sabato, Novembre 23, 2024

Società

Contro i Crimini Contro le Donne

Jin Jiyan Azadî! Donna, Vita, Libertà

di Comunità delle Donne del Kurdistan

Il Coordinamento delle Komalên Jinên Kurdistan (KJK) (Unione delle Comunità delle Donne del Kurdistan) ha fatto un appello per il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, chiamando ad una lotta comune per tutte le donne. Il 25 novembre è il giorno in cui le donne svilupperanno il loro potere, e dobbiamo considerarlo un giorno in cui la lotta contro la violenza si rafforza.

A partire dalla vicenda delle sorelle Mirabel, che hanno un ruolo fondamentale per il 25 novembre, giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne, per passare a quelle di Rosa Luxemburg, Sakine Cansız, Şilan Kobanê, Asya, Sêvê, Pakîze, Fatma, Evîn Goyî, Jîyan, Reyhan, Yusra, Nagehan, Zelal Haseki, Gulistan e Hêro, condanniamo fermamente gli omicidi delle donne che hanno resistito e promettiamo di prendere il testimone della loro lotta fino a conseguire la libertà.

Nelle società, persone di tutte le generazioni – bambin*, giovani, adult* e anzian* – vengono assassinate, violentate e torturate. Le donne vengono sistematicamente sfruttate e insultate. I corpi delle donne vengono seviziati e uccisi in pubblico, in mezzo alla strada, oppure in angoli bui, nei ruscelli e nelle acque delle dighe o, ancora, sono riversi sulle rive o sepolti sottoterra, dove nessuno può vedere i loro cadaveri. In ogni parte del mondo ci sono cadaveri di donne abbandonati senza sepoltura. Anche i bambin* vengono violentat* e brutalmente uccis*. Le donne e i bambin* vengono sfruttati e i loro corpi brutalizzati in un modo che va oltre la comprensione umana. Tutte le donne e i bambin* uccisi e sottoposti a violenza fisica e mentale sono la nostra ragione di lotta e di vendetta.

Per noi donne, chiedere conto di questi massacri è condizione e ragione di vita. La guerra che dilaga in tutto il mondo, nel Medio Oriente e in Kurdistan ha raggiunto il suo livello più alto. Nel quadro della terza guerra mondiale le crisi si approfondiscono sotto ogni aspetto e mostrano il collasso e il decadimento della modernità capitalista e del sistema del maschio dominante, provocando massacri ovunque.

In questa guerra, la violenza contro le donne è in forte crescita. Se i movimenti di donne non riusciranno a portare avanti insieme una lotta di autodifesa, organizzata e militante contro la violenza, questa si farà ancora più feroce, danneggiando e indebolendo ulteriormente le donne, la società e la natura.

Il movimento delle donne ha una necessità vitale: mettere al centro della sua agenda l’autodifesa, la pace e soluzioni efficaci contro queste politiche guerrafondaie che colpiscono tutto il mondo. La violenza contro le donne, che pervade ogni ambito della vita, deriva da queste guerre, alimentate dal potere e dal nazionalismo. Ci sono migliaia di donne e bambin* colpit* dalla guerra in Ucraina, da quella in corso da oltre un anno Palestina, da quella appena iniziata in Libano, e dalle guerre civili in paesi come lo Yemen, il Sudan e l’Etiopia.

Anche in America Latina, in Afghanistan, in India e in Iran vi è un pesante massacro di donne; nei paesi al centro della modernità capitalista, il cosiddetto mondo occidentale, il massacro di donne in corso è invisibilizzato e può essere paragonato a un proseguimento della caccia alle streghe. Noi tutte dobbiamo fermare queste guerre in cui le persone vengono uccise, aggredite, sfollate, impoverite e condannate alla fame e alle malattie. La violenza contro le donne ha caratteristiche universali e locali che derivano dalla mentalità e dal sistema egemonico maschile. Allo stesso tempo, questo massacro, che inizia dalle donne, viene compiuto contro la natura, i bambin* e l’intera società e si sviluppa in maniera olistica.

Per questo motivo, dobbiamo essere in grado di intrecciare la nostra lotta contro la violenza con azioni capaci di andare dal locale all’universale; dobbiamo resistere garantendo l’integrità delle donne, della natura, dei bambin* e della società. In questo contesto è necessario intensificare la nostra lotta contro lo stato, le strutture criminali non statali, la mascolinità egemonica e tutti i tipi di mentalità e istituzioni che hanno generato individui con la mentalità del maschio dominante.

Viviamo in un’epoca in cui la violenza è endemica e la reazione della società è debole. Sono migliaia i massacri e gli stupri i cui autori non vengono condannati; anzi, a volte vengono persino ricompensati. Ogni massacro o stupro è oggetto di attenzione per 5-10 giorni, poi viene dimenticato e subito dopo si verifica un altro caso. Questo sistema non è altro che il tentativo di far sì che la società, e soprattutto noi donne, si abitui a questo stato di cose. Per questo è molto importante far sentire chiaramente la nostra voce contro la violenza crescente che subiscono le donne e che si vuole normalizzare e legittimare; dobbiamo dire che “non ci abitueremo mai, non dimenticheremo mai” e organizzare la nostra lotta.

La lotta delle donne sta subendo una battuta di arresto in tutto il mondo. Sebbene vi siano ancora resistenza e organizzazione, sembra che ci sia più frammentazione e meno incisività di quanto non fosse prima della pandemia.

Il sistema egemonico approfitta di questa frammentazione per cercare di fomentare ulteriormente disorganizzazione, disperazione e scoraggiamento. Tutti i movimenti di donne devono analizzare questo fenomeno e sviluppare metodi che rafforzino la lotta contro il sistema egemonico, migliorando strategia e tattica. Una lotta comune contro gli attacchi del sistema maschile dominante, degli stati, delle tradizioni e degli individui sessisti, in cui tutte partecipino con la propria specificità. Dobbiamo crescere educandoci, migliorando l’organizzazione e l’autodifesa a prescindere da quali siano nazione, religione, colore o razza a cui apparteniamo. Abbracciamo la filosofia e la cultura della nazione democratica e della modernità democratica, consapevoli che le nostre differenze costituiscono una ricchezza.

Rafforziamoci per combattere nazionalismo, eccessi di zelo religioso, scientismo e sessismo, che sono le principali cause della violenza nei nostri confronti. Come movimenti di donne che cosa possiamo fare, quali passi concreti possiamo compiere, quali azioni possiamo intraprendere, quale tipo di organizzazione possiamo sviluppare per avere forti strumenti di autodifesa in grado di limitare, scoraggiare e superare la dominazione maschile? Vi è un serio bisogno di sensibilizzarsi e discutere questi temi. Le donne devono porre fine a questa violenta guerra portata avanti dal nemico genocida e dalla dominazione maschile. Questo richiede un’organizzazione seria sulla base dell’autodifesa.

CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE, JIN JIYAN AZADÎ – DONNA VITA LIBERTÀ – Tutto il mondo sa dei massacri che subiscono le donne in Medio Oriente. In Occidente si vuole invece dare l’impressione che le donne siano libere, come se nei paesi occidentali, dove prevale la modernità capitalista, il problema non esistesse. Apparentemente, le donne sono incluse nei meccanismi di potere dominati dagli maschi, e così si sviluppa la concezione sbagliata che siano libere e uguali ma si tratta di una percezione indotta dalla mascolinità egemonica. È invece molto importante rendere visibile ed esporre il vero volto dello sfruttamento delle donne – invisibilizzate e trasformate in merci – e dell’egemonia maschile all’interno della modernità capitalista occidentale. Oltre a comprendere il volto duro della violenza, è anche essenziale capire la sua facciata “umana”, un aspetto che possiamo descrivere come “soft power”.

Le operazioni eseguite sul corpo femminile in nome della moda, della bellezza e dell’estetica, che hanno trasformato ogni parte del corpo femminile in merce da mettere sul mercato, limitano la libertà, confinandola alla sessualità e al corpo; questo ha provocato nelle donne una frammentazione mentale, ha distorto la visione del proprio corpo, rendendole più vulnerabili al potere dei partiti di destra, alle guerre di Stato e al fascismo. Includere e mascolinizzare le donne, facendo loro credere di essere volute dagli uomini è, da parte del soft power, un modo per continuare a perpetrare la violenza.

Lo sfruttamento, gli stupri e la prostituzione a cui sono state forzate le donne emigrate in Occidente a causa della guerra e della povertà nei loro paesi sono molto pesanti. Quella che sperimentano le donne immigrate è una delle situazioni più gravi della nostra epoca.

L’Unione Europea e alcuni stati occidentali non parlano di stupro, ma di “abuso sessuale”, camuffando così la violenza maschile. Nel diritto comunitario dell’Unione Europea non c’è accordo sul concetto di stupro e quindi non si riesce a varare una legge comune contro di esso ed è quasi depenalizzato. D’altra parte, con il rafforzamento delle tendenze di destra fasciste e religiose in tutto il mondo, si sta affermando il concetto di sacralità della famiglia. I diritti che le donne hanno ottenuto su molte questioni, compreso il diritto all’aborto, stanno regredendo, e passa anche il discorso sulla sacralità della maternità che imprigiona le donne all’interno della famiglia. Le forze islamiche al potere lo fanno basandosi sulla narrazione della “natura naturale”, che legittima tutti i tipi di stupro, sovversione e violenza secondo i propri principi ideologici.

La modernità capitalistica e quella tradizionale, anche se sembrano essere ai due poli opposti, essenzialmente vogliono spezzare la volontà delle donne e asservirle; in questo hanno qualcosa in comune. Per questo motivo, dobbiamo analizzare meglio le caratteristiche globali e regionali delle politiche egemoniche maschili, capire come riescono a essere un pericolo per le donne e far avanzare la lotta. Le donne agiscono e resistono contro il femminicidio in diverse parti del mondo: Europa, USA, Abya Yala, India, Baluchistan, Afghanistan, Iran, Africa e Medio Oriente. Noi donne del KJK siamo vicine a tutte le nostre amiche e compagne che resistono. Chiediamo a tutte, in questo 25 novembre, di sviluppare e far crescere ulteriormente la lotta comune contro la violenza.

OGNI DONNA ASSASSINATA È UNA CHIAMATA ALLA RIVOLUZIONE DELLE DONNE – Il Medio Oriente è in guerra e i massacri di donne avvengono sempre più alla luce del sole. Il regime assassino dello stato iraniano, il dominio delle bande in Afghanistan, le strutture dello stato-nazione e delle bande in Yemen, in Sudan, in Africa settentrionale e in altri paesi del Medio Oriente costituiscono un serio pericolo per le donne. Stati, istituzioni, uniti a costumi e mentalità sessisti, varano ogni sorta di legge per rivendicare quelli che ritengono propri diritti, e portano avanti politiche assassine – esecuzioni, linciaggi, mutilazioni genitali, imposizione del velo, matrimonio di minori. È molto importante resistere e agire contro ciascuna di queste forme di attacco.

Il 25 novembre è nostra responsabilità organizzare una lotta contro le esecuzioni di donne con azioni, iniziative e proteste, e smascherare gli stati nazionali, in particolare l’Iran, che praticano forme disumane di violenza. Centinaia di donne sono state giustiziate e sono attualmente in attesa di esecuzione in Iran. Siamo loro compagne di lotta e prenderci cura di loro è un nostro dovere. Seguiamo il percorso di ribellione di Shiler Rasuliyan e Jina Amini e portiamo avanti la lotta insieme. Dobbiamo essere in grado di mantenere viva la loro memoria e quella di migliaia di donne come loro.

A Gaza, in seguito agli attacchi israeliani, migliaia di donne e bambini sono stati uccisi e ora è iniziata una guerra anche contro il Libano.

Le donne e i bambin* palestinesi e libanesi sono le prime vittime di questa guerra egemonica e genocida. Oltre a essere massacrati, soffrono la fame, la povertà, le malattie, la prostituzione, lo stupro e la migrazione. È molto importante lottare contro le conseguenze della terza guerra mondiale. Dobbiamo promuovere la solidarietà e la lotta delle donne anche in questo campo.

CONTRO L’OCCUPAZIONE, IL TRADIMENTO E LA VIOLENZA DEL MASCHIO DOMINANTE – In Kurdistan il 2024 è stato un anno in cui il genocidio e i femminicidi si sono intensificati. Il governo fascista AKP-MHP ha continuato i suoi attacchi, prendendo di mira tutto il Kurdistan, dalle montagne alle città, dai guerriglieri ai civili, dalle donne ai bambin*. Negli attacchi in Rojava e a Shengal, sono stati presi di mira civili, donne bambin* e istituzioni di servizio alla comunità. Lo stato turco fascista ha colpito tutte le aree del Kurdistan – da Afrin alle donne yazide di Shengal, dal Bashur al Bakur, al Rojava e a Maxmur.

In Kurdistan il governo AKP-MHP è colpevole di guerra, genocidio, femminicidio, infanticidio e distruzione della natura. Opprime il popolo e le donne curde da anni. In occasione del 25 novembre vogliamo ricordare le donne e i bambin* che sono stat* uccis*, torturat* e violentat* nel Kurdistan. Dobbiamo urlare i nomi di ciascuno di loro e farne una ragione di lotta. Dobbiamo essere la voce delle donne yazide che sono ancora prigioniere dell’ISIS e delle donne sfollate dalle loro case ad Afrin e Serêkani.

Mentre commettono questi crimini in tutto il Kurdistan, senza badare a leggi o confini, lo stato, i soldati, la polizia, le guardie, le forze speciali, gli agenti e le bande criminali stanno anche spargendo il sangue di donne e bambin* in Turchia, con massacri quotidiani.

Le conseguenze di questa guerra sporca, genocida e femminicida sono molto gravi per le donne e i bambin* turchi. In Turchia, il nazionalismo, lo sciovinismo e il sessismo provocano un disastro e il caos.

La crisi intellettuale della modernità capitalista è diventata un vicolo cieco per il sessismo. La violenza è imposta alle donne e a tutti, soprattutto per mano degli uomini; le conseguenze della guerra sulla vita quotidiana e il riassetto della società vengono realizzati grazie a questa violenza. È molto importante per i movimenti di donne del Kurdistan e della Turchia intensificare la lotta e unirsi per cercare una soluzione contro la violenza.

Le donne che resistono in carcere subiscono una gravissima tortura maschile di stato. Le donne detenute nelle prigioni turche (Bakur – Kurdistan) e iraniane e le donne che resistono nelle prigioni del Medio Oriente e del mondo subiscono attacchi sessisti da parte dello stato maschile. Questo 25 novembre, dobbiamo essere solidali con tutte le compagne che resistono nelle carceri e portare la loro voce nei nostri luoghi di lotta.

Pensiamo anche alla resistenza onorevole delle nostre madri che, nonostante l’età e le malattie, hanno resistito allo stato fascista e genocida turco nelle prigioni; la loro lotta dovrebbe illuminare le nostre azioni. Madri di martiri, Madri del Sabato e parenti di persone scomparse i cui corpi non sono mai stati consegnati o le cui ossa sono state consegnate in un sacco devono essere la pietra angolare della nostra lotta.

In occasione del 25 novembre il KJK onora la resistenza di queste madri coraggiose e ribadisce la promessa di rinforzare la cultura della resistenza che ci hanno trasmesso.

Anche le ragazze e i bambin* sono espost* a livelli di pesante violenza e sono più vulnerabili. Quando parliamo di autodifesa delle donne, dovremmo sapere che uno dei principali compiti è la difesa dei bambin*.

I bambin* vengono uccis* e la loro volontà viene spezzata. Prevenire questo fenomeno è uno dei compiti più importanti dei movimenti delle donne.

Per questo, in occasione del 25 novembre, dobbiamo considerare quali violenze subiscono i bambin* (stupro, massacri, sfruttamento del lavoro minorile) e capire come possiamo difendere i nostri figli, perché i bambin* sono tutt* nostr* figl*! Dobbiamo proteggerli mentre sono ancora in vita, non dopo che sono stati uccisi.

YJA STAR È IL MODELLO DI AUTODIFESA FEMMINILE DELLA NOSTRA EPOCA – 32 anni fa, in Kurdistan, si è formato un esercito femminile. YJA STAR, la prima organizzazione del nostro esercito femminile, conduce una dura lotta di autodifesa contro la dominazione maschile, lo stato maschile e la cultura sessista, così come contro il colonialismo e il fascismo. Un lavoro che include tattica, forza mentale, professionalità e spirito di sacrificio. Questa è la realtà delle guerrigliere che resistono coraggiosamente a un esercito come quello turco, che ha il sostegno della NATO e usa armi vietate, come quelle chimiche e nucleari tattiche. Migliaia di rivoluzionarie hanno perso la vita in questa lotta, e il prezzo pagato è altissimo.

Ricordiamo con amore, rispetto e gratitudine Berwar Dersim, Beritan Nurhak, Axin Muş, Dr. Sara, Asya Ali e tutte le nostre compagne che hanno subito il martirio combattendo contro la violenza maschile, così come tutti i nostri compagni maschi come Rojger Hêlîn. Tutti i compagni e le compagne uccisi in questa lotta sono caduti martiri per creare una cultura democratica di convivenza libera contro la cultura della violenza. Per loro impegniamoci, in occasione del 25 novembre, a essere degne della loro memoria e a raggiungere i loro obiettivi. Mentre YJA STAR ha svolto un ruolo di primo piano in questa lotta, YPJ in Rojava, YJŞ a Shengal e HPJ a Rojhilat hanno seguito l’esempio di questa lotta e rafforzato e ampliato l’autodifesa delle donne. Questa lotta è un modello per le donne del Medio Oriente e del mondo. È importante comprendere meglio questo esempio e organizzarsi di conseguenza.

CI DIFENDIAMO CON JIN JIYAN AZADÎ – Ciò che salverà le donne, le ragazze, le giovani donne e le nostre madri dalla violenza maschile dominante e dai massacri sono autodifesa, organizzazione e lotta. Non c’è salvezza senza lotta e non c’è vita senza autodifesa. Se noi donne siamo organizzate e creiamo la nostra autodifesa, possiamo sopravvivere e diventare una fonte di forza vitale.

Possiamo superare la crescente violenza maschile. La nostra lotta deve creare organizzazione e autodifesa e diventare fonte di vita. Per questo motivo, dobbiamo trasformare ogni area della vita in un campo di battaglia, ovunque le donne devono organizzarsi per analizzare la dominazione maschile e fare giustizia.

Il KJK invita tutti i movimenti di donne nel mondo, in particolare quelli del Kurdistan e del Medio Oriente, a organizzarsi intorno al 25 novembre di quest’anno con una campagna di quindici giorni; dal 10 al 25 novembre analizziamo e denunciamo la violenza maschile contro le donne e sviluppiamo consapevolezza, autodifesa e organizzazione.

Con lo slogan “DIFENDIAMOCI CON JIN JIYAN AZADΔ, facciamo appello alle donne per essere unite e più forti. Nella realtà odierna, dove i massacri fisici e psicologici sono in crescita, difendiamo noi stesse e le nostre vite con la formula “JIN JIYAN AZADI”, pronunciata dal leader Apo. Trasformiamo ogni sfera della vita in azione e consapevolezza, uniamo le nostre mani e le nostre voci per distruggere la dominazione maschile e costruire una vita libera.

Fonte: comunicato del coordinamento del KJK – Komalên Jinên Kurdistan

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Sabato, 23 novembre 2024 – Anno IV – n°47/2024

In copertina: foto di Pirehelokan – CC BY-SA 4.0

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