La maratoneta Rebecca Cheptegei uccisa dalle mani del fidanzato
di Laura Sestini
I primi giorni di settembre sono stati devastanti dal punto di vista della violenza sulle donne. Ma non troppo differenti sono stati in altri periodi dell’anno.
La strage di Paderno Dugnano, paese della città metropolitana di Milano, per mano di un 17enne che uccide con 69 coltellate i suoi genitori e il fratellino 12enne si commenta da sola. Ai primi interrogatori del GIP il ragazzo non sa giustificare lo scempio che ha da poco compiuto.
Il 30 luglio, per grave accoltellamento, in un parco in provincia di Bergamo muore Sharon Verzeni, giovane donna trentatreenne, per mano di un giovane 31enne che non aveva legami con la vittima, e senza un motivo preciso. Solo il 30 agosto, l’uomo, che si dice abbia problemi psichiatrici, è stato intercettato – riconosciuto dalle telecamere di sicurezza – e confesserà di aver agito per futili motivi. A suo carico è stata contestata anche l’aggravante della premeditazione poiché era uscito da casa con ben quattro coltelli. L’intenzione era forse palese, il caso ha fatto incrociare la vittima con il suo aggressore. Poteva essere una qualsiasi altra donna.
In mezzo a questi eclatanti femminicidi che diventano immediatamente virali, altri se ne compiono ma rimangono quasi sconosciuti all’opinione pubblica, dimenticati dopo pochi giorni. Il Viminale riporta che i femminicidi nel 2024 siano arrivati già a 65.
La retorica sui femminicidi e la violenza alle donne, in Italia è politicamente propagandata, strumentalizzata molto spesso contro gli uomini di origine straniera. Al di là che tutto questo ciarlare non risolve il problema delle centinaia di donne che perdono la vita, in gran parte per mano degli uomini a loro più cari, la questione va ben oltre la provenienza nazionale di un omicida o del colore della sua pelle.
I confini della violenza non esistono: ai quattro punti cardinali, nelle democrazie industrialmente sviluppate o nelle dittature di paesi considerati sottosviluppati, la violenza di genere è un costante, indipendente anche dalla religione praticata o dal ceto sociale.
Il quotidiano turco Bianet, nel suo bollettino mensile di agosto, riferito alla violenza sulle donne, riporta questo occhiello: “Gli uomini hanno perpetrato violenze contro almeno 63 donne, ne hanno uccise 27, abusato di 12 ragazzi e ragazze e ucciso 6 bambini.“
A causa della violenza del fidanzato, il 5 settembre spira la maratoneta olimpionica di origini ugandesi Rebecca Cheptegei, da poco rientrata in Kenya dalle Olimpiadi svoltesi a Parigi. L’uomo l’ha attesa a casa, di ritorno da una funzione religiosa dove si era recata con la figlia, e l’ha cosparsa di benzina dandola alle fiamme, a causa di un litigio. Ma cosa c’è dietro quel litigio per far scattare una così truce e abominevole azione da parte dell’uomo? Si può ipotizzare che ritenesse la donna troppo libera? Era invidioso per non essere lui il maratoneta? Nessuna motivazione è plausibile con quanto accaduto alla vita della donna, davanti agli occhi dei suoi figli. Rebecca Cheptegei aveva 33 anni.
C’è qualcosa di più importante di un litigio, a monte, per capire un omicidio premeditato come questi tre esempi citati. La propaganda politica sui presunti “stranieri” che uccidono più dei “bianchi” è una bufala tanto grande, quanto l’impreparazione, e la poca attenzione, a cercare una soluzione ad un problema di portata globale. La violenza sulle donne è dappertutto, s-confinata.
Ecco, gli uomini ora provino a riflettere su quali siano le differenze – ma se saranno onesti troveranno solo molte somiglianze – tra uno uomo di pelle nera oppure uno di pelle bianca che uccide la propria fidanzata, moglie o convivente o finanche una sconosciuta che incontra per strada.
Sabato, 7 settembre 2024 – Anno IV – n°36/2024
In copertina: Rebecca Cheptegei – Foto: Narnabi – CC BY-SA 4.0