sabato, Novembre 16, 2024

Cultura, Teatro & Spettacolo

Honeydew

Il paradosso della legalità

di Laura Sestini

Vittorioso del Premio distribuzione in sala “Gli Imperdibili” (ex aequo con “Portuali” il film di Perla Sardella), Honeydew, il documentario girato da Marco Bergonzi e Michael Petrolini, in concorso nella sezione italiana, si appunta subito una coccarda al petto, con sua prima uscita in sala, in prima visione mondiale, al 65° Festival dei Popoli di Firenze da poco conclusosi.

Per entrambi i lavori cinematografici è stata ritenuta opportuna dalla giuria del festival, la medesima motivazione: “Per prima cosa vogliamo sottolineare che i film in concorso sono stati tutti capaci di coinvolgerci: ci hanno colpito per la varietà delle storie, degli sguardi, degli stili. Abbiamo deciso di premiarne due, che confidiamo sapranno appassionare il pubblico della Casa del Cinema della Toscana perchè trattano temi importanti, che riguardano senza eccezioni tutti noi. Due film molto diversi tra loro, ma che ribadiscono la funzione sociale che contraddistingue il cinema documentario. Due film scelti anche per il desiderio di rivederne di nuovo i protagonisti qui,  nella nostra sala, con il nostro pubblico, liberi dai vincoli che le scelte commerciali talvolta impongono.”

Honeydew è un lavoro di ricerca sociale che i due co-registi, Bergonzi e Petrolini, hanno fatto sul campo per un tempo lungo, a stretto contatto con la piccola comunità che proprio a Honeydew vive, circa 400 persone, nel mezzo delle montagne della California settentrionale, rintanata qui con l’intenzione di “proteggersi” dalla società inquinata e consumistica americana. Honeydew narra l’esistenza della comunità, delle sue battaglie di ieri e di oggi, per la sopravvivenza e il mantenimento dello status quo di un modello di vita alternativo, anticonformista.

Honeydew è una località non lontano dall’Humboldt Redwoods State Park, tra i più grandi parchi dell’intero stato californiano, di cui un terzo è costituito da antiche foreste di sequoie, la più grande distesa di antiche sequoie rimasta sul pianeta.

Honeydew risulta un documentario ben strutturato, sia nella sceneggiatura visiva che nella descrizione delle problematiche attuali e quotidiane degli abitanti; un bel lavoro, interessante nel contenuto, che racconta uno spaccato storico e culturale, su una particolare esperienza del movimento Hippy che, a partire dagli anni ’60 statunitensi, aveva dato avvio a una rivoluzione nei costumi e nello stile di vita contro la società borghese e del boom economico. Travolgenti i lenti blues che sottolineano alcune scene.

Gli abitanti di Honeydew che formano il nucleo di ex-hippy (neanche troppo ex, in verità), che costituiscono in maggioranza la comunità, sono arrivati in quel luogo appartato dal resto del mondo alla spicciolata, fin dagli anni ’70, attratti dal sogno di vivere a stretto contatto con la natura e a ritmi più umani, liberi dalle costrizioni della società “moderna”. Oggi la comunità di Honeydew è diventata una sezione riconosciuta nazionalmente di Firewise, di grande aiuto al controllo degli incendi della foresta di cui è circondata, in collaborazione con i pompieri californiani e la protezione civile locale. Il programma sulla sicurezza antincendio proposto da questa comunità ha incluso anche la creazione e la distribuzione di opuscoli didattici per i proprietari terrieri su come rendere le loro case più resistenti al fuoco, nonchè un sistema di mappatura dell’area che consente di individuare più facilmente i luoghi degli incendi stessi, di cui la California sappiamo essere particolarmente colpita ogni anno.
Quindi, un comunità di individui dell’ex-hippy, ad oggi in media formata da persone sessanta/settantenni, che è rimasta coerente con i principi di base del movimento, da cui in realtà non si è mai staccata veramente. Ma una questione non da poco, è che i loro discendenti, i figli dei “Figli dei fiori”, oggi trenta-quarantenni, sono attratti da un modello economico e sociale più “contemporaneo”.

Una scena di “Honeydew”
Foto courtesy: 65° Festival dei Popoli

L’economia della comunità di Honeydew, per il proprio autosostentamento, si è avvalsa della coltivazione di frutta e verdura e l’allevamento del bestiame, ma anche basata sulla produzione di marijuana (non legale), per uso personale e per il piccolo commercio verso consumatori privati.

La legalizzazione della cannabis, in California, è avvenuta per uso medico già nel 1996 e per uso ricreativo dalla fine del 2016, attraverso un referendum. Ironia della sorte, la legalizzazione della marijuana ad uso ricreativo per gli abitanti di Honeydew si è però rivelata un vero e proprio paradosso. Nei fatti, una parte degli abitanti ha deciso di aderire ai programmi di produzione della marijuana legale attivati del governo californiano che in realtà si è dimostrato un disastroso boomerang. Le rigide normative governative hanno messo in ginocchio una buona parte di coloro che hanno tentato questa nuova attività economica, a causa delle annose e innumerevoli prassi burocratiche e gli infiniti controlli dell’agenzia californiana sulla produzione di cannabis legale, prodotto che viene ceduto esclusivamente allo Stato e da questo rivenduto ai consumatori finali.

Inoltre, i figli degli ex Figli dei Fiori, ormai adulti grandi e indipendenti, che si sono lanciati nell’esperienza economico-commerciale della cannabis legalizzata guardano ad una produzione più industriale attraverso l’uso di serre riscaldate che, in mezzo alla foresta, nelle piccole vallate, producono inquinamento acustico ed ambientale, buttando all’aria, ribaltando propriamente, l’intero modello ecologico di vita lungo cinque decadi dei loro genitori.

Nella piccola comunità sta avvenendo una vera e propria rivoluzione involutiva, dal punto di vista del benessere, e della sostenibilità ambientale, dove anche voraci produttori esterni alla comunità tentano di impiantare nuove coltivazioni.

La comunità è entrata in discussione con se stessa, si è frazionata tra chi coltiva e chi non coltiva cannabis, creando fratture sociali e affettive, mentre fino a pochi anni fa aveva vissuto miracolosamente in un piccolo paradiso semisconosciuto. Non sembra possibile che la loro “amata” cannabis coltivata illegalmente non abbia mai procurato noie, mentre la cannabis legalizzata si è improvvisamente trasformata nel demone (neoliberista) che mette sottosopra un lungo esperimento di vita alternativa attuato brillantemente da quei pochi hippy che avevano avuto il coraggio di essere coerenti alla loro visione esistenziale. Il futuro della comunità di Honeydew sembra correre davvero un grande pericolo.

Diciamo, quindi, grazie ai co-autori del docufilm, presenti in sala al Festival dei Popoli, e agli abitanti della comunità che si sono prestati come attori, per filmare la loro vita reale a Honeydew, ovvero ciò che ha permesso anche lo svelamento della paradossale situazione in cui si essi adesso si ritrovano, denuncia manifesta dell’attacco alla natura incontaminata che si sta compiendo in questa regione californiana.

Presente in sala anche Maureen Cody, visibilmente commossa dal calore che le ha dimostrato il pubblico, protagonista principale del documentario, abitante di Honeydew, donna di grande forza spirituale ed intellettuale giunta in quell’angolo sperduto di mondo nel 1979 insieme ai suoi due figli piccoli.

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Honeydew

regia di Marco Bergonzi e Michael Petrolini (Italia | 2024 | 89 min)

Prodotto da: Indyca e Rai Cinema

​In collaborazione con: RAW SIGHTS

​Soggetto: Marco Bergonzi, Francesco Cibati, Michael Petrolini

Cast: Maureen Cody

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Sabato, 16 novembre 2024 – Anno IV – n°46/2024

In copertina: una scena di Honeydew con la protagonista Maureen Cody – Foto courtesy: 65° Festival dei Popoli

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