giovedì, Dicembre 12, 2024

Le riflessioni della giraffa

La Buddità come stato vitale e come coscienza

I 10 Mondi e il loro mutuo possesso, e le nove coscienze

di Elisa Ciulli

Secondo il buddismo gli stati vitali che possiamo sperimentare sono 10:

  1. L’inferno, che è la sofferenza più nera
  2. L’avidità, il desiderare e mai essere soddisfatti
  3. L’animalità, vivere come gli animali cioè in base all’istinto
  4. La collera che è l’arroganza, il sentirsi superiori agli altri e il desiderio intrinseco di schiacciarli, anche se si manifesta a volte con una falsa benevolenza
  5. La tranquillità o umanità, lo stato vitale di chi vive sulla base della ragione
  6. L’estasi, la felicità che si sperimenta quando si realizza un desiderio o si risolve un problema, e proprio per questo è temporanea
  7. Lo studio, lo stato vitale delle persone che studiano, quindi la soddisfazione della conoscenza
  8. L’illuminazione parziale che è la capacità di inventare o di creare qualcosa
  9. Bodhisattva che è lo stato vitale di chi si dedica agli altri, il sentirsi felici rendendo gli altri un pochino più felici
  10. La Buddità, la felicità assoluta, ovvero che non dipende dall’aver realizzato qualcosa che per noi è importante, ma come la gioia inerente alla vita indipendentemente dalla situazione che attraversiamo; si manifesta anch’esso come lo stato di bodhisattva ma in più è la percezione di sentirsi parte di un qualcosa di grande e di unico.

La cosa bella dei 10 mondi è che ognuno possiede gli altri nove quindi per “salire” alla Buddità non c’è bisogno di partire dal primo e scalare tutti i nove mondi. Anche dalla condizione più bassa dell’inferno si può arrivare a sperimentare lo stato vitale della Buddità che oltre ad essere uno stato vitale è anche una coscienza, la nona, la più profonda e la più pura, attivando la quale si può illuminare le altre 8 così composte:

Le prime cinque sono i cinque sensi: vista, udito, olfatto, gusto e tatto.

La sesta coscienza è quella che le collega e ci permette in base a ciò che si è visto, sentito, toccato eccetera, di elaborare un pensiero.

La settima coscienza è la sede del pensiero astratto, la capacità di capire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato; è comunque indipendente dagli stimoli sensoriali, ed è la capacità di riflettere e di percepirsi separati dagli altri.

L’ottava coscienza è detta anche coscienza magazzino o karma,  e in essa risiedono tutte le azioni da noi compiute sia a livello mentale che verbale che fisico.

La moderna psicologia la chiamerebbe la sede dell’inconscio, e, mentre nella settima coscienza risiede la paura della morte, l’ottava coscienza è ciò che secondo il Buddismo rimane nel momento in cui moriamo.

Le esperienze di premorte sembra che risiedano proprio tra la settima e l’ottava coscienza.

Ecco, nel momento in cui, attraverso, o forse è proprio il caso di dire, grazie alla sofferenza dell’inferno, riusciamo a toccare, mediante la recitazione di Nam myoho renge kyo, il decimo stato vitale che è la Buddità, riusciamo ad illuminare tutto ciò che è l’apparato che ci separa dal mondo esterno per arrivare a capire che alla fine non c’è nessuna separazione, ma che siamo parte del tutto.

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Sabato, 7 dicembre 2024 – Anno IV – n°49/2024

In copertina: immagine di Arek Socha/Pixabay

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