Rehearsals of theatrical re-starts at the Almada International Festival
di Daniele Rizzo
Abstract in Inglese e Italiano – testo in Italiano
Across the Tejo River, in “touch” with the Atlantic Ocean and still far away from the gentrification and globalization issues that slowly begin to “pollute” the capital city of Lisbon, the 38th edition of the Festival of Almada, historical event founded and directed from the beginning by the Companhia de Teatro de Almada, relaunches its original mission with the artistic proposal spread over seven theaters – in Almada and Lisbon – and brand new international proposals. The stage play by Duarte Guimarães showed up suggestive, less the long-awaited last work by Josef Nadj, while the directed by Rodrigo Francisco – Um gajo nunca mais é a mesma coisa – seemed still far from a convincing artistic maturity (Al di là del fiume Tejo, a stretto contatto con l’Oceano Atlantico e ancora lontana dai processi di gentrificazione e globalizzazione che lentamente hanno iniziato a “contaminare” la capitale Lisbona, la 38a edizione del Festival di Almada, storica kermesse fondata e diretta da sempre dalla Companhia de Teatro de Almada, rilancia la propria mission originaria con una programmazione distribuita su sette teatri tra Almada e Lisbona e riaperta alle proposte internazionali – t.d.g).
Se per l’edizione dello scorso anno si era dovuta necessariamente “accontentare” di produzioni per lo più nate all’interno dei confini portoghesi, nell’estate del 2021 Almada torna ad ospitare compagnie, autori e interpreti stranieri (come Ivo van Hove e Josef Nadj, Jan Lauwerz e Viviane De Muynck, Monica Bellucci e François Chattot) e dedica il proprio focus al combinato disposto tra post-colonialismo e questione di genere, disvelamento dell’omofobia e denuncia del razzismo nelle società occidentali. In particolare, va segnalato come proprio all’incrocio tra le ombre della guerra coloniale portoghese e il suo latente/manifesto maschilismo, la Companhia presenterà nei prossimi giorni uno dei suoi due spettacoli in cartellone, Um gajo nunca mais é a mesma coisa, che abbiamo visto in una prova aperta e, dunque, ipoteticamente non nella sua forma definitiva. Diretto da Rodrigo Francisco, Um gajo nunca mais é a mesma coisa sembra infatti indugiare su una incerta composizione estetico-ideologica, di cui – non potendo esprimere una adeguata valutazione sulla narrazione, essendo lo spettacolo in portoghese e privo di sottotitoli in inglese – a perplimere sono state tanto le gestualità (estremamente manieristiche), nonché il pesante realismo rispetto al quale gli incessanti cambi di costume e l’alternanza temporale dettata dall’utilizzo del microfono non aggiungono nulla, ma anzi appaiono strozzare sul nascere l’immaginazione e l’attivazione dello spettatore.
Più strutturata nelle intenzioni e ormai definitiva nella realizzazione, Omma è invece la nuova coreografia dell’ungherese Josef Nadj. L’intuizione di partenza è essenziale. I performer sono otto danzatori, che le note di regia specificano essere “tutti provenienti dal continente africano”, i cui corpi – alcuni statuari, altri più esili ma sempre scolpiti – realizzano continui momenti di scontro non appena accennano al minimo contatto. I conflitti sono aspri, l’incomunicabilità tra i vari assoli è radicale. L’atmosfera è primordiale e l’assenza di un linguaggio comune porta i loro tentativi di comunicazione a naufragare in urla e incomprensibili espressioni gutturali. Qualcosa, però, sembra via via cambiare, con i suoni che si addolciscono e la progressiva “conoscenza” dettata dalla “esperienza in comune” e dal tempo della coreografia che porta i loro “urti” ad ammorbidirsi e il loro tentativo di dialogo ad aprirsi in una coesistenza anarchica e rispettosa delle differenze. L’ostile radicalità della prima metà si stempera e le individualità artistiche sembrano avvicinarsi – pur senza ancora formare un ensemble – nel riconoscimento di un destino comune, nella percezione di un’analoga natura umana che accomuna il perimetro scenico. Il finale è inevitabilmente catartico con il gruppo che prima “scopre” un contesto in cui le alterità possono essere tanto salvaguardate, quanto esaltate, vale a dire quello di una danza ludica, e che infine giunge a riconoscersi – e a far riconoscere al pubblico – come l’umanità sia fatalmente legata dal filo rosso (simbolo della morte) che lega due performer portati in un corteo funebre.
Danza di concetto e non di racconto, Omma si offre come l’ennesima proposta estetica contemporanea che non solo ha ormai sostituito la composizione coreografica con il ritmo, l’attenzione e la conoscenza posturale con lo “sforzo fisico” e la complessità con la ripetitività, ma che si aggrega alla vulgata buonista di un’umanità che dovrebbe semplicemente accettarsi così com’è, come se tale prospettiva fosse un “dato naturale”.
Chiude la nostra corrispondenza da Almada, Pastéis de Nata para Bach, spettacolo con cui la direzione del Festival ha sostituito all’ultimo momento il quarto capitolo di Planeta dança di Sónia Baptista.
Immaginata a partire dall’incontro di fantasia tra il genio di Bach con quel dulce de leche che divenne il celebre pasticcino portoghese da cui la pièce trae il titolo (la cui leggendaria ricetta originale rimane segreta e custodita nella Fábrica dos Pastéis de Belém), Pedro Proença e Teresa Gafeira scrivono una storia ben equilibrata, dai toni brillanti e dai contenuti ilari. La regia di Duarte Guimarães non si accontenta di raccontare e affida agli splendidi Anabela Ribeiro, Ivo Marçal, João Farraia, Pedro Walter, Vera Santana il compito di realizzare vorticosi momenti coreografici utilizzando la bella scenografia di mobili e strumenti d’epoca di Pedro Proença. Complice anche l’utilizzo di diversi capolavori bachiani come accompagnamento musicale, il risultato è una proposta semplice, ma assolutamente efficace nel veicolare e incuriosire i più piccoli nei confronti di una delle massime espressioni della musica e della cultura occidentale.
https://festival.ctalmada.pt – dal 2 al 25 luglio 2021
Sabato, 17 luglio 2021 – n°25/2021
In copertina: da ‘Omma’ di Josef Nadj – Photo credit Sophie-Carles – courtesy Festival de Teatro de Almada