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Colombia: elezioni dall’esito incerto

La sinistra primo partito, ma rischia di perdere al ballottaggio

di Elio Sgandurra

Al primo turno delle elezioni presidenziali in Colombia ha vinto col 40% la sinistra guidata da Gustavo Petro, leader del Movimiento 19 de Abril, una organizzazione di guerriglia rivoluzionaria che ha deposto le armi insieme alle Farc dopo la “pacificazione generale” del 2016. Come sua vice è candidata Francia Marquez, una giovane donna discendente dagli schiavi africani che si batte da tempo per la salvezza dell’ambiente e contro le miniere d’oro illegali tenute da personaggi senza scrupoli, sostenuti da una parte dei politici. Per il suo impegno ha ricevuto il Premio Goldman che corrisponde al Nobel per l’ecologia.

Ma il risultato elettorale potrebbe trasformarsi in una vittoria di Pirro: per il ballottaggio del 19 giugno è arrivato inaspettatamente secondo col 28% il partito populista di destra fondato da Rodolfo Hernàndez, un ricchissimo imprenditore di 77 anni che ha impostato la sua campagna elettorale sulla lotta alla corruzione. Terzo posto spetta col 21% al conservatore Federico Gutiérrez che ha subito promesso un appoggio incondizionato a Hernàndez. Costui, ex sindaco della città di Bucamaranga, è indagato per illeciti e venne sospeso dalla carica dopo aver schiaffeggiato un consigliere comunale dell’opposizione.

Gli avversari della sinistra lo paragonano al brasiliano Bolsonaro, a Trump, a Berlusconi, ma è più noto come El Rey del Tik Tok per il grande uso che fa della piattaforma per comunicare con le masse. Infatti ha sempre rifiutato confronti diretti con gli avversari e non è mai apparso ai dibattiti televisivi.

Tutta la destra colombiana – che da sempre domina nella politica e nella economia della nazione – è subito salita sul carro di Hernàdez e gli elettori moderati lo hanno votato nel timore che divenisse presidente un radicale ed ex guerrigliero come Gustavo Petro. La partecipazione al voto è stata inferiore al 50% perché gran parte della popolazione non crede più alla politica, che considera preda della corruzione e dei “signori della droga”.

L’indipendenza dalla Spagna della Colombia – 50 milioni di abitanti su una superficie di un milione e 100 mila Kmq – risale al 1818 grazie alle rivoluzioni di Simón Bolívar. Prima della più recente guerriglia – di ispirazione popolare – la nazione era stata dilaniata da guerre civili provocate dalla rivalità tra liberali e conservatori – gruppi entrambi appartenenti alla classe dirigente – con la perdita a metà del 1800 del Venezuela e dell’Ecuador e nel 1903 della regione di Panama.

Quest’ultimo territorio gli fu sottratto da una finta rivoluzione organizzata dagli Stati Uniti i cui interessi economici si erano estesi a tutta l’America Latina. In questo caso la causa scatenante fu la costruzione del Canale la cui impresa – dopo i fallimenti di Lesseps e di Eiffel – passò agli americani che chiesero al governo di Bogotà la concessione per 100 anni di una fetta del territorio panamense.

Di fronte al rifiuto votato all’unanimità dal parlamento colombiano, gli Stati Uniti organizzarono una rivoluzione inviando nelle acque panamensi la loro flotta e minacciando una guerra contro la Colombia se fosse intervenuta per sedare la rivolta. Nacque così intorno al Canale lo Stato “indipendente” del Panama, made in USA.

Sabato, 4 giugno 2022 – n° 23/2022

In copertina: Gustavo Petro (terzo da destra), Francia Marquez (quarta da destra) e Mabel Lara (seconda da destra) e il suo gruppo Nuevo Liberalismo coalizzato con Petro. Foto: da profilo Twitter di Gustavo Petro

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