venerdì, Dicembre 27, 2024

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Bolivia: ritorno al futuro

Il Movimento per il socialismo vince le presidenziali con il 52,4% dei voti

di Laura Sestini

Sono trascorsi esattamente 12 mesi da quando – subito dopo le elezioni di ottobre 2019, vinte di misura da Evo Morales, Presidente uscente e da 14 anni alla guida del Paese andino con il partito socialista Mas – per le strade della capitale La Paz, investendo poi altri centri, si riversò una folla furoreggiante contro presunti brogli elettorali.

Le proteste si rivelarono molto cruente e durarono fino alla fine di novembre, con decine di morti, centinaia di feriti e numerosi edifici istituzionali dati alle fiamme.

Se gli scontri in piazza iniziali erano contro Morales, in seguito proseguirono tra le diverse fazioni politiche, fino a che interi reparti di polizia antisommossa decisero l’ammutinamento e chiesero le dimissioni del Presidente in carica.

Tra gli episodi più violenti che si ricordano, ci fu il sequestro della sindaca del Mas nella città di Vinto – Patricia Arce – alla quale furono tagliati i capelli, e che fu ricoperta di vernice rossa e costretta dagli oppositori presidenziali a camminare per chilometri, a piedi scalzi, lungo le strade della città – come fosse un trofeo.

Patricia Arce sequestrata dagli oppositori di Evo Morales nel 2019

Allora Morales, su pressione delle forze armate e della polizia, rassegnò le dimissioni, unitamente ad altri signicativi rappresentanti governativi, e fu invitato e accolto con l’asilo politico dal Presidente Andrés Manuel López Obrador, in Messico, per trasferirsi poi in Argentina da Alberto Fernández, dove tuttora si trova mentre esulta per i risultati elettorali che vedono risalire al potere, in Bolivia, proprio il Movimento per il Socialismo, nella veste del neo-Presidente Luis Arce (suo ex-Ministro delle Finanze). Ricordiamo che Morales fondò il Mes nel 1987 e ne è tuttora il massimo leader.

Ma torniamo a novembre 2019, quando un nuovo governo provvisorio di centro-destra si insedia a La Paz, guidato da Jeanine Áñez Chávez, politica ed ex-senatrice – autodichiaratasi disposta ad assumere l’incarico di Presidente, con la promessa di elezioni politiche entro tre mesi, procrastinate poi sino a qualche giorno fa. Il rigiro politico, accolto dai partiti di opposizione e sostenuto dal principio di immediatezza – per stato di emergenza – dalla Costituzione boliviana, fu comunque definito da più parti un colpo di stato; mentre, appena un mese dopo, la magistratura boliviana emetteva un mandato di cattura internazionale a carico di Evo Morales, con accuse di terrorismo.

I brogli elettorali di cui era stato incolpato il Presidente – il quale, dall’Argentina, fa sapere che non rientrerà nel Paese per incarichi di governo – non sono mai stati comprovati dall’OAS, l’Organizzazione degli Stati Americani per la democrazia e la pace, di cui la Bolivia è Stato membro.

Per certo, sulle dimissioni di Morales, giocò sporco l’opposizione boliviana di destra, supportata dalle forze armate e appoggiata dagli evergreen Stati Uniti – nonostante il Presidente socialista avesse dato disponibilità alla ripetizione della tornata elettorale.

A un anno di distanza, domenica scorsa, 18 ottobre 2020, i boliviani si sono di nuovo espressi nelle loro volontà politiche, tornando indietro nel tempo e riaffermando il desiderio di continuare a tracciare un percorso socialista per la trasformazione della Bolivia. Il colpo di stato è stato annientato, con efficacia, dal riaffermarsi della democrazia.

Morales stesso descrive i principi fondamentali del Movimento per il Socialismo: “Il peggior nemico dell’umanità è il capitalismo statunitense. È esso che provoca sollevazioni come la nostra, una ribellione contro un sistema, contro un modello neoliberale, che è la rappresentazione di un capitalismo selvaggio. Se il mondo intero non riconosce questa realtà, che gli Stati nazionali non si occupano nemmeno in misura minima di provvedere a salute, istruzione e nutrimento, allora ogni giorno i più fondamentali diritti umani sono violati”.

In copertina: festeggiamenti per le strade in onore di Luis Arce.

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