L’Arteterapia, uno strumento utile per il corpo e l’anima
di Giorgio Scroffernecher
Con il quesito dal senso palindromo, ci rivolgiamo ad una specialista certamente molto attrezzata per rispondere: la dottoressa Tiziana Martelli. Neuropsichiatra infantile, psicoterapeuta, medico antroposofo e pedagogista curativo e clinico. Fino al 2014 nella Sanità Pubblica come responsabile di una Struttura complessa di Neuropsichiatria infantile, poi libera professionista che svolge in Italia attività con bambini, adolescenti e adulti, e di consulenza e formazione nei diversi ambiti di competenza per medici, educatori, insegnanti.
La citatissima frase di Dostoevskij sulla bellezza come strumento salvifico del mondo riguarda il mondo, appunto, o ogni individuo, uno ad uno?
«Entrambi! “L’arte e la cultura rimandano ad un concetto di bellezza che serve a fornire all’uomo strumenti migliori per la convivenza sociale e civile”; questo pensiero è di Giuseppe Tornatore e credo ci rimandi chiaramente a come la bellezza, l’arte, costruiscano linguaggi e sentimenti comuni, quindi costruttivi di relazioni comunitarie. Ma certo, su un piano più strettamente individuale l’arte è ancora uno strumento benefico… per l’anima come utile sostegno per la salute dell’intero essere umano, lo dice bene Pablo Picasso: “l’arte spazza la nostra anima dalla polvere del quotidiano”. Il contatto con l’arte facilita l’incontro più autentico con le emozioni che sorgono dall’interiorità, con il sentire, con l’espressione di qualcosa di personale, unico e libero, molto simile a ciò che può suscitare l’incontro con la natura».
Qual è il processo individuale grazie al quale l’arte apre nuovi percorsi evolutivi?
«Leggere poesie, visitare un parco o un museo, dipingere, ascoltare un concerto, suonare, cantare, danzare sono possibilità di incontrare la bellezza. Apparentemente passivi, in realtà facciamo qualcosa che crea respiro e amplia la percezione risvegliando tutti sensi, non solo la vista che oggi sfruttiamo quasi unilateralmente. Possiamo poi vivere una sorta di catarsi (come definivano i greci l’effetto taumaturgico ottenuto dallo spettatore della tragedia). La Callas diceva che “la grandezza del canto sta nei silenzi tra le parole”, ecco, anche poter apprezzare una pausa, il silenzio, ritengo siano un primo processo terapeutico per l’uomo di oggi».
Come scegliere il proprio percorso?
«Il medico/terapeuta che ha effettuato una valutazione approfondita del paziente può dare le indicazioni più appropriate. Pittura, scultura, carboncino, disegno di forme/architettura, arte del movimento, recitazione, canto, musicoterapia… non tutti gli approcci e non tutte le arteterapie sono indicate ad ogni età e generalizzabili: non è detto che un paziente che si definisce stonato non possa avvicinarsi alla cantoterapia, come non è sempre indicata la pittura per chi ama disegnare».
Le arti come possibile medicamento in senso ampliato?
«L’arteterapia è processo di trasformazione guidato benefico in quanto tale, indipendentemente dal risultato e dalla performance; in quanto autentica esperienza dell’anima può assumere tutte le infinite coloriture della gioia, dell’entusiasmo, della malinconia, della rabbia, della paura, tutte ugualmente degne di manifestarsi poiché essenzialmente umane, oggettivarle e modularne l’espressione».
È possibile pensare di inserire le arti in progetti scolastici utili agli studenti?
«Sarebbe fondamentale che le scuole rivalutassero contenuti e forme delle ore curricolari di educazione artistica, ancor prima e oltre a ideare progetti mirati, che peraltro molte scuole hanno attivato anche prima dell’epoca COVID per tentare di arginare la sofferenza emotiva e il disagio degli adolescenti. I laboratori artistici sono in genere efficaci ed apprezzati almeno per ricreare calore e fiducia, per entrare nel fare con entusiasmo e spregiudicatezza».
Le scuole sono in grado di accogliere idee e pratiche del genere?
«Le scuole hanno al loro interno molti validi professionisti che sarebbero entusiasti di riformulare in modo più artistico e meno rigido e deterministico almeno gli spazi destinati ad attività creative.
L’approccio creativo sarebbe ed è di fondamentale sostegno sia per gli alunni con disabilità, sia per gli ormai numerosissimi ragazzi definiti BES o DSA. Un esempio seppur limitato nella numerosità è quello applicato attraverso la pedagogia Waldorf nelle scuole Steineriane e nelle scuole Montessori».
E il mondo della Sanità?
«Tutte le professioni di cura, lo dico da medico e psicoterapeuta, dovrebbero avvicinarsi al paziente con scientificità arricchita e approfondita da qualità artistiche, in modo che ogni gesto abbia un calore, una cura, una armonia, una profondità simile a quella dell’opera d’arte… l’opus lo definirebbero gli alchimisti, che sostiene il paziente nella trasformazione che la malattia gli porta incontro».
Sabato, 20 agosto 2022 – n° 34/2022
In copertina: immagine grafica di Stefan Keller/Pixabay