I sorrisi dei bambini nei Paesi di guerra
di Laura Sestini
Marco Rodari, già dal cognome sembrava destinato a far sorridere i bambini, e chissà che non sia parente del grande scrittore per l’infanzia Gianni, e la virtù di donare qualche minuto di allegria l’abbia inscritta nel DNA familiare.
Claun il Pimpa, ovvero Marco Rodari, di mestiere ‘fa ridere’, e non è una capacità che tutti hanno, nemmeno nella vita reale.
Marco ha scoperto di voler fare il clown molto presto, come lui stesso afferma: -“Fin da bambino”. Mentre la domanda posta era: – “Come nasce la passione per il personaggio del ‘clown’ e quale modo per portarla avanti come professione?
“Quando avevo tre anni e qualche mese – risponde il Pimpa – nel momento che si doveva fare la recita natalizia all’asilo, chiesero chi voleva mettere un costume buffo per far ridere tutti ed io alzai la mano felicissimo. Ricordo ancora oggi i suoni delle risate di quella giornata. In seguito – intorno ai 14 anni – ho notato che quando mi mettevano davanti dei bambini, questi si divertivano con me e anche io con loro. Infine raggiunta la maggiore età – frequentando gli ospedali – ho capito che anche in quel contesto riuscivo di stare con i bambini ed alleviare con un sorriso la situazione difficile che stavano vivendo. E’ stato così che ho cominciato a girare le zone più difficili dell’Italia e del mondo, sino ad arrivare nei Paesi dove purtroppo c’è la guerra. E anche lì ho toccato con mano quanto fosse importante un sorriso, un gesto di meraviglia, un attimo di serenità per i bimbi”.
Marco lo abbiamo incontrato per la prima volta in un campo di profughi siriani – Arbat Camp – non lontano dalla città di Sulaymaniyah, in Kurdistan iracheno. Era il 2017, il Califfato Islamico non era ancora stato sconfitto, e Mosul non ancora liberata dalle forze di coalizione.
I check-point militari presidiavano sulle strade maggiori a controllo dei passeggeri delle auto e in allerta per eventuali attacchi armati. Si, sembrava proprio un paese di guerra, come non ne avevamo mai visti prima.
Arrivati ad Arbat Camp – con una delegazione della ONG Un ponte per – in un capannone che avrebbe potuto essere anche una piccola fabbrica troviamo Claun il Pimpa circondato da una trentina di bambini. Già intento nei suoi giochi di prestigio e nelle sue smorfie simpatiche – come un mimo, che la lingua non aiutava molto – cercava di catturare l’attenzione dei piccoli e li spingeva ad interagire nei giochi di illusione che venivano proposti e che lasciavano tutti a bocca aperta. L’età dei bambini era variabile e c’erano anche le bambine. Come è usuale tra i bambini ci sono i più timidi ed altri che vorrebbero sempre il clown tutto per loro, quindi è importante saper mediare nel gioco delle parti e soprattutto con la psicologia dei bambini, immaginando che questo sia il compito più impegnativo del lavoro di Pimpa il Claun.
Non un lavoro semplice quello che Marco ha sentito di voler intraprendere, non solo per la difficile arte del riuscire ‘a far ridere’ qualcuno, bensì per consapevolezza che la maggior parte dei bambini – o adolescenti che lui incontra – hanno visto e vissuto solo in contesti di guerra e distruzione. Se prendiamo ad esempio un bambino nato nell’anno di inizio della guerra civile siriana – il 2011 – oggi costui avrebbe circa 10 anni. Difficilmente tra i figli dei nostri lettori – fortunatamente – alcuno potrà immaginarsi cosa voglia dire essere bambini nei Paesi di conflitto.
La performance di Claun il Pimpa, in quell’occasione, non solo fece divertire i bambini che spontaneamente si presentavano per fare da spalla ai trucchi del mestiere di clown, bensì allietò anche gli adulti presenti – operatori locali della ONG, e il gruppo di visitatori.
Il mestiere di clown in contesti di guerra, è una professione coraggiosa – non solo dal punto di vista umano, ma pure dal punto di vista logistico e del contesto intrinseco. Se la guerra c’è, vi è per tutti.
Però noi li abbiamo visti i bambini ridere e gioire di avere di fronte un clown in carne ed ossa, con i pantaloni colorati e la pallina rossa sul naso, mentre appena fuori dal capannone un immenso campo profughi – il quale orizzonte è popolato di container e pseudo costruzioni in cemento tirate su in fretta e furia – in mezzo a un polveroso pezzo di terra lontano da tutto ciò che si poteva definire una vera casa.
Li abbiamo visti con gli occhi che brillavano avidi di divertimento e di normali giochi per bambini, mentre forse sognavano – chissà – di poter in futuro avere un luogo di pace dove crescere sereni, senza la violenza della guerra.
A Marco il Pimpa – abbiamo chiesto, anche, come lui faccia a ripulirsi l’anima, lo spirito e pure la vista dalle brutture della guerra, che così tanto ha incontrato nei suoi numerosi anni di Claun nei Paesi in conflitto.
“Il segreto – dice lui – è racchiuso proprio dentro al sorriso dei bambini”.
Sabato, 12 giugno 2021 – n°20/2021
In copertina: Claun il Pimpa a Mosul (Iraq 2021) – foto courtesy Claun il Pimpa