sabato, Novembre 23, 2024

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Grecia, tra pandemia e respingimenti

Un Paese in recessione, che respinge il virus e i migranti indesiderati

di Giulia Torrini

la redazione di TheBlackCoffee è lieta di ospitare i contributi scritti e la partecipazione di Giulia Torrini, collaboratrice parlamentare per il Ministero degli Affari Esteri e volontaria internazionalista esperta di migrazioni.

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Si parla poco di Grecia, in questo periodo. E se lo si fa,  più che per elencare i numeri dell’odierna pandemia, è per ricordare come i vincoli europei, di cui tanto si discute, abbiano strozzato l’economia ellenica fino a renderla uno dei paesi più provati dalla crisi economica e fortemente indebitato.

Alla guida del paese oggi c’è il movimento di destra “Nea Demokratia”, che ha stravinto alle elezioni dello scorso luglio: si è chiusa l’era Tsipras  e si è aperta a quella di Kyriakos Mitsotakis, che con il 40% dei consensi incarna perfettamente il nuovo sentimento nazionalista di un paese piegato dalla troika e dall’ondata migratoria che negli scorsi anni ha visto migliaia di persone attraversare il paese, attraccando in maggior parte sulle isole a ridosso delle coste turche.

Qui, a Samos, Chios e Lesbos, i campi profughi sono da tempo al collasso e rischiano di divenire focolai del virus, oltre che conclamati ghetti dove la disperazione regna sovrana. La Turchia di Erdogan stanca da anni di accoglienza (o avendo più probabilmente terminato i miliardi che Bruxelles aveva sborsato purchè si tenesse i profughi), negli scorsi mesi aveva allentato i controlli alle frontiere, così che moltissimi degli intrappolati si erano subito spinti a ovest pur di arrivare a toccare il suolo europeo.

A proposito di pandemia, in ogni caso, i casi di infezione da coronavirus in Grecia risultano essere “soltanto” 2.710, con maggiore concentrazione ad Atene, che è anche la città più popolosa. I casi ricoverati in terapia intensiva
sono 28 e 151 i decessi, ad oggi 9 maggio. Numeri davvero minimi, circa 163 contagi per milione di abitanti, tanto bassi da far invidia persino al sempre efficiente nord Europa!

Eppure, in uno Stato in cui la crisi ha tolto gran parte del welfare, coi tagli alla sanità che hanno azzoppato un sistema sanitario (vi ricorda qualcosa?), già di per sé non all’avanguardia, tutto sommato i numeri delle vittime del Covid-19 sono tra i più bassi del continente. Nonostante questo le proteste del personale sanitario greco già sottopagato non sono mancate.

Cosa sarebbe successo in caso di numeri più alti?

Certo gli iper affollati campi profughi greci sono possibili focolai che preoccupano, e non poco: a quattro anni dall’accordo Ue-Turchia del 2016, soltanto nei campi ufficiali allestiti nelle isole vivono almeno 40 mila migranti, in condizioni disumane, e a cui è negato l’accesso alla sanità pubblica greca.

La maggior parte di questi è scappata da Siria, Iraq, Afghanistan, oppure è rimasto per anni bloccato in Turchia. Quasi la metà è composta da bambini, in gran parte nati negli accampamenti tra tende e container di fortuna. Solo a Moria, il campo delle Nazioni Unite di Lesbo, vivono 20 mila migranti, per lo più ammassati nell’area rurale attorno al campo ufficiale: una splendida oliveta che oggi rappresenta una baraccopoli alle porte dell’Europa.

Anche le procedure di asilo sono state sospese, mentre gli sbarchi, dalla vicinissima Turchia, non si sono mai arrestati nonostante la polizia greca faccia di tutto per respingere gli arrivi, supportata da motovedette della guardia costiera internazionale. Tutte le Ong internazionali sono in grossa difficoltà, mentre il governo centralizza la gestione dei centri di accoglienza, e chiede soldi a Bruxelles.

Ma come hanno fatto i Greci a resistere così bene al virus?

Le misure di contenimento sono state quelle che conosciamo, dal distanziamento sociale agli spostamenti limitati, con le autocertificazioni obbligatorie, interruzione dei trasporti e chiusura delle frontiere. Ma il lockdown è stato attivato almeno 6 giorni prima della notizia di un primo decesso: un tempismo che ha evidentemente portato bene al neo-eletto primo ministro, che ha chiuso scuole e vietato assembramenti con un anticipo che è stato indubbiamente severo ma lungimirante. Oltre a una popolazione decisamente non troppo numerosa.

Non sono mancate però le sanzioni: un centinaio persone sono state addirittura arrestate dall’inizio della pandemia per aver violato il lockdown, e pare che il disagio più difficile da mandare giù, per i greci, sia la chiusura delle chiese. Fa sorridere, ma è un sorriso amaro, che tra gli arrestati figurino moltissimi senzatetto di origine nordafricana accalappiati soprattutto nell’area di Salonicco.

Ce lo testimoniano alcuni volontari che si recano regolarmente nella seconda città più popolosa del Paese, dove si ammassano camminanti diretti verso la rotta balcanica, e senzatetto che hanno perso ogni bussola.

Vi racconteremo di loro nei prossimi giorni, e delle storie di alcuni migranti incontrati durante il loro percorso di sostegno in strada.

Molti senzatetto, ci dicono, sono stati immediatamente rimpatriati verso i Paesi d’origine perché trovati in piena violazione delle regole, e senza alcun documento.

E’ singolare, questa applicazione della legge nei confronti di chi si trova fuori casa da anni, perché una casa non ce l’ha.

Forse il lockdown ha contribuito a liberare le strade dai migranti, categoria divenuta indesiderata?  Che non sono benvenuti? Soggetti ‘ingombranti’?

In copertina: foto @Thanassis Stavrakis. Courtesy @AP. Copyright 2020 The Associated Press. All rights reserved.

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