migliore”, a loro parere, eredità del fascismo».
Parla dei nostalgici di Mussolini presenti ancor oggi e ricorda la continuità del logo con la fiamma tricolore del Msi di Almirante, fino alla nascita del Movimento sociale fiamma tricolore prima, e ad Alleanza Nazionale poi, e, infine, in Fratelli d’Italia, che mantengono ancora oggi, in storica continuità, il logo con la fiammella tricolore, simbolo del Fascismo.
Si sofferma sulle dichiarazioni d’ammirazione verso Mussolini, sulla chiara volontà di non riconoscere l’antifascismo e le sue ricorrenze storiche come fondativi della nostra Repubblica, sui fatti che collegano Giorgia Meloni al Neofascismo italiano, sulla sua storia di militante e sulla storia del Partito da lei stessa fondato.
Ricorda che l’apologia di fascismo è ancora un reato previsto dall’art.4 della legge Scelba (Legge n.645 del 20 giugno 1952), che questa legge è stata più volte messa in discussione e infine la Corte Costituzionale con sentenza 16 gennaio 1957 ha stabilito che l’apologia non consiste in una semplice “difesa elogiativa” bensì in una «esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista» e che quindi per queste ragioni la legge Scelba non viola la Costituzione.
Conclude l’opera ricordando l’importanza storica e l’attualità dell’antifascismo: «l’antifascismo non è un valore di sinistra, scrive, ma un valore che dovrebbe appartenere a chiunque voglia difendere la libertà dei cittadini e le istituzioni democratiche. Se oggi percepiamo l’antifascismo come un valore esclusivamente di sinistra, abbiamo un problema come Paese, perché vuol dire che la destra italiana ha rinunciato alla difesa della democrazia…L’antifascismo effettivamente non è un valore, è il valore. Perché è il principio fondamentale alla base della nostra democrazia e dunque non potrà mai essere anacronistico».
Sabato, 6 aprile 2024 – Anno IV – n°14/2024
In copertina: sezione della copertina del libro di Davide Mazzotta – Ed. Rizzoli