lunedì, Dicembre 23, 2024

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Congo: la nuova mobilità elettrica e lo sfruttamento della manodopera

Operai, donne e bambini: i diritti negati

di Annalisa Puccioni

All’alba della rivoluzione tecnologica legata alla mobilità elettrica, il passaggio al futuro a elettroni non è la soluzione sperata per tutti.

In nome del rispetto per l’ambiente ed evitare l’inquinamento dovuto ai combustibili fossili, viene esacerbata la disuguaglianza economica tra i Paesi del Nord e del Sud del mondo, alimentata dallo sfruttamento sempre più incessante e indiscriminato delle risorse minerarie del Congo, già martoriato da guerre e conflitti etnici.

Dopo oro, diamanti e pietre preziose, le miniere del Congo sono diventate famose per l’estrazione del cobalto – elemento essenziale per le batterie agli ioni al litio – e il coltan ad alto tasso di tantanite, il più prezioso del mondo, che consente di ottimizzare il consumo di energia nei chip di nuova generazione e risparmiare sull’uso di energia degli apparecchi elettronici, produrre batterie e strumenti tecnologici come tablet, cellulari e computer.
Il cobalto ha visto aumentare la domanda negli ultimi anni in maniera vertiginosa in particolare in Asia, in Europa e negli Stati Uniti; per il 90% viene raffinato in Cina con metodi altamente inquinanti e per il 70% in Congo in condizioni insalubri.

I minatori artigianali, i creuseurs, nella RdC estraggono i minerali a mano e scavano le rocce nelle gallerie profonde con strumenti gli più basilari. Con la chiusura delle scuole per la pandemia e la chiusura dei confini, anche molti bambini hanno ripreso a lavorare nelle miniere.

Nelle comunità del Domaine Marial il 65% dei bambini tra gli 8 e i 12 anni lavora nelle miniere, nell’area di Kanina sono per lo più in età scolare. Talvolta anche più piccoli, nell’età compresa tra i 6 e gli 8 anni, adatti ad insinuarsi negli stretti cunicoli per estrarre il minerale.

Dal 2006 le donne congolesi hanno cominciato ad unirsi in associazioni, e si sono strette in un fitto network nazionale, formalmente riconosciuto come RENAFEM – Women in Mining national network structure – partecipato prevalentemente da donne ambiziose e privilegiate dal business dei minerali e da sostenitrici, ma le altre, impiegate nelle miniere, sono ancora vittime vulnerabili del sistema basato sull’egemonia maschile.

L’organizzazione umanitaria britannica RAID parla di “condizioni terribili, pesanti discriminazioni, salari estremamente bassi, sistema di sfruttamento pervasivo e gravi violazioni dei diritti dei lavoratori in almeno cinque miniere responsabili del 50% delle forniture totali di cobalto: la Kamoto Copper Company della svizzera Glecore, la Matalkol RTR (Eurasian Resurces Group), la Tenke Fungurume Mining (China Molybdenum), la Somidez (Nonferous Metal Mining Company) e la Sicomines di un consorzio tra la congolese Gècamines e investitori cinesi.

Gli operai intervistati dalla RAID hanno denunciato di essere stati sottoposti a orari eccessivi, trattamenti degradanti, violenza, discriminazione, razzismo, condizioni lavorative insicure e assenza dell’assistenza sanitaria di base. Alcuni hanno affermato di essere stati insultati, presi a calci, schiaffeggiati e bastonati.

La maggior parte delle violazioni commesse sugli operai sono da attribuire al modello di “outsourcing” dei lavoratori che per la maggior parte sono assunti da subappaltatori. Un sistema che le multinazionali adottano per risparmiare, impedire la presenza sindacale e limitare le responsabilità legali e sociali, malgrado la richiesta di più garanzie sul rispetto dei diritti umani.

L’iniziativa “Responsabile sourcing blokchain network” è una rete tesa a rafforzare i diritti e la protezione ambientale nelle catene di approvvigionamento minerario, alla quale hanno aderito costruttori come la Volkswagen, Ford e Volvo.

Diventa necessario, come richiede la RAID, “un’azione coraggiosa da parte sia dell’industria, sia dei governi per non sacrificare né le persone, né il pianeta. E’ vitale produrre batterie veramente “etiche”, ossia immuni dallo sfruttamento dei lavoratori, dalle violazioni dei diritti umani e dai danni ambientali per contribuire ad una transizione giusta e non replicare le ingiustizie dell’economia basata sui combustibili fossili”.

Sabato, 9 luglio 2022 – n° 28/2022

In copertina: foto di Manuela Milani/Pixabay

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