lunedì, Dicembre 23, 2024

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Algeria: elezioni legislative e nulla di fatto

IL FLN – Fronte di Liberazione Nazionale rimane il primo partito. E il movimento Hirak?

di Laura Sestini

L’Algeria è un Paese molto vicino all’Italia, non solo geograficamente, per il settore energetico di combustibili fossili – che gli valgono il 30% del PIL – ed i rapporti di esportazione di gas naturale che ha in convenzione con l’Italia e l’Unione Europea. Paese affacciato sul Mar Mediterraneo, i suoi confini marittimi coincidono con l’italica Sardegna, isola verso cui tende sempre più ad avvicinarsi per la ricerca di giacimenti fossili, in allegra compagnia della onnipresente Turchia.

Il 12 giugno scorso, 24 milioni di algerini sono stati chiamati alle urne – dopo due anni di contestazioni del movimento popolare Hirak – per scegliere tra oltre 2000 liste e 22 mila candidati per la futura Assemblea Nazionale del Popolo.

Il movimento Hirak, detto anche rivoluzione del sorriso per essere un moto politico non violento, è nato a febbraio 2019 a seguito della quinta candidatura alle elezioni presidenziali dell’anziano Abdelaziz Bouteflika, al potere dal 1999. L’Hirak è stato promotore di una lunga serie di manifestazioni popolari, che portarono inizialmente al ritiro della candidatura di Bouteflika del 2019 e poco dopo, al prolungarsi delle contestazioni e con l’aiuto dell’ultimatum dei militari – per voce del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Ahmed Gaid Salah – alle sue dimissioni da Presidente della Repubblica Democratica Popolare di Algeria. Da sottolineare che nel 2015 Bouteflika aveva attuato una complessa riforma istituzionale volta a limitare le prerogative del potere militare ed in primis dei servizi di intelligence.

Durante le manifestazioni del 2019, seppur pacifiche – alcuni scontri portarono a due morti e un centinaio di feriti.

L’Hirak è un movimento dove sono confluiti attivisti delle differenti correnti politiche della sinistra algerina, formato soprattutto da molti giovani che mirano ad un Paese più libero ed emancipato, libero dalla corruzione politica, e da ciò che essi chiamano ‘mafia’ e che reputano colpevole degli scontri e delle uccisioni dei manifestanti. 

L’Hirak si distingue da tutti i movimenti politici per non avere un leader, questo perché – come principio – in passato alcuni dirigenti politici di altri moti rivoluzionari, si sono poi ‘venduti’ al potere; peculiarità che finora non ha mai creato ostacoli all’impegno civile di base che manda avanti l’intero movimento, abbracciando più fasce di cittadini, comprese le donne e i movimenti femministi.

In Algeria, a seguito della decolonizzazione dalla Francia del 1962, si innescarono dei conflitti interni, per la lotta al potere, fino alla elezione nel 1963 del primo Presidente – Ben Bella – ex esponente dell’ala più radicale del movimento di liberazione anticolonialista.

Tra rovesciamenti di potere e colpi di stato, nel 1991, con le prime elezioni libere, il Partito islamista ‘Fronte islamico di salvezza’- FIS – vince le elezioni al 54 per cento; a sua volta rovesciato appena due anni dopo da un golpe militare – che governerà tutto il decennio, sebbene le prime elezioni presidenziali pluraliste del 1995 eleggano il generale Liamine Zéroual; fino all’arrivo del Presidente Bouteflika, nel 1999, alle improvvise dimissioni del suo predecessore. Il colpo di stato militare del 1992 innescherà una guerra civile durata due anni, come reazione del partito al potere che si costituisce movimento di lotta armato -Movimento islamico armato – MIA – dove confluiscono combattenti volontari e dal quale troncone principale si costituirà una frangia qaedista – Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento (GSPC), che attenterà a personaggi politici, giornalisti, laici ed intellettuali. Il conflitto perde di intensità, e nel tempo i gruppi politici si scioglieranno o si inseriranno in altri gruppi islamisti, all’arresto dei leader politici del FIS Abassi Madani e Ali Belhadj.

Abdelaziz Bouteflika, è erede del pensiero politico di Houari Boumedienne, ex Capo di Stato Maggiore del FNL, combattente nella guerra di liberazione dalla Francia, che poi diverrà – nel 1965 dopo aver deposto Ben Bella – leader assoluto dell’Algeria fino al 1978.

In sintesi, dall’indipendenza dalla Francia ad oggi, a parte la finestra islamista, l’Algeria è sempre stata in mano militare, governata rifacendosi alla politica di stampo socialista, ma senza riflettersi nella condizione di democrazia come indica la dicitura della Repubblica algerina.

Le richieste di riforme democratiche in Algeria iniziano nel 2001, e dallo stesso anno anche i boicottaggi alle elezioni dei movimenti politici di opposizione. Nel 2011, i movimenti popolari tentano la Primavera Araba e richiedono le dimissioni di Bouteflika, il quale, per tamponare la situazione, promette delle riforme economiche e sociali e la creazione di nuovi posti di lavoro.

Da febbraio 2019 il movimento Hirak – dopo un periodo piuttosto lungo di sonnolenza politica attiva di opposizione – ha il merito di aver risvegliato i giovani e gli studenti, operai e massaie che ancora una volta scendono in piazza per reclamare i loro diritti civili e democratici.

Alla vigilia delle elezioni – il 12 giugno – il Presidente Abdelmadjid Tebboune – insediatosi dopo Bouteflika – decretaa la solidità delle elezioni e il cammino intrapreso per la democrazia, ma allo stesso tempo si restringono le autorizzazioni alle manifestazioni popolari, la polizia algerina ferma decine di persone in tutto il Paese, mentre sui social diventa virale l’aggressione nei confronti del 61enne Kamel Bourmad, picchiato brutalmente dalla polizia, mentre manifestava pacificamente ad Algeri, e successivamente arrestato con l’accusa di attentato alla sicurezza nazionale. 

Quindi non sono mancate le provocazioni per incitare la violenza – da parte governativa – mentre ancor prima delle elezioni, tra le fila dell’opposizione, si parla già di brogli elettorali e si esorta all’ennesimo boicottaggio al voto.

Come sono finite le elezioni?

Dei 407 deputati all’Assemblea Nazionale del Popolo, l’FLN – che ancora oggi simboleggia lo spirito della rivoluzione algerina e il palazzo dello Stato – ha ottenuto 105 seggi.

Un gruppo di indipendenti ha ottenuto 78 seggi – ma non si conosce, al momento, la reale provenienza politica – auspicando che siano soggetti legati al movimento Hirak. Secondo una fonte tunisina, il gruppo politico ha ricevuto finanziamenti dallo Stato algerino. Una questione di lana caprina, quindi.

L’ MSP – Movimento per la Pace sociale – partito legato ai Fratelli Musulmani algerini che fa parte dell’arredamento politico di tutti i governi – 64 seggi. Nel 2017 si erano dichiarati all’opposizione, ma fu solo un opportunismo del momento.

L’ RND – Raggruppamento nazionale democratico – partito vicino al FLN e seconda forza politica del paese, è sceso a 57 seggi – probabilmente pagando pegno di casi di corruzione a carico di alcuni suoi esponenti.

Il Fronte al Moustakbal, 40 seggi. Partito satellitare a FLN e Ali Benflis – ex Primo Ministro durante la seconda presidenza di Bouteflika.

El Binaa 40 seggi: partito islamista dissidente di MSP e vicino al potere governativo.

La percentuale dei votanti è stata la più bassa nella storia dell’Algeria post-coloniale, con solo il 30 per cento dei voti. Mentre la crisi economica e sociale vola più alta che mai.

Sabato, 3 luglio 2021 – n°23/2021

In copertina: una manifestazione del movimento Hirak ad Algeri

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