Cronache quotidiane di giovani moscoviti
di Laura Sestini
Della vita di un cittadino russo poco o niente sappiamo in Occidente. I cittadini comuni, quelli che hanno difficoltà occupazionale o sociale non giungono in Italia e in Europa, non possono permetterselo economicamente. Nel Vecchio continente giungono quasi esclusivamente i magnate russi che acquistano grandi e magnifiche ville, castelli antichi, mega yacht o società calcistiche.
Marusya Syroechkovskaya è una neoregista moscovita, ma il suo lungometraggio d’esordio, How to save a dead friend – Come salvare un amico morto – presentato in anteprima mondiale al Vision du Réel e al Festival di Cannes nella sezione “Acid” – si è aggiudicato premi in numerosi festival internazionali, tra cui il Festival dei Popoli di Firenze a fine 2023.
Il film è una denuncia che la regista pubblica a proposito della società russa di Putin, che lei ritiene la Federazione della Depressione.
Nel 2005 Marusya aveva 16 anni, ed il film costruito sulla sua biografia quotidiana di un certo periodo temporale. Ella era convinta che il 2005 sarebbe stato il suo ultimo anno di vita. Già durante la scuola superiore aveva realizzato un video sul senso di “confinamento” che lei percepiva dentro se stessa, l’impossibilità di trovare una soluzione rispetto all’idea di suicidio a cui molti momenti della sua giornata erano dedicati. (Secondo i dati WHO – World health organization – la Federazione Russa è uno dei paesi della regione europea in cui il suicidio rimane una causa significativa di morte e di carico di malattie). Eppure Marusya viveva in una famiglia unita che non aveva problemi economici. Una famiglia come tante ma che, evidentemente, per una ragazza meno propensa a stare dentro un contesto politico-sociale oppressivo, tautologico, non era sufficiente.
La vita di Marusya prende una deviazione quando ad un concerto di musica grunge – un mix di generi musicali – incontra “fatalmente” Kimi, un coetaneo che vive in una popolare periferia di Mosca, socialmente povera e degradata, di grandi palazzoni tutti uguali, come troviamo anche nelle metropoli italiane, Tor Bella Monaca, Scampia, Quarto Oggiaro e numerosi altri. A differenza di Marusya, la famiglia di Kimi ha un’esperienza molto più scura. Lui ricorderà della separazione dei genitori e della fame patita da bambino con la sorellina, tamponata con grandi tazze di zucchero lasciate dalla madre in cucina prima di recarsi al lavoro.
Il film è realizzato da Marusya con frammenti video di 12 anni di vita passati insieme a Kimi – dal 2005 al 2017 -vissuti come una travolgente favola d’amore, si sposeranno, ma tragicamente priva di un lieto fine.
Il lungometraggio è travolgente anche per lo spettatore, per dinamicità, colori, scene utilizzate e messaggio. Spezzoni video ripresi in qualsiasi situazione i due giovani si trovino, girati da loro stessi e talvolta da altri amici; delicati gesti amorosi, l’imprescindibiltà della musica che aiuta a vivere, le droghe, le diatribe politiche nelle piazze russe a cui loro, Kimi e Marusya, non partecipano, la difficoltà occupazionale, la salute mentale.
Essi riprendono se stessi, la loro vita, senza un motivo preciso, forse per rompere la noia. Un viaggio esistenziale intimo e interiore che, per quanto non sia come lo sognano, rimane comunque migliore della realtà che li circonda, che loro rifuggono.
Impossibile non fare un paragone con il film Christiana F. – Noi i ragazzi dello Zoo di Berlino, del regista tedesco Uli Edel, uscito nel 1981, la cui storia è tratta dall’omonimo libro autobiografico di Christiana Vera Felscherinow, processata a 16 anni a Berlino per prostituzione e tossicodipendenza. Una storia vera, del 1978, che fece molto scalpore in tutto il mondo.
Entrambi, Christiana F. e How to save a dead friend tracciano il disagio giovanile, seppur in contesti politici, temporali e geografici differenti; la decadenza della società contemporanea che a macchia di leopardo, nelle aree europee di esclusione e povertà sociale, coinvolge soprattutto le fasce giovanili della popolazione. Ma non solo.
How to save a dead friend mostra un aspetto della società moscovita attuale, dei nostri giorni, mai in maniera volgare o populista. Il tempo della coppia scorre scandito dai discorsi di fine anno, ora di Putin, ora di Medvedev, con scenografici fuochi d’artificio, ma che non dicono mai niente di nuovo.
La poetica usata da Marusya Syroechkovskaya nel suo lungometraggio d’esordio, riporta anche numerosi momenti delle angosce vissute nella vita quotidiana dai due giovani, ma non sembra cercare lo sguardo salvifico dello spettatore. La storia iper-reale e psichedelica di Marusya e Kimi viene narrata per quello che è, senza segreti e senza giustificazioni.
Se esiste una attuale corrente realista cinematografica russa, How to save a dead friend si potrà inserire in quel solco. Un nuovo modo di ri-costruire trame esistenziali che usano la cinematografia come mezzo tecnico, ma non più la finzione.
Marusya Syroechkovskaya (1989) è una pluripremiata filmmaker e artista visiva nata a Mosca. A marzo 2022 ha dovuto abbandonare la Russia mentre aumentava la repressione sulle voci dell’opposizione. Il suo cortometraggio studentesco, “Exploration of Confinement”, ha ricevuto il premio della giuria al New Orleans Film Festival 2013 ed è stato candidato agli Academy Awards 2013. Per la sua formazione ha frequentato workshop come Ex Oriente Film, Flahertiana e l’IDFAcademy. Marusya è stata borsista presso il Nipkow Program 2022 (Berlino, Germania) dove ha realizzato “How to save a dead friend” .
Film visibile su https://www.zalabview.org
Sabato, 4 maggio 2024 – Anno IV – n°18/2024
In copertina: una scena di “How to save a dead friend” di Marusya Syroechkovskaya