Alla ricerca del tempo perduto
di Laura Sestini
Nella splendida cornice di Montalcino e ancor più nella suggestiva atmosfera del Teatro degli Astrusi, già attivo nella seconda metà del secolo XVII con l’Accademia teatrale da cui prende il nome, ecco che torna in scena, dopo alcuni mesi di lavoro dietro le quinte, Marco Filiberti che, nello stesso contesto, aveva presentato nella precedente stagione il suo Parsifal cinematografico.
Filiberti, riteniamo essere un poliedrico autore di grande sensibilità, acutezza e cultura, sia che lavori in teatro o che trasferisca le sue opere in ambito cinematografico, ed anche per l’accurata scelta dei brani musicali che accompagnano le sue opere. Molto attento ai dettagli sia in ambito professionale che nella vita quotidiana, è un regista, drammaturgo e attore lontano dal mainstream, “fuori dalle righe” ma non per eccentricità, invero con un raffinato stile personale che si distingue attraverso un segno, anche linguistico, assolutamente riconoscibile e controcorrente.
Il nuovo lavoro, ancora in forma di studio, previsto nella sua interezza per gli anni a venire, verte nientedimeno sui Cahiers d’écriture di Marcel Proust. A Filiberti non piacciono le trame semplici, questo è evidente, sempre rivolto con lo sguardo verso i classici o i cult, focalizzato dove la forza dei sentimenti e dei sensi è prevalente, stratificata, complicata, spesso neanche risolta nelle esperienze drammaturgiche ed esistenziali degli stessi personaggi portati in scena. Lo stesso Proust si inserisce nella schiera di coloro che sono avvolti, coinvolti e invischiati nell’esperienza sensoriale umana, che lui riconosce quasi esclusivamente nei ricordi, su cui fa ricerca. “Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso”. Neanche Proust era dispensato da questo circolo virtuoso – ed anche un po’ vizioso – che lui descrive nella sua immensa opera À la recherche du temps perdu.
La scelta di Filiberti, di lavorare su Proust, non mente, ed anzi ne conferma i suoi peculiari interessi intellettuali e culturali, ciò che ama sondare e riproporre al suo affezionato pubblico, in questo caso attraverso una performance teatrale che attinge molto dalla danza contemporanea, ed esteticamente anche dalla pittura e dalla fotografia.
Forte di una cerchia di attori e performer della Compagnia degli Eterni Stranieri, gruppo creativo fondato e plasmato da Filiberti, con lui cresciuto in un rapporto artistico di anni, il regista propone una serie di scene, intercambiabili attraverso delle istantanee, snapshot nel linguaggio social contemporaneo che pare non conciliare (fortunatamente) con i gusti di Filiberti, che riprendono le azioni, le emozioni e i ritratti salienti dei personaggi creati da Proust. Dei veri e propri “quadri” pittorici, composti secondo le regole estetiche che riguardano anche la fotografia, per far sì che il numeroso insieme degli undici attori sul palco risulti sempre e tenacemente armonioso e piacevole alla vista dello spettatore. La ricerca estetica di Filiberti è ogniqualvolta evidente.
Lo studio attuale dei Cahiers d’Écriture si divide in due tempi performativi separati da un breve intervallo, agiti dentro e fuori la quarta parete, sostenuti da brani musicali coivolgenti che sottolineano i momenti attoriali o drammaturgici topici con apici sonori. Intrecciata ai Cahiers, entra nella drammaturgia anche l’intreprete principale della tragedia di Euripide, Fedra, a riconferma della fragilità umana, della sua corrutibilità e della ricerca dell’appagamento dei sensi.
In attesa dell’inizio dello spettacolo una gradevole maschile voce fuori campo recita i versi di Proust.
La premessa della nuova ricerca drammaturgica di Filiberti induce a grandi aspettative, tantoché ciò che ha esposto alla critica del pubblico poteva apparire come una parte di lavoro già definitivo. I costumi di scena, neutri nel colore e nelle fatture risultano un tocco geniale, indirizzando subliminalmente a prestare maggiore attenzione al testo e ai movimenti scenici.
Cahiers d’écriture I e II
scritto e diretto da Marco Filiberti
Coreografie e movimenti scenici Emanuele BURRAFATO
Con: Daniel DE ROSSI, Diletta MASETTI, Giovanni DE GIORGI, Zoe ZOLFERINO, Luca TANGANELLI, Adele MASCIELLO, Massimo ODIERNA, Alessio GIUSTO, Olimpia MARMOROSS, Martina MASSARO, Pietro BOVI,
Sound Designer: Stefano SASSO Moduli di Costume Daniele GELSI
Tecnico Luci: Piermarco LUNGHI
Aiuto Regia: Matteo FASANELLA
Direzione Tecnica: Francesco PERUZZI
Produzione Stefano Sbarluzzi e Sara Papini/Dedalus srl, in collaborazione con Le Vie del Teatro in Terra di Siena e Quaderni Proustiani, con il patrocinio Comune Città della Pieve.
Lo spettacolo è andato in scena al Teatro degli Astrusi di Montalcino (SI), il 6 e 7 dicembre 2024 alle ore 21.15.
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Sabato, 21 dicembre 2024 – Anno IV – n°51/2024
In copertina: un’istantanea dello spettacolo